Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Milano, 5 giugno 2018
Il Ruanda ha sfoderato un asso nella manica (sinistra) ed è andato nel pallone. Provocando un parapiglia internazionale.
La decisione presa dal Paese delle mille dolci e verdi colline d’Africa di sponsorizzare la squadra di calcio britannica dell’Arsenal con un contratto valutato (si vocifera) 30 milioni di sterline, quasi 35 milioni di euro, in 3 anni, ha scatenato un intenso fuoco di artiglieria mediatica, politica e morale.
Le polemiche nel Regno Unito, in Olanda e in altri Paesi donatori, sono state e sono violente. Il fischio di avvio della bagarre lo ha dato la notizia “bomba” pubblicata il 27 maggio scorso dal quotidiano inglese Mail on Sunday. Ha scritto il giornale: “La maglia delle vergogna: il dittatore Paul Kagame spreca 30 milioni di sterline per sponsorizzare la sua squadra del cuore, mentre l’Inghilterra scodella al Paese africano 62 milioni di sterline l’anno in aiuti e la popolazione , stretta nella morsa del regime di Kagame, vive con meno di una sterlina al giorno. In cambio, Kagame e i suoi amici avranno libero accesso ai salottini esclusivi dello stadio Emirates dell’Arsenal, pacchi di biglietti gratuiti per le partite e l’impegno che l’allenatore e i giocatori effettueranno un tour promozionale in Africa”. In pratica, dal prossimo mese di agosto , quando prenderà il via il campionato di calcio inglese, o Premier League, sulla manica sinistra della loro tenuta da gioco i Gunners (ovvero i “cannonieri”, come sono soprannominati giocatori e tifosi del club londinese) porteranno la scritta “Visit Ruanda”, illustrata dall’immagine di tre star della squadra, Mesut Ozil, Alexandre Lacazette e Pier-Emerick Aubameyang.
Lo scoop , in realtà, era un mezzo scoop. Quattro giorni prima, infatti, il sito del Rwanda Development Board (Rdb) , l’agenzia nazionale di sviluppo ruandese, aveva comunicato: “Il Rwanda annuncia una partnership triennale con l’Arsenale per incrementare il turismo, gli investimenti e lo sviluppo del calcio”. L’istituzione governativa non aveva fornito nessuna cifra sull’accordo con la società calcistica, il cui primo sponsor è la Emirates, che proprio nel febbraio scorso ha rinnovato per 5 anni (fino al 2024) l’accordo di partnership per – secondo indiscrezioni – 200 milioni di sterline, circa 225 milioni di euro e quindi circa 45 milioni di euro a stagione.
L’idea che una delle nazioni più povere del mondo aiuti, o usi come mezzo pubblicitario il quarto, o sesto, club più forte del mondo in quanto a giro d’affari (circa 487 milioni di euro nella stagione 2016-2017) ha sollevato generali , scandalizzate proteste, con qualche distinguo. Tra i critici più feroci, alcuni deputati olandesi, sia della maggioranza sia dell’opposizione. “E’ un contratto particolarmente deprimente e demoralizzante – ha tuonato, ad esempio, l’esponente dei Verdi, Isabelle Diks -. Il nostro Paese versa 44 milioni di euro l’anno al Ruanda e siamo stati in prima fila nel sostenerne la ricostruzione dopo il genocidio del 1994. Invitiamo il ministro per gli aiuti , Sigrid Kaag, a indagare sull’accordo con l’Arsenal”. E sorvoliamo sulle reazioni di parlamentari britannici, indignati perché, a loro dire, i soldi dei contribuenti vanno a un Paese poverissimo e non devono finire nelle casse di un club calcistico ricchissimo. (“Un vero autogol dell’aiuto allo sviluppo”, ha sentenziato il deputato tory Andrew Bridgen).
E tutto perché il presidente Paul Kagame è un fanatico tifoso dell’Arsenal , sulla cui gestione “non ha mai mancato di far sentire la sua voce via twitter negli ultimi sei anni”, ha sottolineato il quotidiano inglese Guardian. L’ultimo intervento presidenziale risale al 3 maggio scorso quando è arrivato addirittura a incolpare i padroni della società e a spingerli nel cacciare lo storico allenatore Arsene Wenger perché da troppi anni “zero tituli”, senza vittorie. Il licenziamento è poi avvenuto: Wenger è stato sostituto, dopo 22 anni, dallo spagnolo Unai Emery. Sarà un caso, ma subito dopo il cambio della guardia alla guida della squadra, è stato firmato il contratto Ruanda-Arsenal.
Qualche malizioso osservatore ha anche sottolineato come Kagame e Wenger abbiano avuto in comune la durata del loro “regno”: entrambi sono saliti …al trono più o meno nello stesso periodo, anche se Kagame intende “allenare” il suo Paese per molti anni ancora. Il sessantenne Kagame (in questi giorni in Europa) è di fatto leader dal 1994, anno della conclusione dell’orribile genocidio costato 800 mila morti, anche se è diventato ufficialmente presidente nel 2000. Da allora non si schioda. Ha perfino cambiato la Costituzione (nel 2015) per consentirgli il terzo mandato che si dovrebbe concludere nel 2024.
Il deputato tedesco del partito Liberal Democratico, Christoph Hoffman, ha chiesto un’inversione di rotta nella gestione di 30 milioni di sterline che la Germania dona al Paese delle mille colline verdi e dolci. “Questa sponsorizzazione che ha a che vedere con il tifo del presidente – ha commentato maliziosamente – non è una buona pubblicità per l’industria turistica statale”.
La prima a reagire alle obiezioni internazionali è stata Clare Akamanzi, 39 anni, avvocato con master ad Harvard, parlamentare e Ceo del RDB, il Rwanda Development Board: “Chi critica l’accordo o vuole che il Ruanda resti povero e dipendenti dagli aiuti stranieri, o non capisce che nel marketing i costi sono una componente essenziale. Più il Ruanda guadagna col turismo più investe a favore del popolo. Il turismo è la maggiore fonte di valuta straniera con 400 milioni di dollari, costituisce il 6% del Prodotto interno lordo e dà lavoro a 90 mila persone. Vogliamo dare al Ruanda un’audience mondiale in un modo nuovo e dinamico”. Sui social e parlando con Jeune Afrique è sceso in campo anche il viceministro degli Esteri, Olivier Nduhungirehe, 43 anni, incavolato soprattutto con gli olandesi: “E’ falso e sconcertante insinuare l’utilizzo improprio dei fondi per lo sviluppo. Per questa campagna promozionale reinvestiamo circa il 3% dei profitti dal turismo. La maglia dell’Arsenal è vista da 100 milioni di tifosi in tutto il mondo , da 35 milioni di persone ogni giorno.Il nostro obiettivo finale è di creare entrate turistiche per 800 milioni di dollari entro il 2024. Il turismo è in crescita enorme: negli ultimi 7 anni ha raddoppiato il numero dei visitatori portandoli a 1 milione e 400 mila”.
Turismo non proprio low cost, va detto per inciso. Pochi giorni prima del controverso contratto turistico-calcistico (il 7 maggio) l’RDB ha raddoppiato il costo del biglietto per accedere al giustamente celebrato Parco Nazionale dei Vulcani dove si trovano quasi 1000 gorilla di montagna a rischio di estinzione: da 750 a 1500 dollari per persona per un’ora! Non proprio un incoraggiante biglietto di benvenuto.
A rassicurare i contribuenti inglesi e del centro- nord Europa ci ha provato, comunque, Harriett Baldwin, 58 anni, ministra per gli Affari africani e per lo Sviluppo internazionale. Intervistata da Jeune Afrique la Baldwin ha dichiarato: “Siamo fieri di essere da anni un partner importante nel sostenere il Ruanda. Gli aiuti sono per programmi specifici, tutti realizzati nella massima trasparenza. Nessuno degli aiuti sarà utilizzato per sponsorizzare l’Arsenal”.
Non tutti per la verità si sono sentiti tranquillizzati da queste parole. Ed è rimasto nell’aria l’interrogativo :” Da dove arrivano i soldi per pagare la sponsorizzazione”? Sul punto di domanda sono sorte risposte varie e qualcuna inquietante. Una rintracciabile sul sito “L’Indro”, dove si può leggere: Nonostante il prevedibile costo esorbitante, il governo ruandese non avrà difficoltà a trovare i fondi necessari attingendo probabilmente dal traffico illegale di oro e coltan dal Congo. Oltre ad un ottimo veicolo per promuovere il turismo nel Paese, lo slogan sulla manica sinistra della maglia dell’Arsenal potrebbe essere uno dei tanti modi utilizzati dal governo ruandese per riciclare i profitti ricavati dal ‘bloody coltan’, il coltan insanguinato, una tra le cause principali della situazione di conflitti infiniti all’est del Congo che durano dalla caduta del dittatore Mobutu Sese Seko, avvenuta nel 1997.
Ipotesi di fantapolitica? Il coltan è un minerale, essenziale per l’elettronica, di cui sono ricchi sia il Congo sia il Ruanda. Di sicuro si sa che nel 2002 un report delle Nazioni Uniti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali nella Repubblica Democratica del Congo “raccomandava sanzioni a 29 compagnie di diversi Paesi, fra cui il Ruanda”. Un esperto, Michael Nest, intervistato da Oxford Research Group, dichiarò che alcune compagnie aeree sarebbero state coinvolte nel trasporto di coltan dal Ruanda a Paesi terzi. Una di esse apparteneva al Ruanda e al Sud Africa.
A parte queste ipotesi da intrigo internazionale, in difesa della sponsorizzazione ha fatto sentire la sua voce un importante quotidiano londinese. “Il Ruanda è uno Stato sovrano né più né meno come il nostro – ha commentato Sean O’Gready sull’ Independent – il Ruanda è perfettamente legittimato a spendere i soldi come vuole, sia che essi vengano dagli aiuti sia che giungano da altre fonti. Non c’è niente di strano che investa nel turismo, una risorsa enorme e promettente”. “Certo – commenta un operatore umanitario italiano che opera a Kigali e chiede l’anonimato (Non si sa mai..): “Il governo ha tutto il diritto di usare il denaro come più gli aggrada. Ci mancherebbe… La questione però non è di legittimità: è etica. E’ giusto spendere i soldi in questo modo mentre la popolazione vive con meno di una sterlina al giorno”?
Costantino Muscau
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