Franco Nofori
Mombasa, 15 dicembre 2017
Sono passati 23 anni dal raccapricciante sterminio dei tutsi in Ruanda che provocò quasi un milione di morti in soli tre mesi. Neppure Hitler, Stalin e Pol Pot, erano arrivati a tanto, in un così breve periodo di tempo. E’ quindi naturale che l’eco di questa tragedia non sia ancora spento, soprattutto per la bestiale ferocia con cui la mattanza era stata compiuta. Questo spiega la ferma volontà dell’attuale governo ruandese di chiarire ogni aspetto dell’orribile vicenda.
Le accurate investigazioni, svolte per conto del governo di Kigali, dall’americana “Cunningham Levy Muse” con base a Washington, rivelerebbero una sconcertante verità: la Francia, già ampiamente criticata in passato, per il suo atteggiamento imbelle di fronte alla strage, oggi si vede oggetto di un’accusa ben più pesante. Non solo sarebbe rimasta indifferente, ma avrebbe addirittura sponsorizzato l’eccidio dotandolo di supporti materiali e logistici.
Per la verità, accuse di questo genere erano già state formulate circa tre anni fa dal presidente ruandese Paul Kagame, ma sempre sdegnosamente respinte dalla Francia. Oggi, però, è intervenuto un organismo terzo che ha fornito un rapporto preciso e minuzioso per contestare il quale non basterà più lo sdegno, ma una pragmatica esposizione degli eventuali elementi atti a smentirlo. La Francia sarà in grado di formularli?
“Le autorità francesi – scrive il rapporto – erano perfettamente a conoscenza del piano di sterminio e non si limitarono a lasciare che fosse attuato, ma lo favorirono concretamente con l’ausilio di armi e consulenze operative”. Alcune di questi corsi formativi, svolti a beneficio degli assalitori, avrebbero addirittura avuto luogo presso l’ambasciata di Francia della capitale ruandese. “La Francia – prosegue il rapporto – svolse il suo ruolo di sostegno, prima, dopo e durante l’attuazione del genocidio. Fornì agli aggressori sicuri canali di comunicazione durante le sanguinose incursioni e, a stragi compiute, assicurò loro anche rifugi protetti”.
Rivelazioni scioccanti, queste, che, se confermate, getterebbero una luce davvero sinistra sul governo francese allora retto da Francois Mitterand che, all’indomani dell’eccidio, avrebbe anche tentato di interferire nei tentativi dell’ONU e del governo ruandese, di individuare i responsabili dell’atroce sterminio. Il rapporto del “Muse” è anche stato inviato all’Eliseo che, almeno fino ad ora, non ha rilasciato alcun commento. La palese ambiguità della potenza europea, ha indotto Louise Mushikiwabo, ministro degli esteri ruandese, a richiamare in patria per consultazioni il suo ambasciatore a Parigi.
Davvero un brutto colpo per il giovane presidente francese Emmanuel Macron che, proprio in questi giorni, fa di tutto per auto-referenziarsi come strenuo difensore dei diritti dei migranti rinchiusi nell’inferno dei lager libici e che, sia in questa circostanza, sia nel recente simposio in Costa d’Avorio, tra Unione Araba e Unione Europea, non è riuscito mascherare interessi ben diversi da quelli umanitari, rivolti dal suo paese verso il continente africano.
Il guaio per il mondo occidentale è che la Francia non è un’insignificante repubblichetta delle banane, ma è la prima potenza militare e la seconda economica, dell’Unione Europea. L’accertamento del rapporto “Muse” non nuocerà quindi soltanto all’antica Repubblica della Gallia Transalpina, ma farà perdere credibilità all’intera Europa che da troppo tempo, ormai, continua ad esibirsi in vani soliloqui di solidarietà, legalità e giustizia.
Franco Nofori
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