Franco Nofori
Mombasa, 14 maggio 2018
Ancora una volta il National Youth Service (NYS) è accusato di un’imponente frode a danno dei contribuenti e sembra davvero impossibile che malversazioni di questa portata possano sfuggire ai controlli governativi fino a raggiungere – in un Paese in cui il salario mensile medio pro-capite non supera i 150 euro – gli 85 milioni scoperti soltanto in quest’ultima circostanza.
Lo Youth National Service fu fondato nel 1964 come corpo ausiliario alle necessità militari e a quelle della protezione civile. Fino al 1980 il reclutamento era obbligatorio e tutti i giovani erano tenuti a prestare sevizio nel corpo prima di poter accedere agli studi universitari. Oggi, invece, l’adesione all’NYS avviene solo su base volontaria. I giovani possono scegliere, all’atto dell’ammissione, se essere addestrati come truppe di supporto a quelle del KDF (Kenya Defence Force) oppure alle varie specializzazioni previste in campo tecnico. Nel 2013 il presidente Uhuru Kenyatta, per alleviare la crescente disoccupazione, decise di aumentare il numero dei partecipanti estendendo anche i loro campi d’intervento.
Nel quartier generale di Gilgil, nel Rift Valley, i giovani del NYS vengono addestrati alle attività paramilitari o civili a seconda delle specializzazioni da loro scelte e alle quali sono risultati idonei. Dal 2016 la direzione generale del servizio è stata affidata a Richard Ethan Ndubai, dopo le dimissioni coatte del suo predecessore Nelson Githinji per una precedente serie di ammanchi e di frodi che ammontavano a decine di milioni di euro. Tali scandali costringevano anche la ministra del Devolution and Planning Ministry, Anne Waiguru, a lasciare l’incarico.
I malvezzi del passato, non sembrano però aver creato un deterrente al loro ripetersi, visto che oggi, il nuovo direttore Ndubai, si trova coinvolto in uno mega-scandalo di portata ancora superiore ai precedent. Questi ultimi 85 milioni di euro, scomparsi dalle casse dell’NYS, sarebbero stati pagati, stando ai riscontri contabili, a fronte delle fatture di varie aziende di fatto inesistenti, ma non è tutto: alcune di questa società fantasma, sarebbero le stesse che risultavano già coinvolte nelle precedenti frodi attuate nel 2015
Lo scandalo è ora nelle mani del procuratore generale Noordin Haji e del capo del Criminal Investigation Department (CID) George Kinoti. Sembra che il malaffare coinvolga alti unzionari dell’NYS e preminenti personalità governative, oltre ai loro complici esterni che risultavano i beneficiari delle somme illecitamente sottratte. Al momento, come ha dichiarato, Haji, le investigazioni sono in corso e non sono stati fatti i nomi dei presunti responsabili, che tuttavia vengono già indicati nel numero di ventitré.
Malgrado le frequenti dichiarazioni del governo di volerla combattere, la corruzione in Kenya, appare sempre più tenacemente radicata nella mentalità e nei costumi della Nazione. Alcune iniziative adottate nel recente passato, di istituire organi di controllo per combatterla – come i nuclei anti-corruzione – non hanno fatto altro che favorire una proliferazione delle occasioni in cui la bustarella diventa l’unica via per ottenere ciò che si desidera, sia esso lecito o no.
Inadeguate e del tutto inefficaci, sono anche le misure prese nei confronti dei corrotti che – una volta individuati – vengono spesso semplicemente trasferiti o sospesi dal servizio per poi esservi silenziosamente reintegrati quando le loro colpe, incalzate da altri simili eventi, non fanno più notizia. Neppure sembra aver peso la furiosa reazione di molti cittadini che sui social network danno sfogo al loro risentimento, con la mortificante sensazione della propria assoluta impotenza a cambiare il corso delle cose.
Franco Nofori
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