Malabo, 21 luglio 2018
Aggiornamento 22 luglio 2018
Il magistrato Jose Esono Ndong Bidang è morto sabato al commissariato centrale della capitale.
Secondo suo nipote, il magistrato è stato arrestato martedì mattina, mentre era in corso il “dialogo nazionale”. Bidang ha avvertito immediatamente gli agenti di sicurezza dei suoi problemi di salute e il medico, che lo ha visitato in una clinica privata, aveva ordinato il ricovero immediato.
I poliziotti non hanno autorizzato l’ospedalizzazione e hanno ricondotto il magistrato nella sua cella, dove è deceduto in assenza di cure adeguate.
All’inizio di luglio il presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, aveva annunciato alla televisione di Stato un’amnistia totale per tutti i prigionieri politici. Peccato che finora ne sia stato liberato solamente uno: per Julian Abaga si sono finalmente aperte le porte del carcere giovedì scorso, dopo sette mesi trascorsi nelle putride galere equatoguineane, per aver criticato su internet il presidente e i suoi collaboratori. Il suo rilascio è stato confermato da esponenti di Convergence for Social Democracy CPDS, il secondo partito all’opposizione.
Eugenio Nze Obiang, ministro dell’informazione e portavoce del governo, ha fatto sapere in questi giorni che le autorità giudiziarie hanno ricevuto istruzioni di rimettere in libertà tutti i beneficiari del decreto presidenziale; a tutt’oggi solamente Abaga ha usufruito dell’amnistia, mentre decine e decine di altri prigionieri politici marciscono ancora nelle loro celle.
In questi giorni si sta svolgendo un “dialogo nazionale” fortemento voluto dal presidente stesso con l’obiettivo di “preservare la pace e lo sviluppo del Paese”. Con un’apparente apertura della spietata dittatura di Malabo, Obiang ha garantito “libertà” e “sicurezza” a tutti i partecipanti di questo vertice, al quale sono stati invitati per la prima volta anche la società civile, la Chiesa e la comunità internazionale.
Ovviamente nessuno dei leader antigovernativi in esilio all’estero si sono presentati all’incontro di Malabo, e Gabriel Nse Obiang esponente del primo partito all’opposizione Ciudadanos por la Inovacion (CI), qualche giorno fa aveva precisato: “Visto il panorama politico, non ci attendiamo proprio nulla da questo dialogo”.
Alle scorse elezioni il CI ha ottenuto un solo seggio al parlamento, ma a quanto pare uno di troppo per il dittatore che, dunque, il 26 febbraio scorso ha pensato bene di scioglierlo. La decisione presidenziale è stata confermata a maggio dalla Corte Suprema del Paese. Una trentina dei mebri del CI erano stati arrestati già lo scorso anno e ovviamente finora non sono stati liberati. Questa formazione non è stata invitata al “dialogo nazionale” ancora in svolgimento.
Anche nel 2014 il governo aveva annunciato un’amnestia, ma, secondo Amnesty International, anche allora nessun prigioniero era stato liberato. Il meeting di questi giorni non convince nemmeno i diplomatici occidentali: per poter aprire un vero dialogo, bisogna arrivare ad elezioni realmente libere.
Le ONG, la comunità internazionale tutta continuano a puntare il dito contro la Guinea Equatoriale, che viola in continuazione i diritti umani. Le accuse in questo senso vengono prontamente respinte dal governo. L’opposizione denuncia regolarmente le violenze che subiscono i militanti politici nelle prigioni: basti pensare all’ultima vittima, Juan Obama Edu, membro del CI, morto all’inizio di questo mese in seguito alle torture.
Africa ExPress
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