Franco Nofori
Mombasa, 17 luglio 2018
Chi s’interrogava sulla ragione delle recenti restrizioni in materia dei permessi di lavoro agli stranieri, ora può avere una risposta: il governo del Kenya vuole fare spazio ai cinesi. Certo, è solo un’ipotesi, ma i fatti che si stanno verificando in questi ultimi giorni, la rendono un’ipotesi quantomeno probabile. Il presidente Kenyatta ha, infatti, dato il suo nulla osta all’ingresso e alla regolarizzazione di ben cinquemila tecnici cinesi che confluiranno nel già corposo contingente asiatico presente nello staff della SGR (Standard Gage Railways) la nuova ferrovia Nairobi-Mombasa, interamente gestita da una società cinese.
Il nuovo e massiccio arrivo, si compone d’ingegneri civili, contabili, dietologi, cuochi, saldatori, carpentieri, macchinisti, interpreti, medici, informatici, segretarie, archivisti, decoratori, sorveglianti e vari addetti ad altre funzioni generiche. Il tutto costerà ai contribuenti keniani, oltre otto milioni di euro in stipendi e varie altre spese connesse all’accoglienza dei partner orientali. Altri centosettanta di loro attendono un’analoga regolarizzazione che arriverà a giorni. Tutti troveranno ospitalità nel centro nevralgico della compagnia, realizzato per loro nel lussuoso complesso della White Heights a Lavington, nella zona signorile della capitale. Il residence e sorvegliato a vista, giorno e notte, da una brigata di agenti della polizia di Stato.
Un nutrito numero di lussuosi veicoli speciali, corazzati con autista e scorta di polizia, è stato messo a disposizione dei dirigenti cinesi, mentre i funzionari africani devono accontentarsi di pick-up e pulmini Nissan. Molti cinesi hanno ottenuto il permesso di lavoro per specialità che sono comuni in Kenya e potevano essere agevolmente svolte da personale locale. Secondo un reportage del quotidiano The Standard, non sono pochi i cinesi che lavorano nel Paese con semplici visti turistici. Vanno e vengono ogni sei mesi e quando arrivano, riprendendo tranquillamente le proprie attività sotto il tollerante sguardo delle autorità dell’immigrazione.
La sensazione, che intimidisce i funzionari del dipartimento per l’immigrazione, è che il personale cinese sia intoccabile perché sotto la protezione delle alte cariche dello Stato. L’inchiesta dello Standard, riferisce anche che è loro riservato un trattamento speciale poiché esentati dal pagamento biennale di 400 mila scellini (circa tremila euro) per il permesso di lavoro, previsto invece per tutti gli altri espatriati. Questa singolare concessione, rappresenta un altro carico sul contribuente di quasi diciassette milioni di euro che l’erario rinuncia a incassare.
Il segretario generale per l’immigrazione, Gordon Kihalangwa, si è sottratto imbarazzato alle domande dei giornalisti che gli chiedevano come mai, il suo dicastero rilasciasse permessi di lavoro ai cinesi per mansioni che potevano essere agevolmente svolte da personale locale. Kihalangwa si è levato dai pasticci osservano semplicemente: “E’ molto difficile rispondere a questa domanda ora, mentre i processi di verifica sono ancora in corso”. Ancora in corso? Ma i permessi oggetto della domanda erano già stati rilasciati! Anche alla richiesta di indicare quanti erano i cinesi che lavoravano nella nuova ferrovia, Kihalangwa non è stato in grado (o non ha voluto) rispondere.
Da parte sua, Atanas Maina, amministratore delegato della Kenya Railways, il cui mandato è di supervisionare l’attività dell’impresa cinese che gestisce la ferrovia, ha detto di non essere a conoscenza del numero esatto di cinesi che vi lavoravano, ma ha assicurato che, in ossequio agli accordi intercorsi tra Nairobi e Pechino, il rapporto tra lavoratori cinesi e keniani doveva essere di uno a tre; ma a che vale saperlo se non si possiedono i dati necessari a verificarlo? Sempre che, naturalmente, non si possiedano davvero. Ciò che comunque emerge per stessa ammissione di Maina è che il costo del personale cinese è di due volte e mezzo superiore a quello del suo equivalente locale.
Insomma, malgrado il crescente insorgere di malumori nella popolazione africana, sia per l’atteggiamento discriminatorio dei cinesi nei suoi confronti , sia per l’indebita occupazione di posti di lavoro che potrebbero essere assegnati agli autoctoni, sembra proprio che, almeno per ora, i sorridenti pionieri dagli occhi a mandorla, abbiano trovato in Kenya quell’Eldorado che nel loro Paese d’origine non era neppure ipotizzabile. L’Europa, dal canto suo, sta a guardare e rosica.
Franco Nofori
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