Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 10 aprile 2018
Secondo l’ultimo rapporto dell’ONU, l’anno scorso, solo nella Repubblica Democratica del Congo, sono state stuprate 15 mila donne. Poco meno di due ogni ora. Ma la cosa più sconvolgente è che si è trattato in gran parte di bambine. Se si rapporta questo dato all’intero continente africano, i casi di questo triste fenomeno si contano in svariate centinaia di migliaia. Donne costrette con la forza a sottostare alla volontà del maschio. Donne oggetto, trattate come semplici strumenti di piacere. Donne che, dopo l’intollerabile oltraggio subito, vengono anche ripudiate dalle famiglie ed escluse dalle comunità cui appartengono.
Alcune di loro, partoriranno i figli degli stupratori e resteranno sole a doversene prendere cura. Se si tratta di adolescenti, ancora in età scolare, saranno spesso cacciate dalla scuola perché non forniscano un “cattivo esempio” alle compagne. Infine, per poter sopravvivere insieme alle proprie creature, non avranno altra alternativa che prostituirsi. Ma se nel tempo, a seguito di questa sventurata scelta, si troveranno a vivere in condizioni un po’ più agiate, ecco che allora le famiglie – ora non più bacchettone – si faranno vive per appellarsi alla solidarietà di quelle figlie un tempo ripudiate: una mucca da comprare, un tetto che fa acqua, un fratello più giovane da sostenere negli studi…
L’ipocrisia è purtroppo imperante nella società africana. Uno smisurato perbenismo di facciata impone regole severissime contro la fornicazione e la lascivia in genere, benché si tratti di regole che sono largamente trasgredite nei fatti, ma l’importante è sempre che non se ne parli. Il silenzio, in Africa, è la panacea per tutti i mali, tanto quanto lo era nel medioevo europeo, dove un qualsiasi modesto signorotto, poteva dare tranquillo sfogo alla propria libidine, certo di averne l’indiscusso diritto e l’assoluta impunità, salvo poi far mettere al rogo quelle donne – perversi strumenti di satana – che mettevano in tentazione i probi cittadini del regno, mentre nei monasteri, monaci e suore votati alla castità, si abbandonavano ai più fantasiosi atti di lussuria.
Le giovani donne dello Swaziland hanno recentemente inscenato una serie di proteste contro l’intenzione di oscurare i video delle loro danze tradizionali nelle quali si esibivano a seno nudo. “E’ un oltraggio alla nostra cultura”, riportavano i cartelli orgogliosamente esibiti alle telecamere. Nessuna minaccia all’orgoglio, però, che la loro verginità fosse pubblicamente accertata in modo da potersi presentare, nella cerimonia annuale, davanti al panciuto sovrano, Mswati III, che, placidamente seduto sul trono, ne sceglie una, come al mercato del bestiame, concedendole l’onore di accedere all’ambito talamo reale. Che importa se la minuscola popolazione dello Swaziland è ridotta alla miseria e presenta la più alta percentuale al mondo dell’infezione HIV? L’importante è salvare, sempre e comunque, i costumi e le tradizioni della propria terra.
Sembra che alcune famiglie, desiderose di far partecipare la propria figlia alla selezione reale, la tengano segregata in casa fino all’età prevista in modo che mantenga intatta la propria verginità per il sovrano. Ma il talamo reale, una volta raggiunto, non pare tuttavia essere così stupendo come si poteva ipotizzare, visto che domenica scorsa, la bella Senteni Masango, ottava moglie di Mswati III, afflitta da una grave forma di depressione, si è tolta la vita con un eccesso di barbiturici. Perdita, questa, non poi troppo grave per il re che invece delle ventisette mogli acquisite, dovrà – almeno fino al prossimo anno – accontentarsi delle rimanenti ventisei.
Il fatto più bizzarro e sconcertante – almeno tra quelli rilevati più recentemente – sembra però quello avvenuto in Tanzania a seguito di una singolare scommessa tra due fratelli; Amani Stanley e Shilla Tony, rispettivamente tifosi del Manchester City e del Manchester United. I due, non disponendo di denaro contante, decidevano di offrire come posta per la scommessa le rispettive mogli, da cedere al vincitore per un’intera settimana di libero “utilizzo”. L’accordo veniva anche messo per iscritto alla presenza di due testimoni che lo confermavano sottoscrivendolo a loro volta. La partita tra le due squadre, tenutasi sabato scorso, si è conclusa con la vittoria della squadra ospite, il Manchester United. In ossequio all’accordo concluso, Amani Stanley, sarà ora tenuto a cedere la propria moglie al fratello. Il sito Nairobinews, che ha diffuso l’incredibile notizia, afferma di non averla potuta verificare, ma è stato in grado di pubblicare l’accordo autografo sottoscritto dalle parti. Accordo che anche noi riportiamo in questa pagina.
Forse questo episodio è vero o forse no. Sta comunque a indicare con quale disinvoltura si possa disporre della donna in Africa, senza alcun riguardo per la sua volontà. Ma le parole che meglio esprimono questa condizione sono quelle scritte da Giorgio Torelli in una lettera indirizzata all’amico Luca Goldoni. Ecco cosa diceva: “Guardavo le donne africane con avido occhio latino. E come mi seducevano! Flessuose, altere, un lampo degli occhi bianchissimi e quell’incedere con il molleggio dei fianchi, le giare sulla fierezza del capo, le cotonate come mantelli biblici… E quanto ci ho messo per capire definitivamente che la donna africana è una vittima totale davanti al mondo perché s’ammazza di fatica, si schianta di zappa in mezzo alla penuria del mais mentre regge una creatura mocciosa sul dorso, attinge acqua al fiume più remoto, fa legna sotto lo scudiscio barbaresco del sole, partorisce sulla stuoia e si dissangua. E ancora: quella donna subisce il maschio che non intende ragione e la monta come un caprone irrefrenabile, viene torturata da bambina, le tagliano e cuciono il sesso, deve sempre tacere, il suo ruolo e la soma”.
Franco Nofori
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