Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 16 aprile 2018
Il governo zambiano continua a spendere e a spandere e finora non esiste un piano concreto per dare un taglio a questo sperpero. Contemporaneamente i debiti crescono a dismisura.
Il Fondo Monetario Internazionale ha chiesto chiarimenti a Lusaka, perché si teme una crisi economica e valutaria. Per uscire dall’attuale problematica congiuntura economica, Edgar Lungu, presidente dello Zambia, aveva avviato le trattative con il FMI per beneficiare di un programma di assistenza finanziaria. Lo scorso febbraio il Fondo ha rigettato il piano di gestione del debito proposto dal governo africano.
Questa risposta negativa ha ovviamente generato una certa inquietudine sui mercati finanziari, visto che il Paese non ha onorato alcuni suoi debiti già giunti a termine e molti analisti ritengono che questo contesto presenti alcune similitudini con ciò che è accaduto in Mozambico nel 2016.
Ufficialmente il debito pubblico del Paese a fine agosto 2017 era di 12,45 miliardi di dollari, ossia il quarantasette per cento del prodotto interno lordo. Ma attenzione, non bisogna confondere il debito pubblico con il debito estero, che riflette impegni presi in valuta del settore privato e pubblico e deve essere onorato con entrate in valuta estera.
Ci sono forti sospetti che Lusaka abbia contratto un debito nascosto; finora non ci sono ancora le prove, ma secondo alcuni dati svelati ultimamente dal governo zambiano, il debito estero potrebbe essere il doppio di quello ufficiale, ha rivelato l’agenzia di informazioni economiche ECOFIN.
Secondo Gregory Smith, incaricato della strategia in materia di debiti sovrani presso la Renaissance Capital (una banca di investimento specializzata in mercati di frontiera fondata in Russia nel 1995), invece non ci sono prove sufficienti che Lusaka abbia contratto debiti nascosti. Dal canto suo Peter Attard Montalto, responsabile per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa presso Nomura International (una multinazionale giapponese di servizi finanziari, gestione finanziaria con sede nel distretto di Nihombashi a Tokyo), ritiene sia possibile che il Paese si trovi in difficoltà proprio a causa di prestiti contratti non rivelati.
Lo Zambia, pur essendo il secondo produttore di rame al livello mondiale, ha abusato dell’indebitamento per sostenere i suoi progetti di infrastrutture. Il suo debito estero è letteramente esploso in questi ultimi anni, passando da due miliardi di dollari nel 2011 a 8,7 a fine 2017.
Gli investimenti potrebbero anche generare profitti in futuro, ma i debiti rischiano di danneggiare fortemente e in modo duraturo le finanze pubbliche.
Infine, messo alle strette, il governo è ora costretto a rivedere i piani di rimborso del debito contratto con la Cina, idem per il prestito di tre miliardi di dollari tramite gli eurobond tra il 2012 e il 2015.
Il settanta per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, tra loro oltre il quaranta per cento è in stato di indigenza estrema. Lo stipendio medio annuale pro capite si aggira sui 395 dollari.
L’aspettativa di vita dei zambiani è piuttosto bassa. Si colloca sui 49 anni, a causa dell’infezione da HIV / AIDS, che nel Paese assume risvoltii drammatici. Si stima che oltre il 12,9 per cento la popolazione adulta tra i 15 e i 49 anni ne sia colpita.
Eppure fino a non molti anni fa lo Zambia era considerato uno dei Paesi africani emergenti dal punto di vista economico. Con la caduta del prezzo del rame, le sue entrate si sono ridotte notevolmente. La chiusure di diverse miniere ha prodotto migliaia di disoccupati. La siccità e la carenza nell’ approvvigionamento di corrente elettrica hanno avuto un ulteriore grave impatto negativo sull’economia.
Cornelia i. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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