Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 5 marzo 2018
Le Nazioni Unite hanno sospeso momentaneamente ogni attività di cooperazione nel nord-est della Nigeria dopo l’uccisione di tre operatori umanitari da parte del gruppo terrorista Boko Haram. Altri tre risultano tutt’ora dispersi, forse sono stati sequestrati dai jihadisti.
La città di Rann, nel Borno State, dove è avvenuto l’assalto, ospita un campo per oltre 50 mila sfollati, scappati dalle loro case per i continui attacchi dei miliziani nigeriani. Gente ormai sola, senza supporto alcuno. Giovedì scorso durante l’attacco ad una baracca militare hanno perso la vita undici persone, tra loro tre operatori umanitari, una ventina i feriti. Quella sera nel campo erano presenti una quarantina di operatori umanitari. Anche lo staff dell’Organizzazione Medici Senza Frontiere è stato evacuato dopo la strage.
Nel frattempo il governo nigeriano ha esteso nel vicino Ciad e nel Camerun, Paesi dove i Boko Haram sono ugualmente molto attivi, le ricerche delle ragazzine rapite lo scorso febbraio da una scuola a Dapchi, Yobe State, nel nord-est della Nigeria.
Muhammadu Buhari, il presidente della ex colonia britannica, eletto nel 2015, ma ex golpista del 1983, aveva promesso durante la sua campagna elettorale che avrebbe sconfitto i terroristi locali, aveva persino fissato come data ultima il 31 dicembre 2015, ma come vediamo dalle cronache quasi giornaliere, i militanti sono tutt’ora molto attivi (https://www.africa-express.info/2015/12/31/nigeria-entro-il-31-dicembre-sconfiggero-i-boko-haram-aveva-promesso-buhari-non-ce-riuscito/).
Per portare conforto alle popolazioni, in questi giorni il presidente visiterà le zone maggiormente colpite dal’insurrezione e si recherà anche a Dapchi, teatro dell’ultimo maxi-sequestro. Difficile però consolare una madre alla quale è stata rapita la figlioletta – alcune delle studentesse avevano solo undici anni – anche se un avvocato nigeriano, Aisha Wakil, conosciuta anche come “Mama Boko Haram” perché mediatrice tra il gruppo e il governo, ha sostenuto venerdì scorso che le ragazzine stanno bene. La donna sarebbe stata contattata da Abu Musab al-Barnawi, noto anche con il nome di Habib Yousuf, capo di una nuova fazione dei jihadisti nigeriani. Si tratta del secondogenito di Mohammed Yusuf, che aveva fondato il gruppo nel 2002. Al-Barnawi si è staccato dal nucleo storico guidato dal 2009 da Abubakar Shekau.
Mohammed Yusuf, fondatore della setta che alle origini era un movimento molto meno violento di quello attuale, nonostante fosse contrario ai modelli di vita dell’Occidente, sostenesse che a Terra non è sferica ma piatta e che la pioggia fosse un dono e creazione di Allah e non il risultato della condensazione dell’acqua, cose per altro sostenute dal Corano. Mohammed Yusuf aveva anche mezzi militari limitati; infatti solo dopo la sua morte, nel 2009, i Boko Haram si sono trasformati in una vera e propria macchina da guerra.
Insomma al-Barnawi avrebbe garantito alla mediatrice che le ragazzine vengono trattate con il massimo rispetto. Peccato che il jihadista abbia ignorato la richiesta dell’avvocatessa di poter visitare e vedere le studentesse.
Buhari ha diversi grattacapi da risolvere, non ultimo quello dei continui scontri tra gli agricoltori e i pastori semi-nomadi. Negli ultimi giorni hanno perso la vita una decina di persone nell’est del più popoloso Stato africano durante svariati conflitti tra le due fazioni.
Secondo, Mohammed Keruwa, capo dell’Unione dei pastori nigeriani MACBAN, diciannove persone sarebbero stati ammazzati e altre 23 ferite in diversi villaggi del distretto di Mambilla, nel Taraba State. Keruwa ha sottolineato che alcuni miliziani della regione sarebbero arrivati all’improvviso, armai di machete e bastoni, aggredendo i pastori senza alcuna ragione. Durante la loro incursione avrebbero ucciso e rubato molti capi di bestiame.
I pastori semi-nomadi sono in maggioranza musulmani, mentre gli agricoltori sono prevalentemente cristiani, dunque si tratta non solo di una rivalità tra pastori e contadini, ma di un vero e proprio conflitto etnico-religioso che il governo centrale non riesce a risolvere, generalmente si limita a richiamare all’ordine le due fazioni rivali.
Molti analisti e numerose organizzazioni umanitarie sono convinti che il conflitto tra pastori nomadi e contadini sia sempre stato sempre sottovalutato in questi anni dal governo centrale, eppure, come si evince da un rapporto di SB Morgan Intelligence consulting, negli ultimi vent’anni sono morte tra cinque a diecimila persone durante gli scontri tra agricoltori residenti e i pastori semi-nomadi. Nella pubblicazione le milizie dei fulani sono da ritenersi più pericolose dei terroristi Boko Haram. E anche secondo il database di Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) l’undici percento delle morti di civili in Africa sono causati da conflitti con pastori.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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