Costantino Muscau
Milano, 20 giugno 2018
“Una vittoria non solo per il Senegal, ma per tutto il continente africano”: così ha esultato Aliou Cissé, 42 anni, allenatore dei Leoni della Teranga (la nazionale di Dakar) dopo la vittoria sulla Polonia (2-1) nel pomeriggio di martedì (19 giugno).
E meno male che i suoi Leoni hanno sbranato i cosacchi, grazie alla seconda rete di Mbaye Niang, 24 anni, attaccante francese naturalizzato senegalese, che dallo scorso anno gioca nel Torino, dopo essere passato per il Milan e per il Genoa. Un successo che ha mandato in visibilio il popolo senegalese, a Mosca e a Dakar. In tribuna era quasi incredulo il presidente del Senegal, Cherif Macky Sall, 57 anni.
Era andato a Mosca per fare una gita a casa di Putin accompagnato dal primo segretario donna della Fifa (la Federazione mondiale del calcio), Fatma Samba Diouf Samoura, 55 anni, senegalese pure lei. E invece cosa ti combinano i suoi Leoni? Nella prima sfida diretta fra la Polonia e una nazione africana, i Leoni fanno ballare i Cosacchi e il presidente diventa protagonista, come se fosse in piazza, a Dakar. Ora si spera che la Nigeria segua le orme dei senegalesi, riabilitandosi contro l’Islanda (il 22 giugno) e poi contro l’Argentina di Messi, il 26 giugno. Affinchè l’Africa nera tenga la testa alta e “l’onore pallonaro” non resti solo fra i piedi senegalesi.
Perché il calcio nord africano si lecca le ferite. Gli altri Leoni, quelli di Atlante, infatti, ieri pomeriggio hanno vissuto sì un più che onorevole mercoledì da leoni contro il Portogallo, ma anche tristissimo: il Marocco è la prima squadra a essere matematicamente eliminata dai mondiali di Russia. Il biglietto di ritorno a casa è stato gentilmente offerto da Cristiano Ronaldo. Nemmeno il tempo di sedersi davanti al televisore, o sul seggiolino allo stadio Louzhniki di Mosca, che CR7 segna, con un colpo di testa, al 4 minuto, il suo 85° gol, diventando il calciatore europeo più prolifico della storia in Nazionale. Per pareggiare al Marocco resteranno altri 91 minuti, dato che ne vengono concessi 5 di recupero. Niente da fare: i Leoni di Atlante giocano meglio dei portoghesi, a tratti dominano, l’arbitro è imperfetto ma alla fine non resta che piangere. Capiscono che a far la differenza col Portogallo, peggiorato rispetto all’esordio con la Spagna, ha un nome: Cristiano Ronaldo. Lacrime amare: due sconfitte immeritate, nessuna rete, zero punti. Fine dell’avventura russa.
Purtroppo, a breve, altri seguiranno il Marocco.
Non occorre essere profeti biblici per prevedere che sia i Faraoni d’Egitto sia le Aquile di Cartagine (Tunisia) hanno cominciato a mettere in valigia i ricordini russi da portare a casa. I Faraoni, dopo essere stati beffati all’ultimo minuto dall’Uruguay (il 15 giugno), avant’ieri, martedì, sono stati strapazzati 3-1 dai padroni di casa. Una doppia debacle che ha segnato anche il destino dell’allenatore argentino Hector Cuper, licenziato subito dalla federazione africana. Hector Cuper – lo ricordiamo – è molto noto in Italia per aver allenato Brescia, Inter, Parma.., e in Europa per aver inanellato una serie incredibile di insuccessi, che sarebbe lungo enumerare. Totò lo chiamerebbe lo jettatore, perché ovunque sia andato è stato perseguitato dalla sfortuna. Era riuscito a portare i Faraoni ai Mondiali dopo 28 anni (Italia ’90) e che gli succede? Russia 18 finisce quasi prima di incominciare: si trova il top player, Salah, infortunato e non può schierarlo contro l’Uruguay che ti fa un gol in pieno recupero. E quando lo schiera contro la Russia è troppo tardi.
C’è poi la Tunisia. E’ stata piegata in extremis (domenica sera 18 giugno) dall’Inghilterra con una doppietta di Harry Kane, dopo aver pareggiato su rigore. Magra consolazione: la BBC, che trasmette le partite della 21a Coppa del Mondo, ha fatto sapere che il match è stato seguito da 18,3 milioni di spettatori, più del Royal Wedding tra Harry (il principe) e Meghan Markle! Ora l’attendono i “Diavoli rossi” del Belgio (23 giugno).
Quel Belgio che ha liquidato la cenerentola Panama (ultima avversaria della Tunisia) per 3-0, con una doppietta di Romelu Lukeku, 25 anni (in forza al Manchester United di Josè Mourino che lo ha pagato 90 milioni di sterline) . “Sono belga quando segno, di origini congolesi quando sbaglio”, aveva scritto Lukaku (da non confondere col fratello minore Jordan, pure lui calciatore) proprio il giorno prima in un illuminante e toccante racconto autobiografico su The Player’s Tribune.
Una narrazione che consigliamo a chi conosce l’inglese (il sito, infatti, dà voce – magari reinterpretata da bravi giornalisti – ai protagonisti di tutti gli sport. Anche l’allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri, lo scorso anno ha narrato la sua vita). A favore di chi, invece, non mastica la lingua universale, ci permettiamo di offrirvi brani della storia di un bimbo dalle scarpe bucate la cui mamma “allungava il latte con l’acqua, si faceva prestare il pane, accudiva i figli che dormivano per terra in una casa dove giravano i topi”. Oggi questo bimbo è, con 38 reti, l’attaccante più prolifico del Belgio, di cui si sente cittadino a tutti gli effetti, perché – scrive – “sono nato ad Anversa, quando parlo mischio lingue diverse, sono belga, come i miei compagni, siamo tutti belgi anche se di diverse origini. Ed è questo che rende figo il nostro Paese”.
“Ricordo esattamente il momento in cui capii che avevamo toccato il fondo – esordisce Lukaku nella sua memoria autobiografica – Fu quando vidi mia madre piangere mentre mescolava il latte con l’acqua per farlo durare di più. Avevo 6 anni. Capii che questa non era la nostra vita. Fu come se qualcuno, schioccando le dita, mi avesse svegliato. Quel giorno feci una promessa a me stesso e a Dio: diventerò un calciatore dell’Anderlecht.…Mio padre era stato un calciatore professionista zairese, ma alla fine, carriera e soldi se n’erano andati. La prima cosa a sparire fu la Tv via cavo. Poi capitava di tornare a casa e non c’era più la luce, per 2-3 settimane per volta.. . Quando ho firmato il primo contratto con l’Anderlecht, a 16 anni, sono andato a comprare la tv e la playstation…
“Papà a quanti anni hai iniziato a giocare a guadagnare col calcio?” “A 16”. “Bene, lo farò anche io. Dobbiamo resistere fino ad allora, poi ci penso io. Volevo essere il miglior giocatore del Belgio. Quando avevo 11 anni giocavo nel Lierse e una volta il padre di un avversario non voleva farmi entrare in campo. “Quanti anni hai? Di dove sei? Fammi vedere i documenti”. Come di dove sono. Sono di Anversa, sono belga! Giocavo con tanta di quella rabbia che volevo uccidere. A cominciare dal bambino figlio di quel padre”.
Per fortuna Romelu ha continuato a sparare cannonate solo contro i portieri. Sennò, ve l’immaginate che cosa avrebbero detto gente come Marine le Pen o il nostro Salvini?
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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