Franco Nofori
Mombasa, 3 maggio 2018
Mentre si svolge l’acceso dibattito sulla fondatezza delle prove fornite dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, sul mancato stop al progetto di nuclearizzazione da parte dell’Iran, in barba agli accordi raggiunti con l’ex presidente americano Barack Obama, la patria degli ayatollah sembra voler continuare a estendere la propria influenza nei vicini Paesi islamici. Dopo Libano, Iraq, Siria e Yemen, ora è la volta del non troppo prossimo Marocco, dove, stando alla denuncia del suo ministro degli Esteri, Nasser Bourita, il governo di Teheran starebbe armando e finanziando il movimento indipendentista del fronte Polisario che reclama l’autodeterminazione del Sahara occidentale.
Quando subito dopo la morte e la caduta del dittatore Francisco Franco, nel 1975, la Spagna comincia la decolonizzazione dei suoi possedimenti, il Marocco rivendica diritti sul territorio del Sahara Occidentale, prevalentemente abitato dalla popolazione sahrawi, berbera ma influenzata dagli arabi, che, attraverso il Fronte Polisario (acronimo spagnolo per Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro), territori che formavano il Sahara Spagnolo, reclamava l’indipendenza del territorio, anche con le armi. Il Fronte passa dalla guerriglia contro gli spagnoli, a quella contro i marocchini. Nel 1991 grazie all’intervento dell’ONU e della sua missione di pace, le parti giungono a un accordo di cessate il fuoco, che prevedeva un referendum che non si è mai tenuto. Così le tensioni tra Rabat e il movimento separatista, non sono mai effettivamente cessate.
Le rivalita tra Marocco e Iran, sono sempre state accese. Avevano raggiunto il loro clue nel 2009 quando Rabat, per protestare contro l’interferenza iraniana nel Bahrain, con popolazione sciita ma governato da un’élite sunnita, aveva interrotto le relazioni diplomatiche con Teheran. I rapporti erano poi stati ripresi nel 2014, ma sempre nel reciproco sospetto, soprattutto per l’atteggiamento marocchino in chiaro supporto al governo dell’Arabia Saudita a guida sunnita e storico rivale dell’etnia sciita e della teocrazia degli ayatollah, che, dopo aver deposto lo scià di Persia, Reza Phalavi, governa saldamente l’Iran.
Le accuse lanciate da Rabat contro l’Iran sono gravi. Secondo le stesse Teheran avrebbe fornito, al Fronte Polisario, un nutrito numero di missili terra-aria, SAM9, SAM11 e STRELA. “Ma il fatto più intollerabile – sostiene il ministro Bourita – è che l’Iran si è servito della sua ambasciata ad Algeri, per inviare armi e istruttori nei campi degli Hezbollah in Libano, dove vengono addestrati i terroristi del Polisario”. Come prima ritorsione nei confronti di Teheran, il governo marocchino ha già espulso un alto funzionario dell’ambasciata iraniana a Rabat.
Curioso è però il fatto che il Fronte Polisario, definito da Rabat “organizzazione terroristica”, ha però ottenuto il riconoscimento della sua “Repubblica Araba Sahrawi Democratica” , che rivendica la sovranità sul territorio dell’ex Sahara Spagnolo, da parte di ben 76 Stati, soprattutto africani e sudamericani. L’ONU, pur non riconoscendo questa entità statuale, ha però riconosciuto il diritto all’autodeterminazione dei sahrawi. Tutto questo ha creato una situazione confusa e contradditoria anche a livello internazionale.
Occupato inizialmente dai fenici, fin dall’ottavo secolo avanti Cristo, il Marocco è stato terra di conquista per molte altre civiltà guerriere: cartaginesi, romani, vandali, bizantini e infine arabi che, attraverso sei lunghe dinastie, vi hanno introdotto la religione islamica, finché, nel 18° secolo è iniziata l’occupazione francese e spagnola che si è protratta fino al 1956. Tuttavia, malgrado l’avvicendarsi di tutte queste diverse culture, il Marocco ha sempre mantenuto intatta la propria connotazione berbera, nei costumi e nella lingua che è diversa sia dall’arabo sia dal farsì parlato in Iran.
Sotto la monarchia costituzionale di Mohamed IV, sul trono dal 1999, il Marocco, pur osservando in gran prevalenza la religione islamica, ha mantenuto una politica sociale laica, priva delle severe restrizioni riscontrabili in altri Paesi musulmani, insieme a un orientamento filo-occidentale, improntato a una certa libertà di opinione e di costumi, cosa che gli viene spesso contestata dalle fasce più radicalizzate della popolazione. Lo sbandamento verso le intemperanze fondamentaliste è severamente controllato e anche, quando occorre, brutalmente represso. Del resto nello scenario dell’Africa mediterranea, travolta da guerre civili e colpi di Stato, è comprensibile che il Marocco non voglia mettere a rischio la stabilità raggiunta.
Per un Paese di 33 milioni di abitanti, che rispetto al resto del mondo islamico, ha faticosamente raggiunto invidiabili risultati sociali ed economici, è comprensibile che il tentativo destabilizzante originato dall’interferenza iraniana, crei viva preoccupazione. L’industria, il turismo e l’agricoltura hanno un più che apprezzabile trend di crescita costante. L’analfabetismo si è ridotto al 27 per cento ed è sempre in diminuzione. L’istruzione è obbligatoria fino ai 13 anni. Il sistema di assistenza sanitaria, pur se non ai livelli occidentali, è largamente accettabile e infine le donne, che in molta parte del mondo islamico sono ancora private dei fondamentali diritti, in Marocco sono invece protette e tutelate dalla legge.
Franco Nofori
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