Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 15 febbraio 2018
Forte dissenso politico e vigilia di resa dei conti all’interno del governo etiopico. Questa mattina, Hailemariam Desalegn, primo ministro dell’Etiopia, ha presentato le sue dimissioni dopo le molteplici proteste anti-governative, che hanno lasciato segni di frattura nella coalizione al potere.
Il primo ministro ha espresso rammarico per i morti, espropri di terreni e conseguente spostamento di persone, dovuti a tensioni politiche. Desalegen, già delfino dell’ex primo ministro Meles Zenawi, è al potere dal 2012, dopo la morte del suo mentore. “Spero che con le mie dimissioni si possano effettuare le riforme, necessarie per una pace sostenibile e una reale democrazia”, ha precisato Desalegn”.
In questo momento si sta ancora svolgendo una riunione d’emergenza dei leader della coalizione al governo, l’ Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front, in seguito alle dimissioni del primo ministro.
Si è aperta la guerra per la sua successione. In pole position Arkebe Okbay, ex sindaco di Addis Abeba (nel 2012 ha vinto il premio di Best Major in Africa) e assistente speciale del primo ministo di Desalegn.
Tra il 2015 e il 2016 il Paese del Corno d’Africa è stato teatro di diverse manifestazioni anti-governative, stroncate nella repressione (https://www.africa-express.info/2016/08/13/etiopia-il-governo-scatena-la-repressione-contro-gli-oromo-e-gli-amhara/), come sempre.
Un’apparente calma è stata ripristina quando il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza il 10 ottobre 2016 fino al 30 marzo 2017, poi prolungato per altri quattro mesi. Malgrado questo provvedimento hanno avuto luogo sporadiche proteste. A gennaio, in occasione della festa dell’epifania ortodossa, nel nord del Paese, le forze dell’ordine si sono scagliate nuovamente sulla popolazione civile (https://www.africa-express.info/2018/01/23/etiopia-sette-morti-e-molti-feriti-nella-regione-degli-amhara/), provocando altri morti. Il malcontento della popolazione aumenta di giorno in giorno e a poco è valsa la liberazione di molti prigionieri politici (https://www.africa-express.info/2018/01/04/etiopia-saranno-rilasciati-tutti-prigionieri-politici-e-chiusa-la-prigione-lager-di-addis-abeba/).
Da anni le popolazioni amhara e oromo sono in netto contrasto con il governo centrale a causa del progetto che mira all’esproprio di terreni. Ancora il piano per fortuna non è stato messo in atto, ma la gente è inquieta soprattutto perché durante le ultime elezioni il partito al potere, Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front, si è aggiudicato una valanga di voti. Gli oppositori e i critici hanno manifestato il loro disappunto per questa schiacciante vittoria e hanno parlato di brogli elettorali. Gli oromo e gli amhara, che rappresentano quasi i due terzi della popolazione etiopica, si sentono discriminati. Da oltre 25 anni, infatti, l’amministrazione statale è diventata dominio dei tigrini e del loro partito, l’EPRDF. Tutti i posti chiave sono in mano ai tigrini e lo stesso Parlamento è formato da una forte maggioranza di membri dell’EPRDF e dei suoi alleati.
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes
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