Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 29 agosto 2018
Emmerson Mnangagwa, con l’annuncio della Corte Costituzionale dello Zimbabwe che ha confermato la sua elezione alla presidenza si è liberato dell’unico reale concorrente.
La fine del contenzioso con il giovane avversario Nelson Chamisa, del Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC), ha fermato l’avanzata dei quarantenni che avevano intenzione di rottamare la vecchia classe dirigente.
Per intenderci, sono quei dirigenti legati all’ex presidente-dittatore Robert Mugabe, 94enne costretto alle dimissioni dopo 37 anni al potere. Tra questi anche Mnangagwa. Mentre nell’opposizione, dopo la morte di Morgan Tsvangirai del MDC non ci sono figure di spicco da “rottamare”.
Tra i quarantenni anche coloro che sono chiamati G40 in seno all’Unione Nazionale Africana dello Zimbabwe–Fronte Patriottico (ZANU-PF) guidati dall’ex first lady Grace. Alla cinquantenne moglie di Mugabe il vecchio dittatore aveva spianato la strada per la presidenza della repubblica contrariando una vasta area del Partito.
Il neo presidente, 76 anni, era l’ex braccio destro di Mugabe. Veterano della lotta di liberazione dello Zimbabwe degli anni ’70, è conosciuto come “Il Coccodrillo” soprannome dovuto alla sua scaltrezza durante la guerra, arte che ha mantenuto nella politica.
Durante gli otto mesi del mandato provvisorio “Il Coccodrillo” aveva promesso la lotta alla corruzione, dilagante in un Paese dove l’economia è allo sfascio da quasi due decenni. Ha anche provato a restituire le terre ai bianchi per 99 anni , per risollevare l’agricoltura allo sbando, cosa naufragata perché, non essendo più proprietari delle farm non possono ottenere prestiti dalle banche.
Ha chiesto anche di rientrare nel Commonwealth, dal quale il Paese era stato espulso nel 2003 per brogli elettorali e mancato rispetto dei diritti umani. Ma la cosa alla quale tiene di più è convincere la ricca Europa a investire in Zimbabwe.
Ora, con un mandato di quattro anni, ha la possibilità di dimostrare cosa è in grado di realizzare. Al National Sports Stadium di Harare, durante la cerimonia di insediamento, davanti a sessanta mila testimoni ha assicurato “un domani più luminoso di ieri”.
“Lo Zimbabwe che vogliamo è condiviso e va oltre la linea politica dei partiti – ha detto Mnangagwa davanti alla moltitudine di persone che lo acclamavano – Io sono guidato e ispirato dalle vostre speranze, sogni e aspirazioni collettive. Concentriamoci sul viaggio che ci attende, un viaggio di prosperità nel nuovo Zimbabwe. Lavoreremo sulla trasformazione economica e gli investimenti nello Zimbabwe perché ora per tutti noi è il momento di essere uniti e, entro il 2030, far crescere la nostra economia senza la corruzione”.
Prima del giuramento, il neo presidente ha avuto un incontro con Su Hui, inviata speciale del capo di Stato cinese Xi Jinping. Mnangagwa si prepara, insieme agli altri leader africani, a partecipare Forum 2018 sulle cooperazioni sino-africane (FOCAC) che si tiene a Pechino il 3 e 4 settembre prossimi.
Un vertice, iniziato nel 2000, è arrivato alla settima edizione e ha come tema “La Cina e l’Africa: verso una comunità ancora più forte con un futuro condiviso attraverso la cooperazione win-win”. Attraverso questo Forum il grande Paese asiatico intende promuovere e portare a un nuovo livello le relazioni di partenariato strategico Cina-Africa.
Una cooperazione, quella tra lo Zimbabwe e la Cina, che va avanti dal 1979, dai tempi della Guerra della Rhodesia. Oggi il Paese del dragone ha conquistato l’Africa mentre Russia e Turchia stanno bussando per proporre cooperazione. Invece la vecchia Europa, che ha il Continente nero a soli 14 km dalle sue coste, sta ancora decidendo come “aiutarli a casa loro” con una sorta di “Piano Marshal“.
(ultimo aggiornamento: 1 settembre 2018)
Sandro Pintus
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