Cornelia I. Toelgyes
Quartu sant’Elena, 18 maggio 2018
Per accellerare le espulsioni dei migranti, le autorità algerine abbandonano i disgraziati in fuga direttamente nel deserto. Questo evidente inasprimento delle politiche migratorie del governo di Algeri è in atto da diverso tempo.
Una volta arrestati in diverse città algerine, i migranti vengono accompagnati a Tamanrasset, che dista oltre milleottocento chilometri a sud della capitale, dove vengono trattenuti per alcuni giorni in un campo prefabbricato prima di essere accompagnati con dei camion fino al confine, da lì devono proseguire a piedi.
Non sono poche le persone, sopratutto quelle più deboli, che muoiono durante questo tragitto a causa dell’insopportabile calura.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha fatto sapere che dallo scorso settembre ha soccorso oltre diecimila migranti in pieno deserto. Sul suo account twitter, Giuseppe Locorte, direttore OIM in Niger ha reso noto che sabato scorso sono stati espulsi trecentoquarantre persone – centosettantasei uomini, cinquantasei donne e centoquattoridici minori – che ora sono sotto la custodia dell’UNHCR in Niger.
All’inizio del mese la stessa sorte è toccata ad altri millecinquecento poveracci: seicento camerunensi, un folto gruppo di maliani e un altro di guineani e migranti in fuga da altri Paesi africani sono stati mandati nel deserto tra la frontiera algerina e quella nigerina. Secondo alcune fonti di Niamey, gli sfortunati espulsi sarebbero stati portati in seguito ad Agadez dagli operatori dell’UNHCR.
Molti deportati hanno raccontato di essere stati maltrattati durante la detenzione e hanno criticato aspramente la politica dei respingimenti forzati. Dall’inizio dell’anno l’OIM è intervenuta ben diciotto volte per soccorrere persone deportate nel deserto.
Una cinquantina di giovani maliani, espulsi dall’Algeria nel recente passato, hanno manifestato tutta la loro rabbia per il trattamento ricevuto dalle autorità, protestando davanti all’ambasciata algerina a Bamako, la capitale del Mali. Malgrado l’intervento immediato delle forze dell’ordine, alcuni ex migranti sono riusciti ad penetrare nell’edificio, causando parecchi danni. Altri si sono limitati ad urlare slogan ingiuriosi contro le autorità dell’ex possedimento francese. Alcuni manifestanti sono stati arrestati. In seguito a questo fatto il ministero degli Esteri di Algeri ha convocato l’amabsciatore maliano, chiedendo di far luce sull’accaduto.
Il “Fondo per l’Africa”, un finanziamento di duecento milioni di euro, erogato al ministero degli Esteri italiano e della Cooperazione, all’inizio di febbraio 2017, per interventi straordinari con l’obbiettivo di aprire un nuovo dialogo e interventi nei Paesi che originano il maggior flusso migratorio verso le nostre coste, senza escludere gli Stati africani di transito, come Libia e Niger. All’OIM sono stati devoluti 18 milioni di euro per rimpatri volontari assisti, per l’assistenza di rifugiati in difficoltà, mentre all’UNHCR altri dieci milioni per il miglioramento dei centri di detenzione in Libia, assistenza ai migranti e sostegno alle comunità locali. (https://www.africa-express.info/2017/11/13/il-fondo-per-lafrica-finanzia-la-guardia-costiera-libica-denuncia-dellasgi/).
L’Algeria è firmataria della convenzione di Ginevra del 1951 e della Convenzione del 1987 contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, pertanto dovrebbe rispettare gli accordi siglati e permettere ad ogni rifugiato la possibilità di richiedere asilo e/o protezione e non ricorrere a espulsioni forzate.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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