EGITTO

Amnesty denuncia l’Egitto per uso nel Sinai di bombe a grappolo vietate

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 2 marzo 2018

L’esercito egiziano ha usato cluster bombs, le famigerate bombe a grappolo – messe al bando a livello internazionale – durante attacchi nel nord del Sinai. Lo ha denunciato Amnesty International in un comunicato sulla base dell’analisi di un video diffuso lo scorso 20 febbraio sull’account Twitter delle Forze armate egiziane.

Nel tweet con testo “#Portavoce_militare: Undicesima dichiarazione del comando generale delle forze armate” si lodano le operazioni dell’esercito egiziano nella penisola del Sinai e viene mostrato un ordigno esplosivo collocato a terra da “elementi del terrorismo”.

Matricola della bomba a grappolo (Courtesy Amnesty International)

Nel filmato si accusano i terroristi dell’utilizzo di cluster bombs ma l’analisi effettuata da Amnesty ha invece rivelato che si tratta di una sub-munizione 247 Mk 118 di fabbricazione statunitense inesplosa, che avrebbe potuto essere sganciata solo dall’aeronautica egiziana.

Dura presa di posizione di Najia Bounaim, vicedirettrice di Amnesty per il Medio Oriente e l’Africa del Nord: “Le bombe a grappolo sono l’arma più vile usata nelle guerre moderne, intrinsecamente indiscriminata e in grado di uccidere e ferire civili per anni a venire. Questo nuovo video conferma i nostri peggiori timori, ossia che l’esercito egiziano stesse usando bombe a grappolo nel Sinai settentrionale”.

La conferma dell’uso delle micidiali armi arriva anche dal un altro tweet – con video allegato – postato lo scorso 9 febbraio sempre sull’account delle Forze armate egiziane. Anche qui gli esperti dell’ong per i diritti umani, dopo le analisi del filmato, hanno confermato che viene mostrato il personale militare egiziano mentre carica bombe a grappolo sui caccia dell’aviazione egiziana.

Il tweet delle Forze armate egiziane

Secondo la documentazione fornita a Human Rights Watch dal dipartimento della Difesa Usa e citata in un rapporto della ong sulle cluster bombs – si legge nel comunicato rilasciato ieri da Amnesty – nel 2007 l’Egitto disponeva di 321 sub-munizioni.

“Le Forze armate egiziane devono cessare immediatamente di usare le bombe a grappolo e distruggere le loro scorte – ha concluso Bounaim – Tutti gli stati che forniscono armi all’Egitto, tra cui gli Usa, devono sospendere subito tutti i trasferimenti che potrebbero essere usati per compiere gravi violazioni dei diritti umani. Le bombe a grappolo sono vietate per tutta una serie di buone ragioni”.

Anche al-Amaq Egitto, organo di propaganda delle principali operazioni dello Stato Islamico, il 15 luglio scorso, ha fatto circolare un tweet con video allegato nel quale mostra un F-16 che sgancia due cluster bombs nella zona di Sheikh Zuveyid.

Mappa dell’esplosione e tweet ripreso da al-Amaq

Le bombe a grappolo sono ordigni sganciati da aerei o elicotteri ma anche sparati con artiglierie, razzi e missili guidati che contengono bomblets, delle sub-munizioni. All’esplosione dell’ordigno principale – il cluster – le bomblets vengono disperse inquinando il territorio di congegni che esplodono ma che spesso rimangono integri, quindi pericolosi come le mine anti-uomo.

Contro l’utilizzo delle cluster bombs è stato firmato un trattato internazionale a Oslo, in Norvegia, il 3 dicembre 2008. La Convention on Cluster Munitions (CCM) è stata adottata da 30 Paesi ed è entrata in vigore il 1º agosto 2010 ratificata in quel momento da 38 Stati. Fino ad oggi sono 103 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione, tra cui l’Italia nel 2011. Il 1° marzo 2018 si è aggiunta la firma dello Sri Lanka, ultimo degli Stati che hanno aderito alla CCM.

Purtroppo importanti Stati produttori di questo tipo di armi e di loro componenti non hanno siglato il trattato. Tra questi Stati Uniti, Russia, Cina, India, Israele, Pakistan e Brasile.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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