Cornelia I. Toelgyes
Quratu Sant’Elena, 27 aprile 2018
L’ONU denuncia con grande preoccupazione la sparizione in Sud Sudan di dieci operatori umanitari, probabilmente rapiti anche se non si sa da chi. Il convoglio era partito mercoledì mattina all’alba da Yei verso Tore per un sopralluogo, indirizzato a una valutazione precisa delle necessità umanitarie della zona.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA) in un comunicato ha precisato che non si hanno notizie del gruppo: non si sa dove siano finiti, né quali siano le loro condizioni e se sono ancora vivi. Ad ogni buon conto, Alain Noudehou, coordinatore di OCHA nel Sud Sudan, ha chiesto la loro liberazione immediata.
I dieci operatori scomparsi sono tutti di nazionalità sud sudanese: uno di loro è un impiegato di OCHA, due lavorano per l’UNICEF, un quarto per la ONG sud-sudanese per lo Sviluppo (SSDO), due sono di ACROSS, altri tre della ONG Plan international e il decimo per Action Africa Help (AAH).
Noudehou condanna fermamente l’attacco contro i suoi colleghi, impegnati in Central Equatoria nella valutazione delle necessità urgenti e chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto del Sud Sudan la messa in sicurezza delle vie d’accesso per portare aiuti alla popolazione.
Lem Paul Gabriel, vice portavoce del gruppo ribelle Sudan People’s Liberation Movement-in-Opposition (SPLM-IO), il maggiore partito all’opposizione, ha fatto sapere giovedì che è stata aperta un’indagine per capire cosa sia successo e ha precisato: “Stiamo cercando di capire. Noi controlliamo questo territorio, ma non possiamo escludere la presenza di altri gruppi armati. Il rapporto del comandante responsabile delle investigazioni, dovrebbe essere pronto tra qualche ora”.
In aprile è il secondo incidente che vede coinvolti operatori umanitari in Sud Sudan. Il terzo in sei mesi. All’inizio di questa settimana la Croce Rossa Internazionale dopo un attacco a un suo campo a Leer ha interrotto i propri interventi . Tutto il personale è stato evacuato a Juba, la capitale del più giovane di tutti gli Stati. Mentre una decina di giorni fa sono stati liberati sette operatori umanitari arrestati in Central Equatoria: erano accusati di essere spie del governo.
In passato ci sono stati molti altri rapimenti(https://www.africa-express.info/2016/11/14/rapiti-sud-sudan-venti-operatori-umanitari-stranieri/). Nel Sud Sudan non si ammazza solo la popolazione civile, anche giornalisti e operatori umanitari, sono oltre ottanta impiegati di ONG che hanno perso la vita dall’inizio del conflitto.
L’attuale situazione nel Sud Sudan è il risultato di una guerra civile iniziata ormai più di quattro anni fa: il presidente Salva Kiir Mayardit, di etnia dinka, aveva accusato il suo vice Riek Marchar, un nuer, di aver complottato contro di lui, tentando un colpo di Stato. Da allora sono iniziati i combattimenti tra le forze governative e quelle fedeli a Machar. I primi scontri si sono verificati il 15 dicembre 2013 nelle strade di Juba, la capitale del Paese, ma ben presto hanno raggiunto anche Bor e Bentiu. Vecchi rancori politici ed etnici mai risolti, non fanno che alimentare questo conflitto.
Da anni si susseguono inconcludenti dialoghi di pace, anche ieri il team di mediatori dell’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (IGAD), un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai paesi del Corno d’Africa, fondata nel 1986, ha rinviato a metà maggio il prossimo incontro per forti divergenze sorte nuovamente tra le parti.
All’inizio della settimana il presidente Kiir ha respinto la richiesta di alcuni gruppi dell’opposizione di rassegnare le dimissioni nell’ambito dell’acordo di pace.
Mentre i politici e mediatori litigano per la pace, la popolazione continua a morire di fame, di stenti, di pallottole. I diritti umani sono praticamente inesistenti e anche l’apposita commissione delle Nazione unite ha più volte sottolineato come in Sud Sudan venga colpita la popolazione civile a seconda della sua origine etnica.
Dall’inizio del conflitto ad oggi sono state uccise migliaia di persone, comprese donne e bambini. Oltre quattro milioni hanno dovuto abbandonare le loro case, due milioni hanno cercato protezione nei Paesi limitrofi, un milione e più si sono rifugiati nel vicino Uganda. Oltre un terzo dell’intera popolazione – 4,8 milioni di abitanti – necessita di assistenza umanitaria. La siccità non ha certamente contribuito a migliorare la già precaria situazione alimentare. Il nuovo sequestro non colpisce solamente gli operatori umanitari rapiti, ma anche la popolazione che con questo gesto viene privata di cibo. La fame diventata ormai da tempo un’arma micidiale.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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