Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 16 luglio 2018
Ogni volta che Africa-ExPress pubblica questo genere di notizie, da parte di alcuni visitatori europei si leva un coro di proteste che intasano i social network. Si tratta, quasi sempre, di visitatori occasionali che vogliono salvaguardare l’immagine precostruita (tanto idilliaca quanto effimera) di un’Africa dove tutto è bello, buono, spettacolare e perfetto. L’Africa conquista lo spirito; è vero. Lo conquista con i suoi colori, con la genuinità della sua splendida natura, con il richiamo a quelle origini che affondano nel mistero cosmico. A volte, però, questa infatuazione fonda le radici su qualcosa di un po’ meno spirituale e di un po’ più fisico. Ma tant’è: si tratta comunque di un’immagine da sogno che si è pronti a difendere con le unghie e coi denti.
Ora, però, a infrangere questo sogno, arriva la spietata franchezza di Florence Machio, un’instancabile attivista dell’NGO Equality Now, che da anni si occupa del problema dei minori abusati. “La violenza sessuale su di loro – sostiene – avviene soprattutto in ambito domestico e a praticarla sono proprio i familiari più stretti. Non possiamo e non dobbiamo più nascondercelo”. Ci si aspettava che la crescente emancipazione sociale del Paese avrebbe prodotto un declino di questo aberranto fenomeno e invece, nello sconcerto dell’autorità che sovraintende ai diritti dei minori, il fenomeno è in preoccupante incremento.
Le adolescenti in età scolare dipendono totalmente dal padre per il pagamento delle rette scolastiche. Rifiutare i suoi approcci incestuosi, quando ciò avviene, significa quindi rinunciare alla propria istruzione. Su questi episodi, la società keniana tace, non perché non ne sia a conoscenza, ma perché il “parlarne è male” ed evidentemente, è ancor peggio del metterli in atto. Difficile trovare una logica condivisibile in questi comportamenti, se non lanciandosi in un’improbabile ricerca speculativa sulle radici culturali e sui costumi che guidano le scelte della giovane civiltà africana. Del resto sono le stesse vittime a osservare questo silenzio. “Ecco perché – spiega Florence Machio – la maggior parte degli abusi resta sconosciuta e quindi impunita”.
Malgrado la tenace omertà e l’ostilità delle famiglie, il coraggio di Florence le ha consentito di raccogliere venticinque testimonianze di ragazzine violate, alcune di loro molti anni prima che raggiungessero l’età puberale. Una di queste, che è oggi diciassettenne, ha chiesto a Equity Now, se è in diritto di uccidere il proprio padre, visto che, riferisce: “Ha cominciato ad abusare di me da quando avevo solo sei anni”. Secondo la sconcertante classifica messa a punto da Florence Machio, i predatori delle fanciulle sarebbero nell’ordine, i padri, gli zii, i cugini, i nonni, gli insegnanti, il personale domestico, i vicini di casa, i conducenti di boda boda (le motorette taxi) e il personale scolastico.
La verità che rivela il rapporto di Equality Now, non è tenera neanche nei confronti dei predatori sessuali europei che vengono in Kenya per dare sfogo a quelle pulsioni che in Patria li porterebbero dritti in galera, ma anche a questo riguardo il rapporto se la prende soprattutto con i propri connazionali: una polizia indifferente o addirittura collusa quando viene prezzolata per guardare altrove mentre il misfatto si compie; i familiari della vittima che non raramente cedono la propria creatura in cambio di una manciata di scellini; le autorità centrali e locali del Paese, che spesso sono loro stesse utenti del ributtante svago sessuale; le strutture scolastiche che, in luogo di formare i giovani alla dignità del vivere e di fortificare il proprio carattere, ne abusano loro stessi.
Insomma, uno scenario squallido e mortificante che pregiudica gravemente la formazione e l’autostima delle generazioni future (soprattutto femminili) rivelando scenari davvero sconvolgenti come quello confessato da una giovane studentessa nella contea di Makueni, area dell’etnia Kamba. Dall’età di dieci anni, la ragazza ha subito violenze sessuali da ben ventun uomini diversi, incluso il proprio padre e l’insegnante dell’educazione primaria. Altre giovinette hanno rivelato che per ottenere la promozione alle classi superiori, hanno dovuto accettare rapporti sessuali con insegnanti e commissari d’esame.
Uno di questi, il cinquantaduenne Paul Gicheri, che insegnava swahili presso la Njoro Girls High School di Nakuru è stato accusato in corte di aver abusato sessualmente, nello scorso giugno, di una studentessa quindicenne per consentirle il passaggio alla classe superiore. L’uomo, regolarmente sposato e con figli, avrebbe, in precedenza, molestato anche altre studentesse allo stesso scopo, fino a che una di queste ha deciso di denunciarlo facendolo finire in manette, anche grazie alle concordanti testimonianze delle compagne. Queste iniziative, dice l’attivista dell’NGO, sono tuttavia ancora troppo scarse rispetto alla portata globale del fenomeno.
Florence Machio ha raccolto le confessioni delle ragazze violate in una serie di poster con cui ha addobbato le pareti di una sala del Safari Park Hotel di Nairobi, dove ha tenuto una conferenza sull’increscioso fenomeno. Al suo fianco si è anche schierata Adelina Mwau, femminista e vice-governatore della contea di Makueni. Entrambe le donne, oltre che a deprecare gli uomini che, approfittando della propria posizione, strappano l’innocenza alle bambine, compromettendo così il loro futuro equilibrio, hanno accusato anche le madri per non aver saputo instaurare con le figlie quel necessario rapporto di fiducia e di confidenza che le inducesse a rivelare i propri devastanti vissuti. Le due attiviste, si sono soprattutto scagliate contro quelle madri che, sapendo, tacciono e si spingono addirittura a imporre il silenzio alle proprie figlie quando il violatore è un membro della famiglia. “Per non esporre mia figlia alla vergogna”, dicono, senza saper cogliere l’assurdità di una simile giustificazione.
Franco Nofori
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