Franco Nofori
Mombasa, 12 luglio 2018
Sono le sette dello scorso martedì mattina a Kilifi, costa nord del Kenya. Mentre percorro la strada che conduce al lato settentrionale del vecchio imbarcadero per il traghetto, ormai in disuso da quasi trent’anni, scorgo un assembramento di persone a pochi passi dalla residenza ufficiale del governatore di contea Amason Kingi. Sono tutti conducenti di “boda boda”, le motorette-taxi che sono l’afflizione degli automobilisti keniani per la loro guida trasgressiva e spericolata. Sono venuti con i propri mezzi a due ruote. Parlano e gesticolano animatamente guardando qualcosa nel fossato che costeggia la strada. La cosa m’incuriosisce, fermo l’auto e vado a vedere cosa sta suscitando tanta agitazione.
L’immagine che mi si presenta non potrebbe essere più raccapricciante. Nel fossato, in posizione scomposta, giace il corpo di un ragazzo. Appare molto giovane, poco più che adolescente. Ha gli occhi spalancati e sul viso, come pietrificata, gli è rimasta un’espressione di terrore. La testa, rovesciata all’indietro, mostra un collo quasi interamente coperto di profonde e mortali ferite. L’insistente pioggia notturna ha diluito il sangue, che ha totalmente impregnato la parte frontale della maglietta facendola diventare rossa. I presenti mi dicono che era un loro collega, si chiamava Gift ed era anche lui un conducente di “boda boda”. Chi l’ha ucciso l’ha fatto per impossessarsi della motoretta ed è riuscito nell’intento spacciandosi per cliente.
La maggior parte dei conducenti di “boda boda” non possiede il mezzo che utilizza. Questo viene loro affittato dal proprietario che pretende un pagamento giornaliero di dieci euro e questo giustifica l’affannosa ricerca di clienti che consenta ai locatari di fare quante più corse possibili in modo da soddisfare la richiesta del proprietario e avanzare qualcosa per se stessi. Invece, nel caso di Gift, la moto in questione era sua: nuova di zecca per un valore di circa ottocento euro. Per raggiungere questa somma aveva lavorato sodo presso una rivendita di pollame, risparmiando tutto il possibile, ciò nonostante, quanto accumulato non era sufficiente, così è stato costretto a ricorrere a un prestito. Altri debiti, quindi, ma finalmente aveva la sua moto e poteva svolgere l’agognata attività in proprio. Una soddisfazione destinata a spegnersi tragicamente solo pochi giorni dopo.
Proprietari o locatari, che siano la competizione tra i conducenti dei “boda boda” provoca spesso liti e risse per accaparrarsi il cliente, ma nonostante questo, tutti loro sanno esprimere nelle emergenze una granitica solidarietà, che spesso valica anche la legalità e l’oggettivo diritto. Proprio questa solidarietà spinge ora i colleghi di Gift a dare la caccia all’assassino. Alcuni di loro hanno visto l’ultimo cliente che ha preso a bordo. E’ una persona del luogo e sanno dove abita. “E’ arrivato alla nostra postazione a mezzanotte passata – dice uno dei presenti – è salito sulla moto di Gift e si è fatto condurre proprio in questa direzione”. Nella loro ricostruzione del tragico evento, il falso cliente, si sarebbe fatto lasciare nel luogo dell’omicidio e – e invece di mettere mano al portafoglio per pagare il prezzo della corsa – ha estratto il coltello e ha compiuto lo scempio. Poco prima dell’alba, un pescatore ha trovato il corpo e ha dato l’allarme.
Più tardi, alcuni colleghi della vittima, andranno a casa del presunto colpevole, ma non lo troveranno, né lì né sul luogo di lavoro: non si è presentato. “Non importa – dicono – Lo troveremo” e quando ciò avverrà, subirà la stessa sorte della sua vittima, senza denunce, senza polizia, senza processi, senza pietà. Così si compie la giustizia di strada, rapida, risolutiva, spietata. Del resto quale pietà ha mostrato l’assassino verso il povero Gift? Un omicidio, disumano, bestiale, finalizzato a impossessarsi di un bene che non risolverà certo le sue condizioni di vita.
L’origine dei “boda boda” risale a una decina di anni fa. All’inizio erano utilizzati per trasportare passeggeri dalle zone rurali fino alle strade di grande comunicazione dove potevano poi proseguire il viaggio a bordo dei più veloci e confortevoli “matatu” (pulmini privati per il trasporto passeggeri). Dopo poco tempo, però, i “boda boda” si spingevano anche sulle strade asfaltate, entrando così in aperta concorrenza con i “matatu” e dando vita ad accese rivalità, poiché anche la gran parte dei “matatu”, si trova a dover sottostare alle stesse regole che valgono per i “boda boda”: mezzi in affitto e quote fisse da pagare ai proprietari.
Non raramente, queste rivalità, danno luogo a scontri anche violenti, come quelli recentemente occorsi a Kisumu dove una settimana fa si è scatenata, tra i conducenti dei rispettivi mezzi, una vera battaglia durata tre giorni che ha richiesto il massiccio intervento delle squadre anti-sommossa della polizia. Una cinquantina di mezzi, tra moto e pulmini, è stata data alle fiamme con l’intera città messa a soqquadro, ma al di là degli incontestabili eccessi, l’insofferenza generale che sorge nei confronti di entrambi gli operatori di questo servizio – indisciplinati e sovraccarichi all’inverosimile – deve essere mediata dalla realtà. In Kenya non esiste un affidabile sistema di trasporto pubblico e senza “boda boda” e “matatu” la popolazione sarebbe condannata all’immobilità.
La morte del giovane Gift, avvenuta davanti alla casa del suo governatore, costata al contribuente un milione di euro, è una tragedia inaccettabile anche perché mostra il volto di un paese che giorno dopo giorno affonda sempre di più nel degrado e nella disperazione, mentre il palazzo continua ad arricchirsi smisuratamente. E’ la guerra dei derelitti che, per povertà fame e ignoranza, resta sempre quella condannata a pagare il più alto tributo di sangue.
Franco Nofori
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