Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 4 settembre 2018
Stroncare l’opposizione con tutti i mezzi. Questa pare essere la parola d’ordine di Salva Kiir, presidente del Sudan del Sud. “Le persone sono arrestate per le loro affiliazioni politiche e in base all’appartenenza etnica – denuncia Seif Magango, vicedirettore di Amnesty International per il Corno d’Africa e la Regione dei Grandi Laghi – Per mano delle forze di sicurezza del governo sono sottoposte a sofferenze inimmaginabili, a volte fino alla morte”.
Secondo una nota dell’ong che difende i diritti umani, quattro uomini arrestati nel 2014 sono deceduti in carcere nel 2017 a causa delle torture, delle difficili condizioni carcerarie e delle inadeguate cure mediche.
Si chiamavano Mike Tyson, Alison Mogga Tadeo, Richard Otti e Andria Baambe. Erano prigionieri nelle galere sudsudanesi per presunta appartenenza all’opposizione. Si aggiungono ad almeno altri 20 detenuti morti di stenti e torture nell’inferno delle carceri del giovane Paese africano.
Eppure il presidente Kiir, nel marzo 2017, si era impegnato a rilasciare i prigionieri politici entro il 30 agosto dello stesso anno. Poi ha cambiato idea e spostato la data al dicembre 2017 in occasione della firma dell’accordo di cessazione delle ostilità. E l’ha rimandata ancora una volta decidendo per il mese di giugno 2018 al momento della firma della Dichiarazione dell’accordo di Khartoum tra le parti del conflitto.
Nell’ultimo report di Amnesty pubblicato oggi intitolato “A trail of broken promises” (Una scia di promesse non mantenute), si trova il terrificante racconto di ex detenuti. Obbligati a bere acqua del gabinetto o picchiati con spranghe di ferro; raramente venivano fatti uscire dalle loro celle per vedere la luce del sole ed era loro vietato parlare con altri prigionieri.
Ad alcuni veniva dato il cibo una volta al giorno, ad altri qualche volta alla settimana e venivano torturati con i cavi elettrificati finché svenivano. Ex detenuti hanno raccontato che alle loro famiglie e agli avvocati difensori è stato negato l’accesso al carcere. In alcuni casi, le autorità, in modo deliberato, hanno trasferito i detenuti in altra truttura detentiva per impedire che le famiglie e gli avvocati li trovassero.
Una delle ultime vittime del regime dittatoriale di Salva Kiir è Peter Biar Ajak. Accademico laureato ad Harvard e attivista sudsudanese, è presidente del Forum dei Giovani leader del Sud Sudan. Biar Ajak è stato arrestato lo scorso 28 luglio all’aeroporto internazionale di Juba mentre stava per partire per Aweil, nel nord-ovest del Paese. Doveva partecipare a un incontro del Forum da lui organizzato. L’accademico è in carcere a Juba nel quartier generale delle forze di sicurezza sudsudanesi senza conoscere i motivi del suo arresto e gli è stato impedito incontrare il suo avvocato.
Il Sudan del Sud è il 54esimo Stato africano e il più giovane. Ha conquistato l’indipendenza da Sudan con un referendum il 9 luglio 2011 passato con oltre il 98 per cento. Dal dicembre 2013 è in atto una guerra civile tribale tra l’etnia dinka, rappresentata dal presidente Salva Kiir, e l’etnia nuer, dell’ex vicepresidente Riek Machar. Si stima che il conflitto abbia causato circa 50 mila morti e quattro milioni di sfollati. Il 29 agosto scorso è stato firmato il trattato di pace tra le parti in lotta. Reggerà?
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Crediti foto:
– Salva Kiir, presidende del Sudan del Sud
Di U.S. Department of State – https://www.flickr.com/photos/statephotos/14837359811/, Pubblico dominio, Collegamento
– Mappa del Sudan del Sud
Di Directorate of Intelligence, United States Central Intelligence Agency – CIA World Factbookhttps://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/od.htmlImage: https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/graphics/maps/large/od-map.gif, Pubblico dominio, Collegamento
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