Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Roma, 9 febbraio 2018
“Troppi criminali nigeriani. Non dovete più accoglierci” titolava a tre colonne il quotidiano Il Giornale giovedì 8 febbraio 2018, lanciando diversi servizi a firma di Paolo Bracalini, “Basta nigeriani in Europa” titolava la versione online di Libero Quotidiano. L’occasione era un’intervista al Presidente della Nigeria Muhammadu Buhari, che al quotidiano inglese The Telegraph aveva dichiarato che i nigeriani devono smetterla di chiedere asilo nel Regno Unito perché la loro reputazione da criminali rende impossibile che la richiesta venga accettata.
Rispondendo ad una domanda sulla legittimità delle domande dei richiedenti asilo nigeriani nel Regno Unito, che non vogliono tornare in Nigeria per via di Boko Haram, Buhari ha detto: “Alcuni nigeriani affermano che la vita è troppo difficile per tornare a casa ma altri hanno complicato l’essere accettati da europei ed americani a causa del fatto che un gran numero di nigeriani vive nelle prigioni di tutto il mondo, accusati di traffico di droga e tratta di esseri umani. Penso che i nigeriani non abbiano nulla da recriminare, possono restarsene a casa. Il loro operato è necessario per ricostruire il Paese, se i loro connazionali si sono comportati male la cosa migliore per loro è restarsene a casa e migliorare la credibilità della nazione”.
L’intervista sul Telegraph, citata sia nel pezzo pubblicato sul Giornale che in quello pubblicato su Libero, era firmata dal capo redattore esteri Colin Freeman. Peccato che, nonostante i due quotidiani italiani non lo abbiano nemmeno accennato, l’intervista è datata 5 febbraio 2016: è quindi vecchia di più di due anni. A quel tempo Buhari, chissà se il collega Bracalini lo sa, era nel Regno Unito – e ci rimase per mesi – per curarsi in una clinica privata londinese da un male che nessuno ha mai capito cosa fosse. Quello che è certo è che mentre Buhari rilasciava interviste al Telegraph, pensava alla sua ottuagenaria salute e trascorreva mesi fuori dal Paese, lasciato allo sbando, in Nigeria la crisi economica cominciava a mordere e la classe dirigente nigeriana, notoriamente la più corrotta d’Africa, cercava di barcamenarsi per salvare se stessa dal tracollo. La domanda che tutti i nigeriani si facevano all’epoca, non solo in terra africana ma anche nella diaspora nigeriana in Europa, era una soltanto: “Where is Buhari?” Queste cose, che si chiamano “contesto” e che sono piuttosto importanti nel giornalismo, sono state completamente dimenticate sia dal Giornale che da Libero.
In Italia i nigeriani detenuti sono circa 1.100 (dati DAP, Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, di dicembre 2017) su una popolazione carceraria complessiva di poco più di 57.600 persone. Non sono il gruppo non-italiano più rappresentativo né più violento ma, uscendo dal carcere, sono il gruppo non-italiano che ha presentato più istanze di asilo in Italia, circa 25.000 nel 2017. Forse è questo il dato che dà più fastidio, che legittima la falsa narrazione dell’”invasione di criminali” nigeriani in Italia e in Europa?
E, siccome a pensar male certe volte ci si azzecca, viene in mente che forse si sia tirata fuori dai cassetti quell’intervista al Presidente Buhari per portare acqua al mulino delle polemiche post-Macerata, visto che nei recenti fatti di sangue uno dei protagonisti è un cittadino nigeriano, Innocent Oseghale, 29 anni. Il Giornale, nel suo parziale racconto della realtà, cita una ricerca resa nota a ottobre 2017 dal quotidiano nigeriano Vanguard: sarebbero 170.000 i cittadini nigeriani incarcerati nelle prigioni sparse per il mondo. Una cifra che sul Giornale sembra collegata alle parole di Buhari, pronunciate invece due anni prima e quindi totalmente fuori contesto.
Entrando nel dettaglio di questo numero scopriamo cose piuttosto interessanti, che Il Giornale ha omesso: secondo il Patriotic Citizens Initiative nigeriano (PCI), il gruppo della società civile che per primo ha redatto tale ricerca, circa 8.000 nigeriani si trovano in carcere in Cina per reati connessi all’immigrazione, al traffico di droga e al contrabbando e nel 2016 molti di loro sono morti in circostanze misteriose, tanto misteriose che il PCI ha chiesto al governo federale di Abuja di indagare sugli espianti di organi di questi detenuti nigeriani in terra cinese, che sarebbero stati usati come carne da macello per il traffico di organi in Asia. La maggior parte, ha accusato PCI, erano vittime di indagini scadenti e processi sommari: solo in Asia 40 cittadini nigeriani sono stati condannati a morte nel 2016 ma molti altri sarebbero scomparsi nel nulla dopo l’arresto: “Il governo federale non dovrebbe essere insensibile alla difficile situazione dei suoi concittadini imprigionati in paesi stranieri, la Presidenza dovrebbe istituire una delegazione per visitare questi paesi e indagare accuratamente su accuse gravi, garantendo che i nigeriani ricevano giustizia. […] È umiliante abbandonare i nostri cittadini nelle carceri straniere, dobbiamo creare opportunità per i giovani nigeriani e far realizzare i loro sogni qui, nel Paese: la Nigeria ha tutto ciò che serve per rendere la gente felice” scrive il Patriotic Citizens Initiative nel suo appello alla Presidenza, al governo ed al Parlamento nigeriano. Di questi 170.000 detenuti nigeriani in tutto il mondo 6.000 sono nel braccio della morte per reati di droga e 5.145 sono donne vittime della tratta arrestate per reati di prostituzione. L’Europa è il continente con meno problemi legato a reati, veri o presunti, commessi da nigeriani.
Notoriamente inoltre le autorità nigeriane non vedono di buon occhio i cittadini che si macchiano, o che vengono semplicemente accusati, di reati di varia natura. Le carceri nigeriane sono considerate tra le peggiori d’Africa e sono letteralmente luoghi infernali in cui gli esseri umani, una volta entrate, vengono dimenticate. Ragion per cui pensare di estradare un nigeriano dall’Italia è una chiara violazione dei diritti umani di questa persona. Inoltre, citando le stesse fonti utilizzate dal collega del Giornale, Vanguard scrive che in Nigeria c’è un “esercito di disoccupati in crescita, circa 40 milioni di giovani in cerca di lavoro” e “una crisi economica fortissima” che spinge questa massa di giovani nigeriani verso i soldi facili del traffico di droga e di esseri umani: “Nonostante i ripetuti avvertimenti” che in Nigeria si traducono in campagne governative nelle scuole e nelle università, pubblicità su radio e tv, cartelloni giganteschi nelle città del Paese e nelle zone rurali “la maggioranza continua ad intraprendere viaggi pericolosi” verso l’Europa.
Tutte cose che i due quotidiani italiani si sono dimenticati di scrivere.
Andrea Spinelli Barrile
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