Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 10 febbraio 2018
Non si arrestano le violenze post-elettorali in Guinea. Eppure domenica scorsa, i cittadini guineensi si sono recati alle urne con la massima calma, nessun incidente è stato riportato.
Lunedì mattina, invece, sono iniziati i disordini. Finora sono morte sette persone, tra loro ben cinque lattanti. I poveri piccoli hanno perso la vita a causa di un incendio doloso, appiccato in una casa a Kalinko, nella prefettura di Dinguiraye, nel centro del Paese. Uno studente, ferito gravemente da un proiettile, è deceduto in ospedale dopo gli scontri in una periferia della capitale Conakry. Mentre nell’ovest della ex colonia francese, un uomo è stato ucciso lunedì, mentre le forze dell’ordine disperdevano un gruppo di oppositori che avevano circondato un edificio dove erano ancora in svolgimento gli scrutini. Insomma sono state registrate proteste in quasi tutto il Paese.
Eppure il governo ha creato un’unità speciale per questo periodo delle elezioni, composta da quasi ventitremila uomini, dislocati su tutto il territorio nazionale.
A Kalinko sono state arrestate ben cinquantun persone in seguito ai tumulti. Attualmente si trovano nella prigione di Faranah, capoluogo della regione, dove sono detenuti in condizioni disumane, come ha riferito il padre di uno dei fermati.
Domenica scorsa si sono svolte le elezioni locali, che si attendevano dal 2005. Il governo di Alpha Condé, presidente della Guinea al suo secondo mandato e non è escluso che voglia candidarsi anche per un terzo, non ha mantenuto i trattati politici siglati nel 2016, che, tra l’altro prevedevano anche queste elezioni, che dovevano svolgersi tempo fa, poi sempre rinviate. Finalmente questa tornata elettorale si è tenuta il 4 febbraio in un clima incandescente: la fiducia tra opposizione e partito al governo ormai non esiste più da tempo e subito dopo la chiusura dei seggi, i leader dei partiti non allineati con il potere hanno denunciato brogli elettorali.
Sidya Touré, presidente di Union des forces républicaines, ha fatto sapere che a diversi capi di quartiere erano state affidate procure di voto; le schede elettorali sarebbero state compilate in favore ai candidati del partito al potere. Uno di loro è stato preso in fragranza con ben duemila schede precompilate, pronte ad essere inserite nelle urne, nel pomeriggio poco prima della chiusura dei seggi, quando ormai una stretta vigilanza era già venuta meno.
Certo, organizzare queste elezioni non è stato facile. Il 4 febbraio si è votato per eleggere i capi delle trecentoquarantadue comunità guineensi. Gli aventi diritto al voto dovevano scegliere tra 29.554 candidati – poco più di settemila donne – ripartiti in oltre milletrecento liste. La commissione elettorale indipendente sta proclamando proprio in queste ore i nuovi rappresentanti locali.
Il governo e la comunità internazionale ha lanciato appelli alla calma e all’ordine. Più facile a dirsi che a farsi in un Paese dove la gente vive in miseria, dove l’economia stenta a riprendersi dopo la recente epidemia di ebola, governata da un presidente che non tollera dissensi. (https://www.africa-express.info/2017/09/15/fame-e-miseria-nelle-zone-minerarie-della-guinea-scoppiano-le-proteste-morti-e-feriti/)
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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