Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 3 agosto 2018
In Mali il presidente uscente, Ibrahim Boubacar Keïta, candidato del partito Rassemblement pour le Mali (RPM) si è aggiudicato il 41,42 per cento delle preferenze, mentre il leader dell’opposizione del raggruppamento politico Union pour la République et la Démocratie e della piattaforma Ensemble, restaurons l’espoir, Soumaïla Cissé, ha riportato a casa il 17,80 per cento dei voti. La partecipazione alla tornata elettorale è stata del 43,06 per cento. Dunque si va al ballottaggio, annunciato ieri dal ministro dell’Amministrazione territoriale, Mohamed Ag Erlaf, quando ha comunicato il risultato provvisorio delle elezioni dello scorso 29 luglio
Aliou Boubacar Diallo, ricchissimo proprietario della Wassoul’Or, la miniera aurifera di Kodiéran, nel sud del Mali, sostenuto da Alliance démocratique pour la paix (ADP-Maliba) è solo in terza posizione con il 7,95 per cento dei consensi. Nel 2013 era un grande sostenitore di Keïta, ma da tempo i loro rapporti si sono incrinati; nel 2016 ha lasciato il partito del presidente uscente per passare all’opposizione. Mentre l’ex presidente del governo di transizione (da aprile a dicembre 2012), Cheick Modibo Diarra, si è piazzato al quarto posto con il 7,46 per cento.
Il ballottaggio si terrà il prossimo 12 agosto.
Lo scorso 31 luglio almeno quattro militari maliani e otto presunti jihadisti sono morti durante uno scontro nella regione di Ségou, al centro della ex colonia francese. I sodati, impegnati nella protezione di un convoglio che trasportava materiale e documenti elettorali, sono caduti in un’imboscata. I presunti terroristi hanno poi aperto il fuoco contro il convoglio, ma, secondo fonti militari e amministrative, i soldati avrebbero risposto all’attaco. Sembra che al momento attuale due veicoli militari e otto soldati, spariti subito dopo l’assalto, non siano ancora stati ritrovati.
E’ il primo attacco terrorista dopo le elezioni. Ma molti temevano il peggio dopo la diffusione di un video nel quale Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine – in italiano, ausiliari della religione (islamica) – operativo per lo più nel nord del Mali e oggi a capo di un raggruppamento “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”, minacciava direttamente il processo elettorale.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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