Franco Nofori
Mombasa, 28 marzo 2017
Nella cittadina di Munyonyno – grosso sobborgo di Kampala, nel sud dell’Uganda – il locale Tempio dei Martiri della Fede, ha reclutato un sacerdote bianco, di origine polacca, per rappresentare il Gesù a dorso di un asino durante la celebrazione della Domenica delle Palme. La cosa ha provocato accese reazioni sia da parte dei media locali che della popolazione, che ha mostrato di non averla gradita.
La scelta di far rappresentare il Dio dei cristiani da un uomo di pelle bianca è stata definita come la volontà di riaffermare l’inferiorità degli africani nei confronti dei bianchi. “Perché dev’essere un uomo bianco a rappresentare Gesù, nel nostro paese? – si è chiesto Vincent Johnson, nel suo commento su un giornale locale – Aspiriamo forse a una nuova era coloniale?” Le foto che mostrano il sacerdote polacco, paludato da Gesù Cristo, che avanza in mezzo all’esultanza dei fedeli ugandesi, ha anche indispettito un altro lettore, Damulira William, che ha scritto: “Stupidi africani! Pensano che tutto ciò che è buono e bello debba per forza essere bianco!”
In effetti la scelta dei religiosi del Tempio di Munyonyo è stata piuttosto infelice. E’ vero che il cristianesimo era stato esportato nel mondo dalle legioni romane sotto la guida dell’imperatore Costantino nel 306 d.C. mentre un gran numero dei suoi predecessori si era invece ferocemente dedicato alla persecuzione dei seguaci di tale fede, ma è altrettanto vero che il figlio di Dio fatto uomo, era nato in Giudea e non poteva quindi essere né bianco né nero, ma doveva per forza avere tratti mediorientali.
La sede universale del cristianesimo è Roma, città da cui il proselitismo ha avuto origine e questo rende anche comprensibile che i primi proseliti fossero di razza bianca e tendessero quindi a rappresentare Gesù con sembianze simili alle proprie. Compromesso, questo, piuttosto fragile, giacché Dio – uno e trino – non è composto da materia, ma solo da Spirito e la raffigurazione di Gesù Cristo (Dio fatto uomo) non è altro che un simulacro di questo Spirito – sostengono i fedeli – il quale ha adottato le vesti e i modi dell’epoca in cui aveva deciso di dar luogo alla sua temporanea incarnazione.
Forse, malgrado le conflittualità originate dalle ali integraliste, sembra più giusta la regola islamica che rinuncia alla raffigurazione grafica di Allah: uno Spirito Divino non ha forma umana e quindi non può essere raffigurato in alcun modo. L’occidente, invece, presentò Gesù Cristo al mondo, più spesso come un giovane bello e aitante, con una lunga chioma bionda e gli occhi d’intenso azzurro. Un Dio assolutamente bianco, di chiare fattezze centroeuropee, che ben poco aveva a che fare con le razze asiatiche e africane.
Perché, allora, un Dio con un simile aspetto – radicalmente diverso dal loro – fu così rapidamente accettato dagli africani? Al tempo dei primi contatti con gli esploratori bianchi, le tribù africane erano di fede animista e veneravano un largo spettro di divinità, attribuendo a ciascuna di loro determinati poteri. I loro riti e i loro sacrifici erano attuati per compiacere tali divinità e ingraziarsene i favori, sottraendosi così ai terribili effetti della loro ira.
Lo strano uomo pallido che era piovuto nella loro terra, da un luogo lontano e sconosciuto, era dotato di poteri straordinari: aveva un lungo bastone che produceva lo strepito di un tuono e un fuoco capace di uccidere a grande distanza; si spostava su strane buffe case viaggianti che, con uno strepito terrorizzante, si muovevano da sole, senza l’ausilio di asini o buoi che le trainassero; aveva bottigliette contenenti liquidi miracolosi che in un istante guarivano anche le malattie più resistenti; aveva strumenti che marcavano il tempo, prevedendo la pioggia e la siccità… Il dio bianco doveva quindi essere di gran lunga più potente di quelli in cui loro credevano e sarebbe stato da stolti non venerarlo.
Se questa è stata l’originaria motivazione che aveva spinto le tribù africane ad abbracciare il cristianesimo, l’ingresso nella loro terra della cultura e della tecnologia europee, ingresso che risale ormai a quasi due secoli, ha anche inevitabilmente portato alla crescente alfabetizzazione e all’educazione scolare. Per cui, a molti degli africani di oggi – certamente più colti ed evoluti dei loro antenati di cultura tribale – l’immagine di questo dio dalle fattezze ariane, crea un certo disturbo perché sembrerebbe voler sancire la loro inferiorità rispetto all’etnia bianca. E le animose reazioni al Gesù polacco di Munyonyno, ne sono la migliore evidenza.
Franco Nofori
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