Costantino Muscau
Milano, 10 giugno 2018
Capre, pecore, riso, olio per friggere. Non solo con il denaro si comprano le partite di calcio in Ghana. C’è chi si accontenta anche di bestiame e di alimenti…
Il dettaglio farà anche sorridere ma lo scandalo, che, in questi giorni, sta scuotendo la repubblica dell’Africa occidentale, il cui motto è “Libertà e Giustizia”, è tremendamente serio. Il pallone corrotto è andato a stamparsi sulla faccia di 77 arbitri (non tutti ghanesi), del massimo dirigente del calcio ghanese e africano, Kwei Nyantamkyi, 49 anni, arrestato e costretto alle dimissioni venerdì scorso 8 giugno, di altri 14 esponenti di rilievo e, addirittura, ha sfiorato il presidente della repubblica, Nana Akufo-Addo e il vice presidente Mahamadu Bawumia.
Un “esplosivo” calcio di rigore tirato da un celebre (e controverso) giornalista investigativo di Accra di cui non si conoscono né l’identità né il volto. La prima è coperta dallo pseudonimo Anas Aremeyaw Anas, il secondo da un inquietante cappello formato da fili di perline.
Il giornalista Anas per due anni ha lavorato sotto copertura e con microtelecamere nascoste, ha preparato un documentario di 2 ore intitolato “Numero 12: quando l’avidità e la corruzione diventano la norma” e ha svelato di quanto marcio grondi il mondo del pallone in Africa occidentale.
La presentazione al pubblico è stata clamorosa, spettacolare, rimbombante, mercoledì 6 giugno all’Accra International Conference Centre, davanti a un pubblico pagante di 6 mila persone. Fra gli spettatori decine di Vip: diplomatici, uomini d’affari, esponenti della società civile, politici, vescovi! Un sacerdote cattolico ha aperto la seduta, il Centro Conferenze era strettamente sorvegliato dalle forze dell’ordine, la bandiera del paese (rosso, giallo e verde) garriva dentro e fuori, la gente cantava l’inno nazionale..
Un evento mai visto né immaginato. Quando mai in Italia un documentario che denuncia un vasto fenomeno corruttivo sarebbe stato mostrato con tale capillarità ed efficacia?
Il video è stato poi proiettato sabato 9 giugno al nuovo GCB Auditorium della Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST) di Kumasi, la seconda città del Ghana per popolazione e importanza.
Non basta: la visione del documentario-scandalo è stata programmata anche per mercoledì 13 giugno all’hotel Radach di Tamale, capitale commerciale di tre regioni del nord e, sabato 16 giugno all’Akroma Plaza Hotel di Takoradi, porto vitale sul Golfo di Guinea.
L’evento mediatico, pur astutamente preparato dal maggio scarso con calcolate anticipazioni dopo essere stato fatto vedere in anteprima alle autorità, sta sconvolgendo la nazione. Le proiezioni sono state accolte dal pubblico con urla di indignazione, milioni di tifosi si sono sentiti traditi.
Per capire la portata dell’impatto emotivo è fondamentale ricordare che cosa significhi il calcio per il Ghana.
Ci limitiamo a riportare quanto potete leggere sul sito web del “Consolato del Ghana”: “Integrazione, educazione e divertimento. È questo il modo di concepire il calcio in Ghana, Paese africano che nel corso della sua storia è riuscito a sfornare talenti assoluti (che in Italia ben conosciamo, ndr) come Michael Essien, Stephen Appiah, Asamoah Gyan, Samuel Kuffour e Kwadwo Asamoah e che è considerato il Brasile d’Africa. Assieme a Egitto e Camerun, il Ghana è fra le nazionali africane più rappresentative dal punto di vista calcistico e vanta fra i propri successi la conquista di 4 Coppe D’Africa (1963, 1965, 1978, 1982). A queste 4 vittorie vanno aggiunte 5 finali perse, che avrebbero potuto incrementare ulteriormente la bacheca di successi. Le black stars (così sono chiamati i giocatori della nazionale di calcio) sono amatissime dal popolo e quando la nazionale gioca fra le mura amiche gli stadi si riempiono”. E poco male se le Black Stars non sono riuscite a qualificarsi né alla Coppa delle Nazioni africane né campionati ai mondiali che prendono il via giovedì, 14 giugno, a Mosca.
Il tifo non ne è stato minimamente scalfito. L’indignazione, pure.
Ma che cosa svela il filmato del giornalista dal volto ignoto Anas Aremeyaw Anas, minacciato di morte anche per precedenti inchieste sulla giustizia, sull’abuso dei diritti umani (in particolare sui minori) e corruzione?
Il contenuto, a voler semplificare, è semplicissimo, ma veramente fragoroso.
Kwei Nyantamkyi, presidente dell’Associazione Nazionale del Calcio, vicepresidente della Confederazione di Calcio africana, banchiere e avvocato , da sempre paladino anticorruzione – almeno a parole – è stato colto, nella stanza di un albergo a Dubai, nell’atto di mettere in saccoccia di 65.000 ghana cedi (la moneta locale), pari a circa 12.000 euro.
Si sarebbe trattato di un anticipo di un affare il cui valore ammontava a 15 milioni di cedis per 3 anni (8 milioni di euro in 3 anni, quindi) Il denaro serviva a garantire a presunti investitori, che in realtà erano il giornalista investigativo con il suo team, accordi di sponsorizzazione e contratti in progetti governativi. A questo scopo, Nyantamkyi rafforzava il suo impegno millantando aiuti da parte del presidente e del vice presidente, ai quali, però, in cambio del loro aiutino, rispettivamente sarebbero dovuti andare andati 5 e 3 milioni di cedis (circa 900 mila e 540 mila euro).
Altri 2 milioni sarebbero stati destinati al ministro dei Trasporti, 1 milione al vice ministro e altrettanto per se stesso. Il video ha poi mostrato altri dirigenti calcistici e arbitri, che in cambio di mazzette si impegnavano ad alzare cartellini gialli e rossi, assegnare rigori o altre penalità e decidere visti per partite all’estero. Prezzi modici per queste agevolazioni: da 80 a 500 euro.
In alcuni casi i corrotti hanno accettato anche altri beni come capre e pecore vive, riso e olio per friggere: 3-400 cedis, ovvero meno di 100 euro.Tutto fa brodo..
La prima testa a cadere è stata, ovviamente, quella di Nyantamhyi. Il presidente della repubblica, infatti, a cui era stata mostrata in anteprima l’inchiesta, è andato su tutte le furie. Ha ordinato a sua volta un’inchiesta, ha fatto arrestare il massimo dirigente calcistico, che, l’altro giorno, finalmente si è dimesso. Proclamando, però, la sua estraneità a ogni malaffare.
Un’altra testa illustre a rotolare – a conferma di come il pallone sia marcio anche oltre i confini del Ghana – è stata quella dell’arbitro internazionale del Kenya, Aden Range Marwa, 41 anni. Si sarebbe accontentato di poco più di 500 euro per aggiustare qualche match. Faceva parte dei 10 segnalinee africani selezionati per la Coppa del Mondo 2018. La conseguenza è che è già rientrato da Mosca con disonore. D’ora in poi si limiterà a insegnare matematica e chimica, sua vera professione. Niente più fischietto.
Ma la vera morale di questa vicenda è che il Ghana, oltre ad averci dato tanti campioni, ci ha offerto anche – gratis – una indimenticabile lezione su come si combatte la corruzione.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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