Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 17 marzo 2018
Ieri mattina si sono riuniti a Niamey, la capitale del Niger, il nostro ministro degli Interni e il direttore generale per gli Italiani all’estero e le politiche migratorie del ministero degli Esteri, Luigi Maria Vignali insieme ai ministri degli Interni e degli Esteri di Germania, Spagna, Francia, Guinea, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Senegal, Mali, Libia, Mauritania, Niger, Ciad, UE e rappresentanti delle Nazioni Unite, della Commissione dell’Unione Africana, del G5 Sahel e della Comunità degli Stati sahelo-sahariani (CENSAD). Tutto l’incontro era naturalmente improntato sul flusso migratorio, l’adozione di una linea comune da perseguire per contrastare tale fenomeno.
Da un lato i rappresentanti di quattro Paesi dell’UE – Italia, Francia, Germania e Spagna – che esigono un maggiore controllo delle frontiere e dall’altro i ministri di nove Stati africani che tentano di trovare una soluzione alla crisi migratoria adeguata alla loro realtà.
Le riunioni tra le parti si susseguono senza sosta e le misure adottate finora non dissuadono le partenze dei disgraziati, oppressi dalla fame e da governi tirannici. https://www.africa-express.info/2017/07/16/alleanza-per-il-sahel-un-tentativo-di-parigi-e-berlino-per-rilanciare-lo-sviluppo-africa/.
Il Niger, da un lato Paese di transito e dall’altro di partenza dei migranti (https://www.africa-express.info/2017/02/03/il-risultato-dellaccordo-con-il-niger-sui-migranti-aumentati-prezzi-della-traversata-verso-leuropa/) da tempo applica una legge severa contro i trafficanti, arrestando tutti i sospettati, sequestrando le loro vetture e quant’altro. Se questa strategia ha portato dei frutti, sta mettendo in grave pericolo coloro che fuggono dal proprio Paese. I mercanti di uomini hanno aumentato i prezzi del viaggio con la scusa che diventa sempre più difficile trovare nuovi itinerari per evitare i controlli, riempendo le loro tasche a spese dei poveracci. Le nuove vie di fuga sono diventate ancora più pericolose, perchè spesso si viaggia solo di notte su piste e sentieri quasi impraticabili e non di rado i disperati muoiono già prima di raggiungere la Libia, ma non viene uccisa la speranza di una vita migliore.
A Niamey i convenuti al tavolo delle trattative hanno deciso in comune accordo queste nuove linee:
Il meeting ha permesso di identificare dei punti d’azione comuni per arginare il flusso migratorio. Un nuovo incontro è previsto per il prossimo giugno a Kigali, la capitale del Ruanda, a margine di una riunione straordinaria dell’Unione Africana.
Durante la giornata di ieri i rappresentanti della Libia hanno mostrato un elenco con ben duecentocinque nomi di trafficanti nazionali e stranieri, contro i quali sono stati spiccati i relativi mandati d’arresto pochi giorni fa. Nella lista figurano personaggi importanti, come alti funzionari di ambasciate africane in Libia, membri dell’organismo statale per la lotta contro la migrazione clandestina nella nostra ex colonia, addetti alla sicurezza e responsabili di campi di detenzione per migranti e altre figure di spicco insospettabili.
Al di là di questo, Al-Siddik al-Sour, capo dell’ufficio investigativo della procura di Tripoli, ha evidenziato che esiste un legame tra il traffico di migranti e i jihadisti dello stato islamico. Al-Sour ha fatto anche il nome di due fratelli, Moussa et Ahmad Diab, a capo di una grossa organizzazione di mercanti di esseri umani a Beni Walid, situata nell’interno della Tripolitania a circa 150 km a sud-est di Tripoli. “Queste indagini sono state svolte in collaborazione con la procura italiana”, ha sottolineato il rappresentante libico. Sembra che i guadagni illeciti dei due criminali siano ben custoditi in banche maltesi, conti correnti che presto saranno congelati, a detta di Al-Sour. Chissà se, almeno in parte, questi soldi saranno restituiti alle famiglie dei poveracci, che magari hanno anche perso la vita durante la detenzione o durante la traversata nel Canale di Sicilia.
Mentre era in corso il vertice, altri infelici hanno rischiato di annegare o di essere riportati a Tripoli dalla Guardia costiera libica. Il 15 marzo il coordinamento dei salvataggi in acque internazionali era stato affidato a loro, visto che sono già in possesso di quattro imbarcazioni consegnate dal nostro governo al presidente libico Fayez al-Sarraj la scorsa primavera e diverse unità dei loro marinai hanno goduto di addestramenti ai quali ha dato un importante contribuito anche l’Italia (https://www.africa-express.info/2016/10/29/al-via-laddestramento-della-guardia-costiera-libica importante-ruolo-dellitalia/).
Due giorni fa si sono create forte tensioni tra la ONG spagnola Proactiva Open Arms, impegnata nelle operazioni di soccorso e la guardia costiera libica, che avrebbe addirittura minacciato l’equipaggio. In seguito la nave della ONG ha atteso per ore istruzioni dalla nostra Guardia costiera che per voce di Graziano del Rio, ministro delle Infrastrutture ha fatto sapere a Luigi Maconi, che si era interessato per districare la complessa situazione: “Il governo spagnolo deve chiedere a quello italiano la concessione di un porto d’approdo”.
Una procedura inedita, ma confermata anche da Minniti direttamente dal Niger. Una nuova formula per dissuadere gli operatori umanitari di intervenire nei salvataggi. A scapito sempre di poveracci e disperati.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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