Tripoli, 4 maggio 2018
Provengono tutti dal Corno d’Africa, da due nostre ex colonie. Sono trecentonovanta eritrei e centoquarantuno somali che dallo scorso ottobre sono stipati nel centro di detenzione a Gharyan, a poco meno di cento chilometri da Tripoli. Sono allo stremo dopo tanti mesi di prigionia in questo luogo squallido, dove cibo e acqua vengono distribuiti con il contagocce. Le condizioni igieniche del centro sono più che precarie.
Eppure queste persone si trovano in un luogo controllato dal governo libico, dunque “dovrebbe” dare certe garanzie, ma la stessa delegazione libica ha ammesso durante il vertice di Niamey, la capitale del Niger, che alcuni addetti alla sicurezza e responsabili di campi di detenzione per migranti sono compresi nell’elenco di persone verso le quali sono stati spiccati mandati d’arresto all’inizio di marzo, perchè implicati nel traffico di esseri umani.
I disperati di Gharyan, che hanno perso la fiducia in se stessi, distrutti nel fisico e nell’anima, oltre un mese fa hanno scritto una lettera all’UNHCR a Ginevra, chiedendo di essere evacuati quanto prima con i corridoi umanitari, come è successo ad altri profughi, detenuti insieme a loro. Fino ad oggi non hanno ricevuto risposta. Intanto continuano a marcire in questa lurida galera libica, abbandonata anche dagli operatori delle organizzazioni umanitarie che da tempo non l’hanno più visitata.
Lo stringer di Africa ExPress è in costante contatto con i congiunti di questi poveracci, ma anche direttamente con alcuni detenuti, che lo aggiornano regolarmente di quello che succede nel centro di detenzione di Gharyan. Di nascosto sono riusciti ad inviare qualche scatto rubato con difficoltà che pubblichiamo in esclusiva.
Alla fine di marzo un giovane detenuto, ormai disperato si è suicidato. Altri cinque sono morti di stenti e da settimane non si hanno più notizie di tre loro compagni. Si crede siano morti e fatti sparire.
La situazione dei migranti nel Paese arabo è drammatica, eppure l’Italia, con l’aiuto della Guardia costiera libica continua effettuare respingimenti, pur di arginare il flusso migratorio verso le nostre coste. A questo proposito, secondo quanto riportato dai giornali locali, Valter Girardelli, capo di Stato maggiore della Marina militare italiana, si è recato a Tripoli una decina di giorni fa, dove ha incontrato il suo omologo Salim Erhouma. Durante i colloqui si è discusso del sostegno italiano alla Libia, del monitoraggio delle imbarcazioni, con particolare attenzione all’immigrazione illegale.
La Guardia costiera libica ha effettuato molti interventi in questi primi mesi dell’anno, bloccando centinaia di persone in fuga e riportandole indietro nei centri di detenzione della Tripolitania. Molti di questi disgraziati stanno morendo di stenti, nel cinico silenzio della comunità internazionale.
Africa ExPress
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