Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 20 agosto 2018
Oltre trenta bambini sotto i cinque anni sono morti per malnutrizione, diarrea, malaria nel campo per sfollati a Bama, nel nord-est della Nigeria nelle prime due settimane di agosto.
A lanciare l’allarme è stata la ONG Medici senza Frontiere. Bama, una volta la seconda città del Borno State, ora trasformata in un immenso campo per sfollati, a fine luglio ospitava venticinquemila anime, il massimo della sua capienza. Sono almeno seimila i bambini presenti e uno ogni duecento è morto di stenti e malattie per l’assenza di cure adeguate nelle ultime settimane. La gente continua ad affluire a causa delle incessanti incursioni, violenze e attacchi dei miliziani di Boko Haram in tutto il nord-est della ex colonia britannica.
In un comunicato MSF afferma che i piccoli arrivano in condizioni terribili e il loro stato di salute peggiora anche nel campo per la mancanza di una corretta assistenza sanitaria, assolutamente insufficiente per il numero di persone presenti. E Isabelle Mouniaman, portavoce di MSF, da Parigi ha specificato: “Il centro di Bama sta scoppiando, deve essere ingrandito quanto prima”.
All’alba di ieri, almeno diciannove persone sono state brutalmente ammazzate a Mailari, un villaggio nella regione di Guzamala nel Borno State. Un sopravvissuto ha raccontato che tre giorni prima dell’attacco gruppi di miliziani sarebbero stati avvistati nelle vicinanze. Le truppe nigeriane, stanziate nella vicina base di Gudumbali, sarebbero state informate dai residenti. Sempre secondo il testimone oculare, che ha perso anche un fratello durante l’assalto, i militari non si sarebbero fatti nemmeno vedere. Nel novembre del 2015 il contingente di Gudumbali aveva perso oltre centocinquanta uomini durante i combattimenti contro i sanguinari terroristi.
Eppure il governo nigeriano sostiene da tempo che i Boko Haram non rappresentano più un pericolo primario. Muhammadu Buhari, il presidente del Paese più popolato dell’Africa ha sostenuto proprio a giugno, che ormai il nord-est si trova in una “fase di stabilizzazione postbellica”. Propaganda politica, visto che le elezioni sono alle porte e Buhari, candidato alle presidenziali del prossimo anno, aveva promesso che avrebbe sconfitto i jihadisti entro il 31 dicembre 2015.
In seguito alle dichiarazioni del presidente, un portavoce dell’esercito nigeriano aveva annunciato che duemila persone sono state invitate a lasciare i campi per sfollati, perchè ormai la situazione nel distretto di Guzamala si è stabilizzata, grazie ai ripetuti interventi della missione anti-Boko Haram “Operation Lafiya Dole” (missione che ha cambiato ben quattro comandanti in soli ventisette mesi, l’ultimo, Ahmed Dikko, è stato nominato a fine luglio).
Il ritorno a casa degli sfollati era stato ampiamente pubblicizzato in ogni dove della Federazione nigeriana. L’esercito aveva precisato che avrebbe scortato i rifugiati e distribuito materiale edile. I poveracci sono stati costretti a tornare nei villaggi completamente distrutti, a ricostruire da soli le proprie case, ricominciare dal niente, con la costante paura di essere ancora una volta soggetti agli attacchi dei terroristi, fuggire nuovamente, se non addirittura essere ammazzati.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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