Speciale per AfricaExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 11 giugno 2018
Con una storica delibera del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha imposto sanzioni contro sei trafficanti di uomini. E’ la prima volta che mercanti di esseri umani vengono inseriti nell’elenco dei sanzionati dalle Nazioni Unite.
Nel caso specifico si tratta di quattro cittadini libici e due eritrei che Paolo Lambruschi, nel suo articolo su Avvenire del 9 giugno ha illustrato in modo dettagliato https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lonu-ecco-la-lista-nera-dei-trafficanti. Il primo maggio 2018 il governo olandese aveva presentato la lista nera al Consiglio di Sicurezza, ma la Russia aveva chiesto tempo e maggiori informazioni per valutare al meglio la questione.
Infine, il 7 giugno scorso, nel Palazzo di Vetro la risoluzione, proposta appunto dai Paesi Bassi e appoggiata da Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa è stata accettata e l’Onu ha sancito nei confronti dei sei trafficanti disposizioni che comprendono il congelamento di tutti conti bancari riconducibili a loro e il divieto internazionale di viaggio.
Antonio Guteress, il segretario generale dell’ONU ha salutato positivamente la risoluzione. L’ambasciatore americano accreditata all’ONU, Nikki Haley, ha sottolineato che le immagini di migranti venduti come schiavi pubblicati alla fine del 2017 dalla CNN hanno scosso le cosienze del mondo intero.
Già nel mese di marzo, durante un vertice a Niamey Al-Siddik al-Sour, capo dell’ufficio investigativo della procura di Tripoli, aveva presentato un elenco con ben duecentocinque nomi di trafficanti nazionali e stranieri, contro i quali sono stati spiccati i relativi mandati d’arresto pochi giorni fa. Nella lista figuravano personaggi importanti, come alti funzionari di ambasciate africane in Libia, membri dell’organismo statale per la lotta contro la migrazione clandestina nella nostra ex colonia, addetti alla sicurezza e responsabili di campi di detenzione per migranti e altre figure di spicco insospettabili. Non è dato sapere chi sono i duecentocinque di tale lista, ma certamente i nomi dei sei, ora sanzionati dall’ONU, erano compresi in tale elenco.
Sconcerta il fatto che tra il gruppo dei sei ci sia pure Abd Al-Rahman Al-Milad, un alto ufficiale della Guardia costiera libica, che è stata addestrata anche dagli italiani nell’ambito dell’operazione Sophia di Eunavfor med, e sembra addirittura che parte dei Fondi per l’Africa siano stati utilizzati per la riparazione delle quattro motovedette di classe “Bigliani” dismesse dalla Guardia di finanza riconsegnate ai libici dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti.
Ermias Ghermay, eritreo, ha sulla coscienza il terribile naufragio del 3 ottobre 2013. Secondo le poche informazioni a disposizione su di lui, si sa che i tentacoli della sua “organizzazione” arrivano fino negli Stati Uniti. Zeresenay Ermias Testfatsion, si è suicidato nelle docce dell’aeroporto internazionale del Cairo. Al trentaquattrenne eritreo era stato negato il diritto d’asilo negli USA, ed era in transito al Cairo in attesa dell’aereo che doveva deportarlo ad Asmara, dove certamente non lo attendeva un tappeto rosso. Zeresenay Ermias Testfatsion, dopo l’inferno Libia, è arrivato quasi sicuramente in Italia, per poi proseguire dietro lauti compensi illeciti verso gli USA.
Al di là di ciò, è risaputo da anni cosa succede nelle galere libiche. Sia in quelle cosiddette “ufficiali” che in quelle gestite direttamente dai trafficanti. I migranti sono terrorizzati quando vengono intercettati dalla Guardia costiera libica e non di rado si buttano nelle fredde acque, pur di non ritornare nell’inferno libico preferiscono morire. Mentre di coloro che vengono riportati a Tripoli, spesso si perdono le tracce. Non si sa dove vengano deportati.
Le camere mortuarie dell’ex colonia italiana sono strapiene. Non c’è più posto. Una notizia che sporadicamente viene ripresa dai giornali libici, l’ultima risale al 7 giugno 2018. Ma questi morti ovviamente interessano poco l’Europa e la comunità internazionale tutta, che non ne sentono il perso della responsabilità.
Secondo una stima dell’Unione Africana, a fine dicembre 2017 in Libia si trovavano ancora tra quattrocento e settecentomila migranti, detenuti in una quarantina di “lager”, in condizioni disumane. E in base ai rapporti dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), lo scorso anno avrebbero perso la vita oltre tremilacento migranti cercando di raggiungere le coste italiane.
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes