AFRICA

Kenya, prima destinazione in Africa per il turismo sessuale femminile

Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 7 marzo 2018

L’organizzazione Mondiale del turismo, l’AMPIA (Associazione Nazionale Italiana Antropologi) e vari altri ricercatori che indagano sul fenomeno del turismo sessuale, si trovano d’accordo: sarebbero oltre 600 mila le donne occidentali che ogni anno partono verso lidi esotici per dare sfogo alle proprie fantasie erotiche. Di queste, 30 mila sarebbero italiane. L’emancipazione femminile, che ha portato le donne a conseguire molti e legittimi traguardi sociali, ha anche spazzato via ogni residua inibizione. Così, ciò che un tempo era esclusivo retaggio maschile, è oggi anche entrato nelle prerogative dell’altro sesso, pronto alle esperienze sessuali con i fusti dalla pelle nera, a volte ricercando l’amore vero, altre volte accontentandosi anche solo del sesso mercificato in fugaci relazioni vacanziere.

A detta degli esperti, i paesi più gettonati, per questo tipo di turismo, sarebbero, nell’ordine, la Giamaica, Kenya, Santo Domingo, Cuba e molti altre zone dell’Africa centrale e del Maghreb. Queste cacciatrici in gonnella, secondo l’americana Deborah Pruitt che sin dal 1995 si è occupata di una specifica ricerca in merito, sono mosse dalla voglia di “rapporti inusuali” verso queste parti del mondo. E’ stato proprio il libro della Pruitt, divenuto un’autorevole icona in questo settore letterario, a coniare le espressioni beach-boy e rent-a-rasta. Le più attive in questa attività sarebbero le signore ultracinquantenni, ma non mancano anche le giovani e le giovanissime se pur in quantità meno significativa. Tutte, secondo gli esperti, sarebbero comunque pronte ad aprire il borsellino per concedersi una nuova emozione anche se mercenaria.

In Kenya, soprattutto sulla costa, l’approccio risulta facilitato grazie ai nerboruti giovanotti – i beach-boy appunto – che calcano i bagnasciuga offrendo, souvenir, safari, servizi taxi e (soprattutto) se stessi. Quindi non c’è neppure l’imbarazzo di andare a cercarli giacché si appiccicano alla turista di turno come una mosca sul miele e per la malcapitata che non ceda a pulsioni erotiche e voglia leggersi in pace il best seller che si è portata da casa, possono diventare un vero tormento biblico.

Il ministro per il turismo del Kenya, Najib Balala, ha recentemente promesso che nel giro di tre mesi i beach-boy saranno rimossi dalle spiagge con l’ausilio del corpo speciale della polizia turistica, ma chi risiede o frequenta il Kenya da tempo, rimane un po’ scettico di fronte a queste promesse, visto che i beach- boy – pur se la loro attività è stata reiteratamente dichiarata illegale dalle autorità – continuano tranquillamente, sin dagli anni ’80 a esercitare la “professione” alla quale hanno dato il pomposo nome di “beach operator” al fine di auto-conferirsi una sorta di legittimazione. Non solo: spesso la polizia turistica interviene in loro supporto quanto nascono contestazioni con i “clienti” in merito al compenso pattuito.

Nel suo interessante libro “In cerca del Big Bamboo”, l’antropologo Klaus de Albuquerke, fornisce anche un identikit delle turiste sessuali, dividendole in quattro tipologie: le “neofite”, alla loro prima esperienza; le “situazionali” cioè quelle che pur non essendo arrivate nel luogo esotico a scopi sessuali, colgono l’occasione che si presenta; le “veterane”, il cui preciso scopo e proprio quello del sesso in vacanza e infine le “reduci” che, soddisfatte delle esperienze assaporate, instaurano rapporti, con uno o più partner, che si rinnovano ogni anno quando lasciano il loro Paese d’origine per venire in vacanza all’equatore. Spesso è il personale delle strutture alberghiere a offrirsi come “agente”per reperire maschi, ma anche ragazze, adatti alla bisogna ed è singolare che, pur ricorrendo a compensi in denaro o a costosi regali, molte “utenti” di queste prestazioni continuino a definire i rapporti instaurati come “relazioni romantiche”.

Diverso è il caso delle giovani turiste bianche che hanno una più spiccata tendenza a innamorarsi per davvero. “Alcune di loro restano incinte – spiega l’antropologo Davidson – e tornano in Europa con il ragazzo conosciuto in vacanza. Una volta ottenuto il permesso di soggiorno, però, o al sorgere dei primi contrasti, queste unioni in molti casi naufragano e le donne che pensavano di aver trovato l’amore, scoprono dolorosamente di aver avuto a che fare con uomini che agivano solo per tornaconto personale”.

Per quanto riguarda il sesso con minori, pur se non ai livelli maschili, secondo l’UNICEF, vi ricorrono anche alcune donne – vere e proprie predatrici – che con l’ausilio d’intermediari, vanno alla ricerca di ragazzi giovanissimi per le loro avventure sessuali, spesso favorite da familiari consenzienti che cedono i propri figli/fratelli contro pagamento. I due Paesi che secondo il rapporto dell’ECPAT (End Child Prostitution Asia Tourism), una NGO originariamente dedicata al solo continente asiatico, ma che ha ora esteso la sua attività a tutto il globo, le due destinazioni in cui l’abuso sessuale di minori risulta più agevole, sono – per quanto riguarda le “utenti” femminili – il Kenya ed i Caraibi.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@Franco.Kronos1

Redazione Africa ExPress

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