Sandro Pintus
Firenze, 18 aprile 2018
“È una leggenda metropolitana”, ha affermato l’ex presidente-dittatore Robert Mugabe riguardo alla sparizione di 15 miliardi di dollari USA di introiti provenienti dai diamanti.
Il Comitato dei legislatori dello Zimbabwe però vuole saperne di più e ha deciso di sentire cosa racconta su questo tesoro svanito nel nulla. Eppure, nel febbraio 2016, alle celebrazioni per il suo noventaduesimo compleanno, alla tv di stato ZBC egli stesso aveva lanciato pubblicamente l’accusa dicendo che nelle casse dello stato erano entrati solo due miliardi di dollari.
La causa era la corruzione e lo sfruttamento incontrollato dei giacimenti di diamanti. E aveva lanciato una pesante accusa: “Le società minerarie ci hanno praticamente derubato della nostra ricchezza”. La commissione parlamentare che sta indagando sul saccheggio di diamanti della miniera di Marange – giacimento a 400km a sud-est dalla capitale Harare – ha interrogato diversi alti funzionari e subito dopo è arrivata la smentita dell’ex dittatore.
Al quotidiano Zimbabwe Independent ha dichiarato che l’informazione sulla sparizione dei 15 miliardi di dollari gli era stata data da qualche funzionario governativo all’epoca ma in realtà non era mai stata confermata.
Mugabe viene però smentito da un rapporto dell’ong britannica Global Witness, pubblicato lo scorso 11 settembre. Con il titolo “An inside job. Zimbabwe: the state, the security forces, and a decade of disappearing diamonds” (Un affare interno. Lo stato, le forze di sicurezza e un decennio di diamanti scomparsi) mette a fuoco come l’entourage di Mugabe – con la complicità dei servizi di intelligence – si sia appropriato di parte degli introiti provenienti dai diamanti.
L’ONG accusa il regime dell’ex presidente di aver utilizzato i fondi provenienti dalle pietre preziose per finanziare le sue campagne elettorali ed eliminare l’opposizione politica. Ma va oltre: afferma di aver scoperto nuove prove che rivelano come la Central Intelligence Organization (servizi segreti dello Zimbabwe), i militari, contrabbandieri ed elite politiche hanno acquisito il controllo o la proprietà di società che operano nei campi di diamanti dell’ex Rhodesia.
Secondo Global Witness nelle joint venture che operano a Marange ci sono una serie di legami tra i servizi di intelligence dello Zimbabwe, l’esercito e le società minerarie che hanno la concessione per l’estrazione di diamanti: Kusena Diamonds, Anjin Investments, Jinan Mining. Attraverso questi collegamenti, il CIO e i militari dell’ex colonia britannica si sono assicurati una fonte di lucro ad alto potenziale fuori bilancio.
Nel 2008 a Marange ci fu una carneficina: 200 minatori privati vennero uccisi dalla polizia e allo Zimbabwe venne imposto l’embargo sulla vendita dei diamanti per gravi violazioni dei diritti umani. Nonostante il divieto, le pietre preziose hanno continuato ad essere scambiate liberamente sui mercati internazionali, soprattutto ad Anversa, in Belgio con il sigillo di approvazione del Kimberley Process.
A questo punto, viste le implicazioni con gli apparati del potere, bisogna vedere quanto e a chi conviene scoprire il coperchio della pentola che potrebbe causare una potente esplosione a livello istituzionale.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin
Crediti foto:
– Diamante
Di StrangerThanKindness – Opera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento
-Robert Mugabe
Di Tech. Sgt. Jeremy Lock (USAF) – dodmedia.osd.mil, Pubblico dominio, Collegamento
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