Costantino Muscau
Milano, 28 agosto 2018
Oggi l’unica squadra africana di valore mondiale, la Team Dimension Data, del Sud Africa, dopo aver preso parte all’ultimo Tour del France, è impegnata ne La Vuelta, il 73° Giro di Spagna, in pieno svolgimento, (25 agosto-16 settembre). Il Team corre per Qhubeka, un progetto di assistenza, e si propone fra l’altro di dare in beneficenza 5 mila biciclette all’anno.
Fra i suoi 8 componenti in gara, ci sono due esordienti ventiquattrenni eritrei di sicuro avvenire: il coriaceo Amanuel Gebreigzabhier Werkilul, campione africano di ciclismo su strada, e lo stambecco Merhawi Kudus, uno dei primi due neri ad aver corso il Tour nel 2015 (l’altro era il loro connazionale Daniel Teklehaimanot di cui abbiamo avuto modo di parlare su Africa ExPress. I due sono guidati da Louis Meintjes, 26 anni, sudafricano, considerato un possibile protagonista de La Vuelta.
Appena un mese fa l’organo mondiale di governo del ciclismo sportivo (UCI – Unione ciclistica internazionale), guidata da David Lappartient, ha invitato le cinquanta federazioni nazionali africane a presentare una proposta per ospitare i Campionati del Mondo su strada 2025.
Il continente ha già ospitato importanti appuntamenti come i Campionati del Mondo della MTB (Mountain biking) 2013 e 2017 in Sudafrica, a Pietermaritzburg; e a Città del Capo è stata creata la sede africana del Centre Mondiale du Cyclisme.
E’ cresciuta notevolmente la qualità delle gare su strada quali la Tropicale Amissa Bongo, impegnativa e ormai celebre corsa a tappe in Gabon, il Tour del Marocco e il Tour del Ruanda, conclusosi il 12 agosto scorso, dopo otto tappe. Al punto che proprio il Tour del Ruanda, nato trent’anni fa come competizione regionale amatoriale, non solo ha acquisito fama internazionale nove anni fa, quando è stato inserito dall’Uci nel cosiddetto Africa Tour (il circuito di corse continentali), ma quest’anno è stato elevato di classe: da 2.2 a 2.1, cioè è passato alla prima categoria.
Dal prossimo anno, quindi, potrà accogliere quei corridori titolati a competere nelle corse “fuori categoria”, cioè i grandi giri e le classiche monumento, ovvero alle corse più importanti del mondo.
E’ la prima volta che una gara africana viene promossa e raggiunge il livello dell’unica altra competizione a tappe di questo livello: la “Tropicale Amissa Bongo”. Questa competizione – giusto per stare in tema di “curiosità” – fotografa e compendia un certo andazzo africano: il suo nome deriva dalla sorella minore del presidente gabonese Ali Bongo Ondimba, deceduta nel 2004. Ali Bongo è in carica dal 2009 ed è succeduto al padre presidente dal 1967!
Ali Bongo Ondimba – dicono le gazzette locali (la libertà di stampa in Gabon viene classificata al centottavo posto su centottanta Paesi) ha due grandi amori: il calcio e il ciclismo. La sua passione lo ha spinto a creare, nel 2005, la “Tropicale Amissa Bongo” dandola in mano alla stessa potentissima società (Aso), che organizza nientemeno che il Tour de France e La Vuelta di Spagna, oltre che la Parigi-Nizza, la Parigi-Roubeaix, la Freccia Vallone…
Non a caso La “Tropicale” è subito diventata la corsa più importante di tutta l’Africa che attira corridori internazionali di valore. Compreso il nostro Rinaldo Nocentini, quest’anno vittorioso in due tappe. Il vincitore finale è, però, stato Joseph Areruya, ventidue anni, ruandese, accolto, al ritorno in patria, come un eroe nazionale fuori dall’aeroporto di Kigali da una folla entusiasta.
E pensare che fino a qualche anno fa il ciclismo del (e nel) continente nero aveva aspetti ed episodi curiosi, folkloristici, tragicomici, perfino sconcertanti. Non c’è che l’imbarazzo nella scelta.
1) Un ex campione americano, Jonathan Jock Boyer, sessantadue anni, condannato nel 2002 per atti sessuali con una minorenne, si è redento in Ruanda allenando la nazionale del Paese e sviluppando un programma di sviluppo del ciclismo chiamato “Africa Rising Cycling Center”.
2) Otto ciclisti, durante un recente Tour del Ruanda, in meno di due minuti all’uscita di una curva diabolica capitombolano fra gli spettatori che sghignazzano e che a loro volta vengono centrati in pieno da atleti e bici. Una scena degna del film “Fantozzi contro tutti”, dove i ragionieri, impegnati nella “tragica” Coppa Cobram, erano sbalzati dalle due ruote e finivano nella trattoria “al Curvone” dove si era in festa per un matrimonio (vedere – per credere – i due filmati su Youtube e raffrontarli).
3) Corridori della Nazionale del Ruanda in addestramento nello stato americano dello Utah vengono ripresi, nel 2015, mentre si fermano per ammirare e toccare ai bordi della strada la prima neve della loro vita.
4) Altri ex celebri ciclisti in questi anni si sono trasferiti in Africa per trasmettere la loro esperienza e allevare nuove generazioni di pedalatori. Uno dei più noti, oltre al molestatore sessuale Boyer, è l’ex campione del mondo spagnolo Abraham Olano, 48 anni, che nell’autunno 2015 è volato in Gabon per fare il selezionatore della nazionale ciclistica: “Del Gabon sapevo a mala pena che si trovava nel Golfo della Guinea, che non era il Paese più sottosviluppato della terra, che aveva villaggi con capanne ma anche città e che la gente parlava francese – confidò al quotidiano El Pais Abraham Olano, celebre anche per i suoi duelli con il nostro Marco Pantani e per aver subito una squalifica per doping – Sapevo anche che non ha molte strade asfaltate, però quando il presidente Ali Bongo Odimba mi ha fatto chiamare ho accettato subito. So che per lui questo sport è una vetrina, ma per me l’impegno in Gabon ha un grande valore sia perché mi ripaga dell’amarezza per la squalifica ingiusta per doping sia perchè sono convinto che il ciclismo in Africa ha un grande futuro”.
Un futuro, come si vede, affidato anche a un (presunto) dopato (Olano) e a un condannato molestatore sessuale (Boyer), entrambi sulla strada del riscatto in Africa. E affidato pure a due presidenti (per limitarci a Gabon e Ruanda) che usano il ciclismo come vetrina, o come mezzo per la rinascita sportiva, facendo leva sulla passione e abitudine delle loro genti, avvezze a usare come mezzo di locomozione e trasporto più la bici che gli asinelli.
Non a caso il Ruanda ha avuto in Adrien Niyonshuti, 31 anni, il pioniere del ciclismo sudafricano, in quanto il primo ciclista a correre tra i professionisti. E proprio grazie a Boyer, il pentito violentatore di una ragazzina. Adrien nel 1994, all’epoca dello spaventoso, famigerato genocidio ruandese, aveva 7 anni. Vide morire 6 dei 9 fratelli, circa 60 suoi parenti vennero massacrati, ma lui e i genitori riuscirono a scappare verso l’Uganda. Cominciò a pedalare con una bicicletta d’acciaio compratagli da suo zio Emanuel.
La svolta arrivò nel 2006, grazie a “Jock” Boyer, da poco sbarcato nella terra della redenzione. Nacque così Team Rwanda diretto da Boyer e fondato da Tom Ritchey e Dan Cooper.
Da questa squadra Adrien passò nel 2008 alla QTN-Qubeka, il team professionista sudafricano oggi Dimension Data. E oltre a correre con i campioni nel 2012 Adrien, che si è occupato anche della promozione con Boyer del ciclismo in Ruanda, è stato il portabandiera della nazione africana ai Giochi di Londra. Adrien è stato cinque volte campione nazionale e ora ha trovato – lo ha ricordato il sito Cicloweb – una nuova opportunità in una squadra dilettantistica sudafricana, il Sampada Cycling Team. La sua storia – e quella di Boyer – è stata efficacemente raccontata nel 2012 dal film-documento “Rising from Ashes” (Rinascere dalle ceneri), in cui sono testimoniate le atroci sofferenze patite dalla sua famiglia e dal suo Paese.
Ha scritto su “Il Foglio” nel gennaio scorso, Giovani Battistuzzi, un collega amante del pedale, competente e attento al nuovo che avanza dal Continente Nero “…Se l’Europa continua ad essere il teatro del grande ciclismo, l’Africa sta diventando piano piano il centro della passione per le biciclette. C’è soprattutto un movimento che da quando Fausto Coppi esplorava l’Alto Volta (oggi Burkina Faso, era il 1959, nda) in bicicletta e diceva “se va come penso, tra trent’anni saremo noi a rincorrere questi atleti”, si sta rafforzando, sta inseguendo a fatica, ma recupera posizioni e interesse ed è pronto, prima o poi, se non al sorpasso, quanto meno a un posto in scia”.
Di anni ne sono passati più di 30, ma la rincorsa è cominciata.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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