AFRICA

Pechino all’assalto dell’Africa: dopo Zambia e Zimbabwe altra università cinese in Tanzania

Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 26 aprile 2018

La filosofia confuciana lascia la sua terra d’origine e diventa anche patrimonio culturale delle nuove generazioni tanzaniane. I lavori per la costruzione di due strutture universitarie, nella capitale economica Dar Es Salaam, sono già in avanzato stato di realizzazione e si stima saranno completate entro il prossimo giugno. Subito dopo arriverà nel Paese uno stuolo di docenti cinesi che insegneranno ai giovani africani la cultura, la storia, la letteratura e la lingua del rampante colosso asiatico. Gli analoghi esperimenti già realizzati con successo in Zambia e Zimbabwe hanno convinto gli strateghi orientali che per ottenere una colonizzazione che risponda alla necessità di esercitare un totale dominio in terra d’Africa, non possono limitarsi a investire, in infrastrutture, ma – sull’esempio del celebre libretto del loro leader ideologo, Mao Tse Tung – devono anche plasmare le menti grezze degli africani al modus operandi dei nuovi conquistatori.

Bimbi tanzaniani sventolano bandierine cinesi di benvenuto al presidente Xi Jinping

Una delle due strutture in corso di realizzazione diventerà un’enorme biblioteca per la quale la Cina ha speso oltre 40 milioni di euro. L’altra sarà destinata all’università vera e propria cui è stato dato il nome di “Confucian University”. Il progetto è stato finanziato e gestito dalla società “Hanban”, controllata del Ministero per l’Istruzione di Pechino. Dall’inizio del 2000, la Cina ha già realizzato oltre 500 di queste università in 140 paesi esteri. 40 di queste nel continente africano. Dai duemila iniziali, gli studenti africani che ora studiano la lingua e la cultura cinesi, sono arrivati a sfiorare i cinquantamila. A inaugurare la posa della prima pietra del complesso di studi sorto a Dar es Salaam è stato il puritano (e bacchettone) presidente tanzaniano John Magufili che si è mostrato grato ed entusiasta dell’iniziativa, sentimenti, però, scarsamente condivisi dal suo popolo.

L’inaugurazione del nuovo complesso universitario cinese di Dar es Salaam in Tanzania

Gli operai africani che lavorano per le imprese cinesi, sono sottopagati e quasi sempre senza contratto e tra qualche anno – visto che la lingua inglese è poco diffusa tra i cinesi – chi vorrà lavorare per loro dovrà anche passare attraverso una severa selezione in cui, tra le altre attitudini, verrà anche valutato il grado di conoscenza della lingua e della cultura degli arroganti datori di lavoro. Secondo un recente rapporto della Human Right Watch, i cittadini africani che lavorano nelle miniere per le società cinesi di estrazione, operano in condizioni disumane per la mancanza di qualsiasi tipo di protezione e senza neppure sistemi di ventilazione (https://www.africa-express.info/2018/04/23/attivita-mineraria-cinese-distrugge-la-vita-dei-pescatori-nel-nord-del-mozambico/). Condizioni, queste, che fanno diffondere tra le maestranze di colore, gravi patologie polmonari. Del resto la disinvoltura cinese, circa la salute del proprio personale, non deve sorprendere troppo visto che le città più inquinate del mondo sono quelle cinesi dove si respira costantemente il venefico ossido di carbonio.

La distribuzione degli investimenti cinesi in Africa

L’enorme disoccupazione di cui soffre il continente africano, spinge le sue genti ad accettare qualsiasi lavoro. Fino ad ora la “preda” africana, è costata al gigante asiatico, oltre 200 miliardi di euro in investimenti, non certo effettuati per filantropia. Del resto, la spinta di 500 milioni di cinesi che vivono sotto la soglia di povertà, costringe il loro governo a non farsi distrarre da troppe quisquiglie umanitarie e – benché sul piano morale sia amaro doverlo ammettere – la sua spregiudicatezza e la sua audacia, finora gli hanno dato ragione e l’hanno reso indiscutibilmente vincente.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@Franco.Kronos1

Redazione Africa ExPress

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