Costantino Muscau
Milano, 24 maggio 2018
Arcangeline Fouodji Sonkbou , 30 anni, pesista, Camerun: assente
Petit David Minkoumba, 28 anni, pesista, Camerun: assente
Olivier Heracles Matam Matam, 25 anni, pesista, Camerun: assente
Ricordate Manu Chao? “Mi chiamano lo scomparso /quando arriva già se n’è andato/ Arrivo volando, volando me ne vado/ Di fretta di fretta verso una rotta sconosciuta”.
Continuiamo con l’appello .
Simplice Fotsala, 28 anni, pugile: assente.
Arsene Fokou, 35 anni, pugile: assente:
Ulrich Rodrigue Yombo, 25 anni, pugile: assente;
Christelle Aurore Ndiang, 29 anni, pugile, assente;
Christian Ndzie Tsoye, 28 anni, pugile, assente.
Anch’essi tutti del Camerun. …
Ricordate Manu Chao: “Africano clandestino, fuorilegge, ..correre è il mio destino per fregare la legge”.
L’appello potrebbe proseguire: per due atleti ugandesi, per un coach paralimpico ruandese e per decine di altri dirigenti della Sierra Leone, della Nigeria, del Ghana….
Tutti scomparsi, introvabili, clandestini. O quasi. Perché più di uno di loro, ad esempio il pugile Simplice Fotsala, ha postato sorridente e irridente le sue foto sul ponte più famoso di Melbourne.
Una fuga di massa, anzi un rifiuto di massa. Mai visto nella pur lunga storia di defezioni avvenute in occasioni di grandi eventi sportivi mondiali.
Sono, infatti, ben 255 gli atleti e i dirigenti, molti di quali africani, rimasti “clandestinamente” nella terra dei canguri dopo i XXI Giochi del Commonwealth , svoltisi nella Golden Coast, Stato del Queensland (Brisbane) dal 4 al 15 aprile. Tutte persone che in parte hanno già chiesto asilo al governo degli aussies, oppure si sono volatilizzate nel Villaggio degli atleti.
Tutta gente che non ha nessuna intenzione di rientrare in…classe, di tornare – almeno per quanto riguarda atleti e dirigenti africani – a Yaoundè, dal longevo, immarcescibile presidente Paul Byia, al potere da 35 anni; o a Kampala, sotto quel Museveni che governa “solo” da 30 anni; o a Kigali, dove Paul Kagame, per non essere da meno degli altri due, è stato designato quattro volte come presidente dal 2000 in poi (ovviamente rieletto).
“Disertori”, ha bollato i suoi introvabili pesisti e pugili il responsabile della comunicazione della nazionale del Camerun, Simon Molombe, che ha denunciato gli atleti alle autorità australiane.
“Ci costeranno milioni di dollari”, hanno urlato i simil-leghisti australiani di fronte alla prospettiva di concedere lo stato di rifugiato a centinaia di atleti e dirigenti, che, venuti in Australia per i Commonwelth Games alla scadenza (15 maggio scorso) del visto concesso per l’evento, sono diventati come i drammatici personaggi immortalati da Manu Chao: desaparecidos, clandestini.
In realtà 205 avrebbero ottenuto “visti ponte”, in attesa che il loro incartamento venga preso in esame. Altri 50, invece, hanno proprio fatto perdere le tracce, stando a quanto reso noto dal ministro dell’Interno , Peter Dutton, alla commissione Immigrazione del Senato. Il ministro ha minacciato di deportare chiunque non si presenti alle autorità e non abbia diritto all’ asilo.
“Si può dire che vi siano precedenti di lunga data, di atleti che chiedono asilo e ottengono protezione”, ha ricordato l’avvocato David Manne dell’organizzazione Refugee Legal. “Di fatto, alcuni degli atleti in giochi passati non solo hanno ottenuto protezione, ma hanno in seguito gareggiato per l’Australia”.
Uno di questi è Simplice Ribouem, 36 anni. Nel 2006, a Melbourne, ai XVIII Giochi del Commonwealth, dopo aver vinto la medaglia di bronzo per il suo Paese, il Camerun, “mi nascosi per tre giorni e tre notti, dormendo all’aperto e nutrendomi solo di acqua – ha raccontato ora commentando la ‘diserzione’ dei suoi connazionali -. Poi la mia vita cambiò. Divenni australiano e per il mio nuovo paese vinsi la medaglia d’oro ai XIX Giochi del Commonwealth del 2010 , a Nuova Delhi, e quella d’argento nel 2014, a Glasgow”.
“Solo perché sono atleti, non vuol dire che non temano per la propria sicurezza”, ha commentato ancora l’avvocato David Manne. E non sempre per ragioni politiche. I camerunesi, ad esempio, fuggono da un Paese sull’orlo di una guerra civile e in preda a gravi tensioni da decenni.
Dopo la proclamazione di indipendenza, lo scorso ottobre, della Repubblica di Ambazonia (da Ambas Bay, la baia alla foce del fiume Mungo che in epoca coloniale segnava il confine naturale tra area inglese e francese), la repressione del governo centrale è stata durissima contro i separatisti anglofoni (circa 3 milioni contro gli altri 20). Un retaggio delle solite potenze coloniali. Tedesco fino alla fine della prima guerra mondiale, il Camerun fu diviso in due parti dalle potenze vincitrici: la zona sud-occidentale, più vicina alla Nigeria (il 20 per cento circa del territorio) fu affidata al Regno Unito, il restante 80 per cento, alla Francia. Tensioni mai sopite fra i due gruppi che spiegano come già alle Olimpiadi del 2012 di Londra sette atleti camerunesi scomparvero dal villaggio olimpico. (In occasione degli stessi giochi olimpici altri 21 atleti e allenatori dell’Africa svanirono nel nulla. E come non ricordare quello che successe nel 2011, quando da un hotel parigino si volatilizzò un’intera squadra calcistica senegalese?)
“Se poi si è omosessuali, questa è stata l’occasione per alcuni atleti di diventare liberi in una terra aperta”, ha chiosato un altro legale australiano, che si occupa di assistenza di clandestini o di chi chiede asilo. Il riferimento, neanche troppo velato, è sia all’Uganda sia al Camerun: nel primo per gli omosessuali recidivi è previsto l’ergastolo. Nel secondo , uno dei Paesi più omofobi del mondo – ha ricordato pochi giorni fa il sito gay.it – le persone associate alla omosessualità sono punibili sia con la reclusione sia con la pena di morte. Il mese scorso la polizia ha arrestato 5 uomini che lavorano per l’organizzazione per i diritti LGBT Avenir Jeune de L’Ouest e ad essi è stato ordinato di sottoporsi ad un esame anale, descritto come forma di tortura da parte delle Nazioni Unite”.
Costantino Muscau
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