Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 4 marzo 2018
Il sistema Italia viene esaltato in continuazione nei convegni e le manifestazioni di casa nostra. Invece continua a collezionare figure sgradevoli e infelici che vengono affrontate con malcelata sicurezza. L’ultima l’ha collezionata l’Alitalia che pur non essendo più la compagnia di bandiera, tra i viaggiatori e i globe trotter viene considerata ancora tale.
Qualche mese fa, a Roma, l’Alitalia annuncia in pompa magna che dal 28 marzo 2018 riaprirà le destinazioni africane di Johannesburg e Nairobi. Sospiro di sollievo tra gli italiani in Kenya (dopo i britannici la seconda nazionalità di stranieri) che si precipitano a comprare i biglietti, venduti tra l’altro a prezzi competitivi: meno di 400 euro per il volo dalla capitale keniota a Roma e viceversa. Per Pasqua con grande soddisfazione, tutti a casa o tutti al mare sull’Oceano Indiano. Gli orari previsti sono interessanti: partenza da Roma alle 14 e arrivo a Nairobi dopo sette ore e mezza di viaggio alle 22,30 (in Kenya d’estate c’è un’ora di differenza grazie all’ora legale). Il ritorno a Roma è previsto a mezzanotte e mezza con arrivo alle 7 del mattino, in tempo per prendere una coincidenza per ovunque in Italia e in Europa. La frequenza, quattro volte alla settimana.
Piccoli e grandi imprenditori italiani nell’ex colonia britannica si sentono coinvolti e al grido “Bentornata Alitalia” si danno da fare per aiutare la compagnia non-più-di-bandiera a posizionarsi al meglio sul mercato keniota. Addirittura per gestire i rapporti con l’aeroporto internazionale di Nairobi, il Jomo Kenyatta International Airport, Francesco Stame, il vecchio capo dell’Alitalia in Africa orientale, fino al 1975, e grande conoscitore di Kenya e Tanzania in cui opera da 63 anni nel settore dei trasporti, apre appositamente una società, la Coventry Holding, che assume personale e mette i propri uffici a disposizione di Alitalia, per la gestione delle incombenze burocratiche e non, e per rappresentare la compagnia aerea in Kenya e Tanzania.
Grazie ai buoni uffici di Stame, il Kenya concede i diritti di traffico in 24 ore. Stame incontra uno dei commissari della Alitalia, Luigi Gubitosi, per discutere assieme a lui il progetto della nuova rotta. La macchina dell’informazione parte con investimenti per produrre filmati e altri supporti promozionali per diffondere, sia in Italia sia in Europa, la notizia dell’apertura della nuova rotta.
Dal Marocco l’Alitalia invia a Nairobi un suo manager, Paolo Guidi, con l’incarico di seguire tutte le procedure e verificare che si uniformino agli standard qualitativi di Alitalia e per prendere accordi con l’autorità portuale, le dogane, il sistema di gestione degli aeroporti e in particolare degli slot, cioè degli appuntamenti in cui la pista si libera per essere utilizzata dal vettore che ha prenotato quello spazio. Guidi viene indicato come il futuro capo della compagnia a Nairobi (invece è finito a Johannesburg).
Anche l’ambasciatore italiano in Kenya, Mauro Massoni, si prodiga per aiutare l’arrivo della compagnia italiana nella capitale dell’ex colonia britannica. Per parlare della faccenda chiede e ottiene un appuntamento con il presidente Uhuru Kenyatta.
Kenyatta – che ama l’Italia e appena può viene nel nostro Paese – promette di facilitare gli iter burocratici per fare in modo che a fine marzo l’Alitalia possa atterrare con comodità, nuovamente dopo un’assenza di oltre 25 anni dal Kenya. Tutto sembra pronto per il nuovo battesimo ma qualcosa va storto. Improvvisamente senza spiegare perché la compagnia cambia idea: contrordine, niente Kenya. Viene inviato a chi ha comprato il biglietto un laconico avviso: il volo è stato concellato
Nessuna spiegazione ufficiale, nessuna lettera a chi si è prodigato, neppure a chi ci ha messo del denaro e che è stato abbandonato senza spiegazioni. A bocca asciutta perfino l’ambasciatore italiano. “Noi abbiamo investito ma nessuno si è mai degnato di scrivere due righe di scuse per chiarire e giustificare questa incomprensibile decisione – spiega Francesco Stame -. Abbiamo mandato numerose mail, ma nessuno risponde!”
Cristian Mazzei, uno dei viaggiatori italiani che in Kenya che aveva comprato il biglietto per tornare per Pasqua a casa, racconta: “Il 13 febbraio ho ricevuto una prima e-mail dall’Alitalia in cui mi si avvisava che il volo era cancellato e mi si invitava a rivolgermi per assistenza al centro di contatto dell’Alitalia, con due numeri telefonici. A quello da comporre dall’estero non rispondeva nessuno, così ho cercato di contattare i call center della compagnia sparsi nel mondo finalmente dopo aver trovato una prima signorina che negava la cancellazione dei volo, un’altra, che mi ha risposto dalla Romania, mi ha dato tutti i dettagli per chiedere il rimborso, cosa che ho fatto subito. Così mi è arrivata la conferma con una seconda e-mail”
Il dubbio è che non si voglia salvare l’Alitalia, ma piuttosto affossarla. Perché i manager non si degnano di rispondere né di scrivere una spiegazione all’ambasciatore che tanto si è impegnato e ha coinvolto anche il presidente della Repubblica Uhuru Kenyatta?
Evidentemente imbarazzati, i responsabili della compagnia aerea hanno messo a punto una spiegazione ufficiale: “Alitalia ha scelto di rafforzare altre rotte internazionali che stanno dando buone performance, per questo motivo la rotta Roma-Nairobi è stata tolta dai sistemi di vendita. Allo stesso tempo, è stato disposto per tutti i passeggeri che avevano già acquistato un biglietto da e per Nairobi la possibilità di scegliere se essere riprotetti su collegamenti alternativi al volo Alitalia o chiedere il rimborso integrale del biglietto senza alcuna penale”.
La spiegazione è sicuramente inoppugnabile, anche se non convince del tutto. Per organizzare la tratta africana l’Alitalia ha speso un bel po’ di denaro. Normale poi che venga chiusa una destinazione quando ormai è partito tutto il circo dell’organizzazione? Secondo i responsabili di Alitalia sì, secondo il dirigente di una compagnia aerea (non concorrente perché non vola su Nairobi) invece no. Sotto promessa di mantenere l’anonimato spiega: “Non è facile aprire una nuova tratta. L’Alitalia era già arrivata al traguardo. La procedura era terminata. Mancava soltanto l’atterraggio del primo aereo. Quindi è successo qualcosa di importante per fare macchina indietro. Non certo la convenienza di un’altra tratta, cosa che sicuramente è stata studiata prima di cominciare l’operazione Nairobi”.
Chi viaggia sulla rotta tra Nairobi e l’Europa sa che gli aerei sono quasi sempre pieni, sia in economy, sia in business. Un management pianifica l’apertura di un nuovo scalo, attiva tutte le procedure necessarie, investe del denaro, compra gli slot e si accorge solo all’ultimo minuto che ci sono tratte più redditizie? Francamente un po’ curioso e sorprendente.
La spiegazione dell’abbandono va ricercata altrove – spiegano all’unisono diverse fonti sentite in Kenya – probabilmente nelle forti pressioni ricevute per rinunciare all’impresa. Nairobi è diventata una meta assai frequentata e diverse compagnie oggi la connettono all’Europa. British Airways, Lufthansa, Swiss, KLM (con un Jumbo) e Kenya Airways hanno sempre gli aerei stracolmi di viaggiatori. Tra i collegamenti frequenti manca Parigi (per ora soltanto una volta alla settimana gestito da Kenya Airways) ma l’Air France – le coincidenze a volte insospettiscono – ha già provveduto: a fine marzo ha annunciato 5 voli settimanali per il Kenya.
E l’ Air France è tra le compagnie aeree che vorrebbero mangiarsi in un boccone la cugina italiana. La concorrenza su Nairobi a fine marzo certamente avrebbe dato un certo fastidio alla società francese. Da qui le pressioni perché Alitalia rinunciasse alla nuova tratta. Un atto abbastanza grave. I tre commissari di Alitalia, Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari dovranno probabilmente spiegare al nuovo governo, dopo il voto del 4 marzo, il perché del dietrofront.
“Dobbiamo vedere le carte e capire bene cosa è successo e perché vogliono vendere la compagnia italiana – commenta il senatore del Movimento 5 Stelle, Alberto Airola, pronto assieme al suo partito a vederci chiaro e, se il caso, di dare battaglia -. Per me l’Alitalia non va venduta ma razionalizzata. Attenzione però prima intendiamo leggere le carte e capire cos’è successo in questi anni”.
Massimo A. Alberizzi
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