Sandro Pintus
Firenze, 15 marzo 2018
La legge del Gambia sulla diffamazione, sedizione e diffusione di fake news viola il diritto di libera espressione. È la sentenza del 14 febbraio scorso della Corte di giustizia africana della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas). La Corte, presieduta dal giudice Chijioke Nwoke, ha anche ordinato al governo della Gambia “di modificare o abrogare le leggi odiose con le quali sono stati incarcerati i querelanti”.
Il governo di Banjul è stato condannato a pagare a quattro giornalisti la somma di sei milioni di dalasi, valuta gambiana, (€ 102.000) “per violazione dei loro diritti umani e sottoponendoli a trattamenti degradanti”. Una sentenza storica secondo Amnesty International. Decisione che mette un punto fermo sulla situazione dei diritti umani e sul diritto alla libertà di espressione nel piccolo Paese africano, enclave anglofona del Senegal.
Il caso nasce nel 2015 quando il Gambia era ancora sotto la presidenza del dittatore Yanya Jammeh, tristemente famoso per aver minacciato di tagliare la testa dei gay che vivono nel paese e per gli arresti arbitrari e le torture agli oppositori e ai giornalisti.
Tre dei quattro reporter dell’ex colonia britannica erano stati costretti ad andare in esilio perché temevano la persecuzione e per paura di danni fisici e mentali, come conseguenza del loro lavoro di giornalisti.
Il danni fatti dal predecessore Jammeh dovrà risolverli Adama Barrow, riuscito ad insediarsi faticosamente alla presidenza nel gennaio 2017 dopo aver vinto le elezioni del 2016. Il dittatore, al potere dal 1994 con un colpo di Stato, si è dimesso solo dopo la minaccia di un intervento militare dell’ Ecowas ma è scappato con la cassa: 12 milioni di euro, l’1 per cento del PIL. Si è rifugiato in Guinea Equatoriale appoggiato dal dittatore Teodoro Obiang Nguema Mbasogo.
L’Ecowas è una Organizzazione internazionale nata nel 1975 e composta da 15 Paesi (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo). Dal 2 dicembre 2004 ha lo status di osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
I Paesi dell’Ecowas hanno firmato due protocolli di non aggressione (1978 e 1990) e un protocollo di assistenza difensiva reciproca (1981) per la costituzione delle forze armate alleate della Comunità (Ecomog). L’Ecomog è intervenuta in operazioni di peacekeeping in Sierra Leone, Guinea Bissau, Liberia e Mali.
Sandro Pintus
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Crediti immagini:
– Mappa Ecowas
Di Carport – File:BlankMap-Africa2.svg, Pubblico dominio, Collegamento
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