EDITORIALE
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 5 settembre 2018
Ognuno è libero di pensarla come vuole. Se vuole essere razzista lo faccia pure. Ma se per giustificare la propria posizione politica racconta menzogne e gioca di fantasia, allora il discorso cambia e si entra nel campo dell’ignoranza (se va bene) o della malafede.
E’ il caso del senatore del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti, che attacca il presidente della camera dei deputati, Roberto Fico del suo stesso partito, critico riguardo la posizione intollerante del governo sulla questione migranti. Lo esorta, poi, a sposare la linea duradel governo.
Una sorta di incitamento a usare i migrati come scudi umani nei confronti dell’Europa, che certo non brilla per politica di accoglienza. Prendersela con i più deboli perché non si riesce a competere con i forti è un vecchio vizio della politica autoritaria, che, mi pare in questo caso, sia incarnata dal senatore Coltorti, che il Foglio presenta come docente universitario geomorfologo.
L’uso di introdurre le persone che si intervistano con titoli roboanti, serve per influenzare il lettore e fargli credere che le opinioni dell’intervistato siano, per questo, autorevoli e prestigiose. Nel caso in questione invece le cose sono diametralmente opposte: Coltorti sarà pure un ottimo geomorfologo, ma come esperto di migranti sarebbe bocciato all’esame di demografia.
Dal suo curriculum poi si evince che non ha mai lavorato in Eritrea, come invece sostiene il Foglio, e invece ha avuto incarichi di ricerca all’università di Addis Abeba. L’ultimo nel 2007. Forse un po’ lontano per sostenere, come il Foglio vorrebbe far credere, di avere una profonda conoscenza dei due Paesi.
Sulla biografia – più succinta invero – dell’editrice Aracne , non compaiono né la fantomatica esperienza in Eritrea né quella in Etiopia, segno che probabilmente non erano così importanti.
L’intervista al Foglio comincia con una perentoria affermazione, frutto della mentalità autoritaria del professore: “Da quando siamo al governo non ci sono stati più morti in acque internazionali”. Affermazione avventata e curiosa. Avventata perché non vera e curiosa per la differenza che il geologo fa tra chi muore nelle acque internazionali e chi perde la vita vicino alle coste libiche. Non credo si debba fare una differenza in base al luogo dove si muore. Chi cerca le differenze mostra di non aver chiaro il perché del fenomeno migratorio che sta colpendo l’Europa e il nostro Paese.
Secondo il virgolettato riportato dal Foglio, il senatore Coltorti sostiene: “Conosco l’Eritrea e l’Etiopia perché ci ho lavorato. In nessuno di questi due paesi ci sono situazioni aperte di conflitto ed anzi le condizioni di vita non sono così male. C’è lavoro per tutti anche se c’è molta povertà ma nessuno muore di fame. La motivazione reale dell’emigrazione è socio economica”.
Una descrizione che deforma la realtà. E’ vero soltanto che la guerra non c’è più. Ma questo non cambia le cose. Le galere eritree sono piene di prigionieri politici condannati senza un processo. Dal 18 settembre 2001 sono spariti ministri e funzionari del governo la cui colpa è quella di aver firmato un manifesto in cui chiedevano democrazia. Si informi Coltorti e magari cerchi di andare in Eritrea a trovali per controllare se sono ancora vivi.
Per gli articoli che ho scritto sull’Eritrea durante gli anni – quelli in cui denunciavo le terribili condizioni di vita cui è costretta la popolazione – mi sono guadagnato una condanna a morte e i miliziani delle Corti islamiche che mi hanno rapito in Somalia hanno agito per conto della dittatura eritrea.
In Etiopia le cose vanno un po’ meglio. Il nuovo primo ministro Abiy Ahmed ha liberato i prigionieri politici, liberalizzato la stampa e ammesso sindacati e partiti politici. Infatti da quella che chiamavamo Abissinia scappa meno gente.
Coltorti – che è un senatore della Repubblica e fa parte della commissione Trasporti – dovrebbe astenersi dal fare dichiarazioni avventate, di cui forse non è neppure in grado di valutare la portata.
Il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico anche lui dei 5 Stelle, sembra avere un’opinione diametralmente opposta a quella di Coltorti. Forse lui si rende conto che la situazione dell’Eritrea è veramente drammatica e, se è vero che non si combatte nessuna guerra, i ragazzi scappano perché sono sottoposti a un regime militare che li arruola senza una data certa di congedo. Sono giovani senza futuro, senza speranze, non possono sposarsi, farsi una famiglia. Il regime controlla tutto e piazza spie ovunque. Non è vero che ci sia un lavoro per tutti, a meno che non si consideri un lavoro il servizio di leva infinito e obbligatorio. Sanno perfettamente che il viaggio verso l’Europa non è semplice, non è una pacchia. Rischiano di essere torturati e di lasciarci la vita. Ma lo affrontano lo stesso. Chissà, caro Coltorti, come mai.
Massimo A. Alberizzi
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