Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 21 gennaio 2018
Aveva solo sedici anni. E’ stata colpita da uno dei proiettili sparati sulla folla da un auto blindata davanti alla chiesa questa domenica mattina a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo. La morte della ragazzina è stata confermata da Jean-Baptise Sondji, un ex ministro del governo di Joseph Kabila, il presidente del Congo-K.
Si registrano almeno cinque morti e una trentina di feriti, ma le vittime aumentano di ora in ora. Dunque, il bilancio delle nuove violenze è ancora provvisorio, come riferiscono fonti della Missione dell’Organizzazione della Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo. MONUSCO ha fatto sapere che sono stati effettuati quasi settanta arresti tra i manifestanti. Davanti alla chiesa di Saint Joseph di Kinshasa, sono stati schierati anche cinquanta caschi blu per impedire scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine.
Dunque nel Congo-K è di nuovo repressione con la “R” maiuscola. Le autorità della ex colonia belga hanno vietato la manifestazione indetta dal Comitato laico di coordinamento vicino alla Chiesa cattolica, che aveva già organizzato una marcia pacifica il 31 dicembre 2017, sfociata nella violenza anch’essa. (https://www.news24.com/Africa/News/dr-congo-blocks-internet-ahead-of-banned-protests-20180121
La comunità musulmana della ex colonia belga ha chiesto con insistenza al governo di autorizzare la manifestazione, ma anche il suo appello è caduto nel vuoto. Le autorità del Paese hanno fatto sapere che qualsiasi manifestazione che possa turbare la quiete pubblica è vietata.
Malgrado i divieti, già questa mattina, subito dopo la messa, molte persone si sono riversate sulle strade della capitale, tra di loro anche molti rappresentante della Chiesa cattolica.
Nella capitale già da ieri sono stati piazzati posti di blocco un po’ ovunque; polizia e militari hanno effettuando controlli a tappeto. Dalla mezzanotte di sabato sono stati interrotti anche i collegamenti internet a Kinshasa.
La marcia pacifica era stata indetta perché la società civile chiede con insistenza che la data delle prossime elezioni, previste per dicembre 2018, venga rispettata.
Kabila è salito al potere dopo l’assassinio del padre, Laurent-Désiré Kabila, nel 2001. E’ stato rieletto nel 2006 e nel 2011; il suo mandato era scaduto nel dicembre del 2016. Ma lui ne ha chiesto un altro, il terzo, e la sua pretesa è stata fortemente contestata dall’opposizione, perché anticostituzionale. Intanto Kabila rimane al potere, cercando in tutti modi di mettere a tacere gli oppositori.
Malgrado l’attuale situazione, lo scorso ottobre l’ONU ha accettato la candidatura del Congo-K, che è entrato nel Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. (http://www.africa-express.info/2017/10/17/congo-k-eletto-nel-consiglio-delle-nazioni-unite-per-diritti-umani/). Eppure qui i diritti fondamentali sono ancora un optional. Lo dimostrano una volta in più i morti di oggi.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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