Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 22 febbraio 2018
Testimoni, residenti e miliziani disertori di al-Shebab, che controllano ancora vaste zone nel sud e nel centro della Somalia, hanno riferito che da qualche tempo i taglieggiamenti dei terroristi sono diventati continui e incessanti. Le popolazioni dei villaggi rurali, già poverissime, non reggono più alle continue richieste di denaro.. Come se ciò non bastasse, gli islamici rapiscono e obbligano i bambini a seguirli. Li sottopongono a un lavaggio del cervello e li addestrano come combattenti o kamikaze.
Abusi continui dei diritti umani, paragonabili a quelli commessi da membri dello Stato islamico in Siria e Iraq, ora vengono adottati anche dai militanti islamici somali affiliati ad al Qaeda.
Recentemente i militanti del gruppo terrorista che spadroneggia nella nostra ex colonia hanno ammazzato brutalmente decine di “criminali”, hanno inflitto punizioni atroci agli omosessuali, hanno costretto moltissime ragazzine a contrarre matrimoni forzati e hanno utilizzato la popolazione civile come scudi umani.
Durante il 2017 “The Guardian”, quotidiano britannico, ha registrato diverse violenze operate da al-Shabab, tra queste la lapidazione a morte di un uomo ritenuto colpevole di adulterio, mentre un ragazzo di soli sedici anni e altri quattro maschi adulti sono stati fucilati, perché accusati di essere spie del governo di Mogadiscio.
In un’altra occasione, due omosessuali, un ventenne e un quindicenne, sono stati condannati alla fucilazione in pubblico.
Quattro persone sono state frustate in piazza, perché, secondo i terroristi, si sarebbero macchiati di comportamenti immorali; tra loro anche due minorenni che hanno ricevuto cento colpi di frusta ciascuno.
Shek Hassan Dahir Aweys, che ha abbandonato il gruppo terrorista già nel 2013 (https://www.africa-express.info/2015/08/01/somalia-gli-shebab-passano-da-al-qaeda-allisis/), sostiene che l’obiettivo degli shebab è quello di instaurare lo stato islamico in Somalia. Combattono contro le truppe occidentali presenti nel Paese perché non vogliono la loro inerferenza.
Da anni gli shebab cercano di rovesciare il governo centrale della Somalia e di impadronirsi del potere. Nel 2011 i terroristi, legati ad al Qaeda, sono stati cacciati da Mogadiscio e grazie alle offensive condotte delle truppe somale e dei caschi verdi dell’AMISOM (African Union Mission in Somalia), hanno perso quasi tutti i territori che controllavano in precedenza. Tuttavia il gruppo terrorista resta molto attivo e pericoloso. Organizza frequenti attacchi a siti militari e civili, non solo all’interno della Somalia ma anche nel vicino Kenya. L’ex colonia britannica è presente in Somalia con le sue truppe che combattono nelle fila dell’AMISOM (http://www.africa-express.info/2015/04/03/sventato-attacco-un-centro-commerciale-di-nairobi-arrestati-due-terroristi-somali/).
Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo presidente dell’ex colonia italiana, recentemente, in collaborazione con gli Stati Uniti, ha lanciato una nuova campagna contro il gruppo fondamentalista. Droni americani hanno ucciso un numero significativo di militanti. Per questo motivo il gruppo terrorista, essendo sotto pressione, vede spie ovunque al loro interno; i sospettati vengono buttati in putride galere e torturati brutalmente, mozzano le mani ai ladri e ammazzano senza pietà gli sciacalli. Chi fugge o vuole passare qualche giorno a casa, rischia di essere ammazzato. vietano alla gente di lasciare la propria abitazione e il proprio villaggio. Temono che un luogo senza o con pochi abitanti possa essere bersaglio dei droni USA. I residenti vengono utilizzati come scudi umani.
Nelle zone ancora controllate dai miliziani, è vietato ascoltare emittenti occidentali e/o governative. Chi trasgredisce e viene colto in fragranza, rischia pene severe.
La vita in questi territori è difficile per gli abitanti. Mancano i generi alimentari. Gli aiuti non possono entrare nelle zone controllate dagli shebab. E la popolazione è tenuta in ostaggio senza possibilità alcuna di poter reagire.
Le draconiane punizioni, i sequestri, le tasse, i saccheggi sono in netta contrapposizione con le linee guida dettate dal leader di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri che ha chiesto collaborazione agli affiliati dei gruppi di veterani per cercare di trovare supporto e consenso della popolazione locale. Insomma le pratiche degli shabab sono più simili a quelle messe in atto dall’ISIS.
Una parte della popolazione, invece, ha fiducia negli shebab e non si rivolge nemmeno alla magistratura ma si affida alla corte islamica. “Molti giudici sono corrotti – ha specificato un parente di una vittima di stupro – spesso basta pagare i giudici e sei libero. La vittima non ha giustizia, mentre i miliziani non si lasciano corrompere”.
Un abitante di Barire, che dista una sessantina di chilometri dalla capitale, è ritornato a casa solo dopo che i militari dell’esercito somalo hanno lasciato la zona, che ora è controllata dai terroristi. “Quando c’erano i nostri soldati, uccidevano la gente a falsi posti di blocco e saccheggiavano le nostre case. Ora, invece, la corte islamica emette sentenze severe. Taglia le mani ai ladri e ammazza chi saccheggia i villaggi. In un certo senso viviamo in pace sotto gli shebab. Basta non mettersi contro loro”.
La situazione nella nostra ex colonia dunque è sempre precaria, il sostegno e la collaborazione della comunità internazionale non è riuscita a portare la pace nel Paese. Ed è anche per questo motivo che il ministero della Difesa della Germania ha deciso di ritirare i propri soldati, una ventina, che da otto anni sono impegnati in una missione congiunta dell’UE per la formazione delle forze di sicurezza somale. Le autorità tedesche ritengono la missione inefficacie e troppo pericolosa; entro la fine di marzo anche gli ultimi uomini lasceranno Mogadiscio.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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