Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 27 febbraio 2018
In Congo-K (RDC) i giornalisti congolesi e stranieri hanno subito vessazioni, intimidazioni, arresti arbitrari e detenzioni, mentre svolgevano il loro lavoro e in molte situazioni le autorità hanno sequestrato le attrezzature audiovisite o cancellato il materiale ripreso. Nel paese di Joseph Kabila, in base a un nuovo decreto, i giornalisti stranieri non possono allontanatsi dalla capitale Kinshasa senza autorizzazione: neanche la ventennale dittatura di Mobutu Sese Seko era arrivata a tanto.
Amnesty denuncia la Mauritania dove una delle vittime della repressione contro la libertà di espressione è Mohamed Mkhaïtir, blogger. La sua accusa è di apostasia per aver “parlato con leggerezza” del profeta Maometto e per questo è stato condannato alla pena capitale.
La condanna a morte di Mkhaïtir è stata annullata ma nonostante abbia scontato la sua condanna in carcere il blogger è rimasto detenuto. Anche due attivisti che avevano protestato contro la schiavitù sono stati arrestati e incarcerati. Nell’ex colonia francese, Abdel Aziz, ancora oggi presidente, è stato l’autore del colpo di Stato che nel 2008 ha esautorato il governo democratico Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdallahi.
Giornalisti e blogger non hanno vita facile neanche in Etiopia del presidente Mulatu Teshome e del primo ministro Haile Mariam Desalegn. Ai sensi di un proclama antiterrorismo definito in modo molto vago, diversi operatori dei media sono stati imprigionati e molti condannati.
Nel giovane stato del Sud Sudan i giornalisti sono costretti a fare autocensura a causa dell’ambiente ostile e all’impossibilità di esercitare la libera espressione. Tutto ciò accade a causa delle vessazioni, arresti, detenzioni arbitrarie e torture verso tutti coloro che apertamente criticano il conflitto in atto.
La polizia militare nel luglio scorso ha arrestato Adil Faris Mayat, direttore del servizio d’informazione South Sudan Broadcasting Corporation, perché non ha trasmesso il discorso del presidente Salva Kiir per la Festa dell’indipendenza. E Mentre Mayat ha perso il lavoro, il governo ha chiuso quattro testate web ritenute ostili al governo.
Anche Internet è considerato un pericoloso strumento contro il potere. Camerun e il Togo rappresentato dal presidente Faure Gnassingbé, figlio del precedente presidente, il dittatore Gnassingbé Eyadéma, hanno bloccato la connessione alla grande rete e chiuso alcuni media.
Anche Kabila ha deciso di limitare drasticamente tutte le attività dei social network e le connessioni a internet. Lo ha fatto ad agosto scorso in occasione di una protesta nazionale organizzata dall’opposizione che invitava la popolazione a rimanere a casa per sollecitare la pubblicazione del calendario elettorale.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin
(2 – fine)
La prima puntata la trovate qui:
Crediti foto:
– Mohamed Mkhaïtir
(Courtesy Amnesty International)
– Salva Kiir
Di U.S. Department of State – https://www.flickr.com/photos/statephotos/14837359811/, Pubblico dominio, Collegamento
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