Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 9 gennaio 2018
La Marianne Danica, una nave cargo costruita nel 1993 e battente bandiera danese, ha scaricato ieri mattina cinque container, contenenti complessivamente 100.000 chilogrammi di esplosivo, nel porto di Cagliari. Queste informazioni provengono dalla bacheca facebook di Mauro Pili, deputato e leader del Movimento Unidos. La nave cargo è rimasta per molte ore in mare aperto e solo ieri mattina, scortata da Guardia di Finanza e Guardia Costiera è entrata nel porto canale del capoluogo sardo.
Durante le ore impegnate per le operazioni di scarico, l’accesso all’area portuale è stata vietata a tutti. L’esplosivo è stato poi trasportato con dei TIR a Domusnovas, succursale sarda della fabbrica della Rheinmetall Waffe Munition Italia S.p.A. (RWM).
Pochi giorni prima, il 3 gennaio, è partito, invece un carico di bombe dal porto canale di Cagliari diretto verso Marina di Carrara. Non è stata resa nota la destinazione finale degli ordigni ma si suppone che sia diretta all’Arabia Saudita che le utilizzerà in Yemen.
In questi ultimi anni il regno del Golfo è stata tra i maggiori acquirenti delle bombe made in Sardegna. Ne ha parlato pochi giorni fa anche il quotidiano on-line “New York Times” https://www.africa-express.info/2017/12/30/editoriale-grazie-al-nyt-litalia-si-scopre-in-guerra-in-yemen-e-niger/, bombe prodotte in una delle zone più depresse dell’Italia, che per lo più vengono utilizzate nella guerra in Yemen. Poveri che, speriamo inconsapevolmente, uccidono poveri. Un fotografo di Human Rights Watch ha fotografato una bomba inesplosa nella regione dei ribelli Hutu e grazie al numero di serie inciso sul fianco si è potuti risalire al luogo di produzione: la filiale italiana della Rheinmetall RWM Italia in Sardegna.
Dal marzo del 2015 nello Yemen si consuma un sanguinoso conflitto interno, che vede contrapposto due fazioni: da un lato gli huti, un movimento religioso e politico sciita, che appoggiano l’ex presidente destituito Ali Abd Allah Ṣaleḥ, ucciso nel dicembre scorso, dall’altro le forze del presidente Mansur Hadi, rovesciato dagli huti con un colpo di Stato nel gennaio 2015. La coalizione saudita entra nel conflitto nel marzo 2015 a sostegno di Hadi, che è riconosciuto dalla comunità internazionale come capo di Stato.
Dalla tabella, fornita gentilmente a Africa ExPress da Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (OPAL), si evince che nel 2016 sono già state spedite trecentocinquanta bombe MK 83 e ottocentosessantaquattro MK 82, in riferimento alla commessa di 411.250.808 milioni. Le autorizzazioni relative al 2017 non sono ancora a disposizione.
Dopo la pubblicazione del documentario sul giornale online indipendente statunitense, tutto il mondo è a conoscenza di cosa viene fabbricato nello stabilimento del piccolo comune di Domusnovas. Di conseguenza la stampa nazionale e locale si sta occupando in modo più approfondito dello stabilimento sardo della RWM. Sono in molti a temere che ben presto il governo di Riyad possa produrre autonomamente materiale bellico, e dunque togliere quei pochi posti di lavoro alle persone residenti nell’Iglesiente.
Infatti, a fine marzo 2016, è nata una fabbrica nella capitale saudita, realizzata grazie alla collaborazione tra la Saudi Military Industries Corp. (SAMI) e la società Rheinmetall Denel Munition (RDM). Quest’ultima, che ha sede in Sudafrica, è controllata dalla Rheinmetall AG di Dusseldorf, la maggiore industria per armamenti tedesca, con filiali un po’ ovunque nel mondo. In Sudafrica la Rheinmetall AG è associata con la Denel (Pty) Ltd. South Africa, società controllata dallo Stato, che possiede il 49 per cento delle quote azionarie della Rheinmetall Denel Munition, mentre la Rheinmetall AG il 51 per cento. (https://www.africa-express.info/2016/05/23/tedeschi-e-sudafricani-aprono-una-fabbrica-darmi-in-arabia-saudita-con-il-rischio-rifornira-al-qaeda/). Jacob Zuma, presidente del Sudafrica, è stato criticato aspramente dall’opposizione del suo Paese per questa joint-venture.
Il regno wahabita, uno dei maggiori acquirenti su scala mondiale di materiale da difesa, ha dunque tutto l’interesse di portare la produzione in casa propria. Per accelerare tale processo ha nominato Andreas Schwer come amministratore delegato della SAMI lo scorso ottobre. Schwer, è anche membro del consiglio di amministrazione della stessa Rheinmetall AG, dunque possiede un’ottima competenza per guidare questa società verso la realizzazione dei suoi ambiziosi progetti. Recentemente la SAMI ha firmato diversi Memorandum of Understanding con le maggiori industrie per la difesa, tra loro figurano Boeing, Lockheed Martin, Raytheon, General Dynamics e Rosoboronexport e entro il 2030 la società wahabita mira di posizionarsi tra le prime venticinque produttrici in questo campo.
Cornelia I. Toelgyes
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