GUINEA EQUATORIALE

Guinea Equatoriale, Il dittatore Obiang scioglie l’unico partito di opposizione

Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Roma, 12 maggio 2018

La Guinea Equatoriale è (ancora di più) un uomo solo al comando. Lo scorso 8 maggio la Corte Suprema del Paese africano ha confermato lo scioglimento del partito politico di opposizione Ciudadanos por la Inovacion (CI), la principale formazione politica che si oppone alla “democrazia” del dittatore Teodoro Obiang Nguema Mbasogo. CI alle ultime elezioni, lo scorso novembre, aveva conquistato un seggio nel parlamento di Malabo.

Un seggio su 100 complessivi, il 99% dei quali andati al Partido Democratico de Guinea Equatorial, fondato e diretto da Obiang e dal clan di Mongomo, la sua allargatissima e avidissima famiglia. Il Presidente della Corte Suprema guineana, Juan Carlos Ondo Angue, ha respinto l’appello che era stato presentato dai vertici di CI contro la decisione di sciogliemento, imposta il 26 febbraio pare per diretto ordine presidenziale in seguito al tentativo di golpe mai sortito tra dicembre e gennaio scorsi. Angue ha inoltre annunciato la decisione di condannare a 30 anni di carcere 21 esponenti di Ciudadanos, tra cui l’unico parlamentare eletto alle elezioni legislative.

L’11 maggio CI ha annunciato un ulteriore ricorso contro la decisione della Corte Suprema. Jesus Mitongo, parlamentare eletto con CI e dichiarato decaduto dalla Corte, anch’esso condannato a 30 anni di carcere, in un videomessaggio postato su Facebook ha dichiarato che “Teodoro Obiang vuole eliminarmi per sbarazzarsi della principale opposizione contro di lui ma né io né il partito abbiamo commesso alcun reato”. In realtà il crudele paradosso della politica guineana consegna alla storia una sostanziale grazia per Ciudadanos e i suoi 21 esponenti: nel febbraio scorso infatti, quando Obiang in televisione aveva annunciato una stretta repressiva per difendere la sicurezza nazionale in seguito al tentato golpe, lo stesso presidente aveva chiesto l’imputazione e la condanna a morte per 146 persone, oltre che lo scioglimento del partito CI, accusate di aver provocato disordini in quel di Aconibe durante le celebrazioni della vittoria elettorale del PDGE, il 12 novembre scorso.

Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, dittatore della Guinea Equatoriale

Sono proprio le violenze a margine del voto il fatto principale attorno al quale ruotano tutte le condanne e la decisione: il regime non è mai riuscito a provare il (presunto) coinvolgimento dell’opposizione nel tentativo di golpe andato male e si è concentrato sui disordini, le manifestazioni e le violenze prima e dopo il voto di novembre. In seguito alle retate contro i presunti golpisti il regime è riuscito ad incarcerare decine di oppositori, tra cui Santiago Ebee Ela, 41 anni morto in galera mentre molti altri, chi riusciva a far uscire informazioni fuori dai commissariati e dalle carceri, lamentano torture notturne a base di frustate, anche 150 per detenuto.

“Nessuno, nemmeno nella Corte Suprema, è in grado di contraddire una richiesta del presidente” ha dichiarato Carmelo Ngomo Abeso, primo vice-segretario di CI, all’Agence France Presse.

In questo clima bollente di repressione resta sospesa la vicenda di Ramon Nsé, il fumettista satirico ed artista guineano arrestato senza ragione e scarcerato il 7 marzo scorso dopo mesi di detenzione illegittima. Ramon, che risiede in El Salvador con moglie e figlia, non può lasciare il Paese perché è ancora in attesa che le autorità rilascino una nuova copia del suo passaporto, per ottenere la quale si era recato a Malabo, dove era stato infine arrestato.

Accusato di vilipendio per il suo lavoro satirico e scarcerato per le insistenti pressioni di ONG e della stampa, che hanno sollevato un caso internazionale, Ramon era stato arrestato il 16 dicembre e oggi si trova bloccato a Malabo, rapito dalla lenta burocrazia: Human Rights Watch, in un comunicato del 1 maggio in solidarietà del fumettista, ha chiesto l’immediato rilascio del nuovo documento, “smettendo di procastinare, in un ritardo arbitrario e irragionevole” e Tutu Alicante, oppositore guineano che vive negli Stati Uniti e che ha fondato la ong EGJustice, ha precisato che “Ramon non sarebbe mai dovuto essere arrestato”.

Andrea Spinelli Barrile
aspinellibarrile@gmail.com
@spinellibarrile 
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Redazione Africa ExPress

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