Franco Nofori
Mombasa, 18 aprile 2018
Si tratta del ventottenne e popolare cantante Nassib Abdul (in arte “Diamond Platnumz”) con oltre quattro milioni di fans e di una sua collega Faustina Charles (in arte Nandy) arrestati ieri per essersi fatti ritrarre in atteggiamenti definiti osceni e aver quindi postato le foto su instagram e wathsapp. Nelle immagini, Nassib sta baciando una ragazza diversa dalla sua compagna Zari Hassan, mentre Faustina appare in una posa ritenuta “indecente”, dai pubblici censori, con un musicista del suo gruppo. I due, cui erano stati sequestrati i cellulari, sono stati rilasciati poche ore dopo su cauzione e dovranno ora rispondere dei loro “crimini” davanti ai giudici della corte penale dove rischiano una multa di circa duemilacinquecento euro, oltre a un minimo di dodici mesi di carcere.
Verso la metà degli anni novanta, finita l’era conservazionista di Nyerere, la Tanzania, sotto la spinta del nuovo presidente, Benjamin Mkapa, pareva essersi costituita come una nuova destinazione degli investimenti occidentali. Non furono pochi gli imprenditori keniani – soprattutto di origine europea – che decisero di trasferirvi, in tutto o in parte, le proprie attività. Era una prospettiva di rinascita che, insieme alla nuova Uganda di Yoweri Museveni, vedeva i due Paesi africani uscire da un tetro periodo di autarchia, povertà e sopraffazione.
Ma la Tanzania di oggi sembra proprio aver perso quella benefica spinta iniziale. Non solo per quanto concerne il suo progresso economico, ma anche per il rispetto dei diritti umani e delle fondamentali libertà di espressione. Le nuove norme emanate il marzo scorso sull’uso di internet, hanno assoggettato il Paese a una sorta di moderna inquisizione che punisce e mette rigorosamente all’indice ogni opera che, a giudizio dell’élite al potere non si allinei, alla nomenclatura di Stato.
In esecuzione a quelle norme, i blog e tutti i sottoscrittori dei vari forum e social network, dovranno registrarsi presso un apposito ufficio governativo e pagare una tassa di accesso di quasi novecento euro, oltre a imposizioni annuali variegate a seconda dello specifico utilizzo del web. Ma la questione più problematica è che dovranno assoggettarsi alle rigide limitazioni imposte dall’ente di controllo il quale ha disposto che non saranno tollerati contenuti che offendano la morale, con esposizione di nudi, atti sessuali o espliciti atteggiamenti che li richiamino, argomenti che trattino temi omosessuali o che siano comunque contrari alla cultura del Paese, compresa la violenza, il linguaggio scurrile e le affermazioni irrispettose nei confronti del presidente John Magufuli e del suo “Partito Rivoluzionario” di appartenenza.
In un Paese povero come la Tanzania, basterebbero i soli balzelli fiscali per ridurre drasticamente l’accesso a internet di gran parte della popolazione, ma oltre al costo, al controllo e alle limitazioni imposte agli operatori della rete, il governo si è anche riservato il diritto di scrutinare i media affinché non diffondano notizie che – a insindacabile giudizio dell’autorità preposta – siano giudicate lesive alla sicurezza nazionale. Tra il 2015 e il 2016 (fonte Reuters) almeno quattordici cittadini tanzaniani sono stati arrestati per aver “insultato” il presidente sui social media. Tutto questo grazie al fatto che la Costituzione della Tanzania consente la libertà di parlare, ma pone i media sotto il controllo e le restrizioni decise dal governo.
Questa inarrestabile escalation verso la soppressione delle libertà individuali, mostra che, in luogo di procedere verso l’emancipazione e l’ammodernamento delle relazioni sociali, ancora troppi paesi africani scelgono il percorso inverso. Trionfano il tribalismo, le superstizioni e il feudale esercizio del potere, mentre i popoli soggiogati dall’ignoranza, dall’impotenza e dalla paura, finiscono di essere sempre meno cittadini e sempre di più sudditi.
Franco Nofori
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