Ankara, 10 luglio 2018
Durante la cerimonia di insediamento del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si è svolta nel complesso presidenziale di Ankara, c’era una folta rappresentanza di capi di Stato e di dittatori, venuti dal mondo intero.
Tra gli invitati non mancava la folta presenza di leader africani, come Edgar Lungu, Zambia, il gabonese Ali Bongo, Jose Mario Vaz della Guinea Bissau, Teodoro Obiang Nguema, presidente della Guinea Equatorile, Muhammed Veled Abdul Aziz della Mauritania, il ciadiano Idriss Deby, Mohamed Abdullahi Farmajo della Somalia, il gibutino Ismail Omar Guelleh e naturalemente a questo rendez-vous non poteva mancare Omar al-Bashir, il presidente del Sudan.
Forse azzardata la partecipazione di al Bashir, visto che sulla sua testa pende un mandato d’arresto internazionele, emesso nel 2009 dalla Corte Penale Internazionale per genocidio e crimini di guerra. Per evitare l’arresto, al Bashir non dovrebbe, in teoria, recarsi in Stati che sono membri della Corte. La Turchia non fa parte del CPI, ma come componente dell’ONU, avrebbe il dovere di collaborare i giudici dell’Aia.
Il CPI non ha una forza di polizia propria, ma delega gli Stati membri a fermare le persone sospette o colpite da un mandato di cattura. Difficilemnete ciò avverà in Turchia. Erdogan e al Bashir hanno molti interessi in comune, specie dopo la visita del leader turco a Khartoum alla fine dello scorso anno, considerato un avvenimento storico. Era la prima volta che un presidente turco si recava in visita nell’ex condominio anglo-egiziano (allora l’Egitto, e il suo capo, il kedivè, era tributario dell’impero Ottomano) dalla la sua indipendenza nel 1956.
Durante i colloqui, i capi di Stato hanno sigillato diversi trattati di carattere commerciale e militare. Tra questi la temporanea cessione da parte di Khartoum ad Ankara di Suakin, porto sul Mar Rosso, dove Erdogan vorrebbe ricostruire le rovine di questa antica città ottomana per incrementare il turismo. Si mormora che il porto, una volta ristrutturato, potrebbe servire non solo per navi commerciali, ma anche come punto di appoggio per quelle militari. Il più importante porto sudanese è attualmente Port Sudan, che dista solo una sessantina di chilometri a nord di Suakin. Secondo Erdogan, uno scalo laggiù potrebbe servire anche ai pellegrini diretti a La Mecca.
Nessun giudice turco oserà chiedere l’arresto del presidente sudanese, come era successo in Sudafrica tre anni fa. Ma anche quella volta l’anziano presidente, grazie alla collaborazione confidenziale del governo, era riuscito a sottrarsi alla cattura.
Erdogan è stato rieletto presidente al primo turno per la seconda volta lo scorso 25 giugno con il 52,5 per cento dei consensi, dopo tre mandati consecutivi come primo ministro.
Africa ExPress
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