Franco Nofori
Mombasa, 15 dicembre 2017
La decisione del presidente americano Donald Trump di spostare la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme – riconoscendo così implicitamente il diritto di Israele sulla contesa capitale di tre fedi religiose – ha infuriato lo sceicco Mohamed Khalifa, capo del CIPK (Council of Imams and preachers of Kenya) che ha perentoriamente chiesto a Uhuru Kenyatta di interrompere le relazioni con il potente alleato d’oltre oceano. “Trump parla di pace – ha detto l’alta autorità islamica – ma compie azioni che portano alla guerra. E’ meglio non aver più nulla a che fare sia con lui che con il suo Paese”.
In effetti la decisione di Trump, presa in un momento già caratterizzato da forti tensioni internazionali per la follia del dittatore nord coreano, gli atti terroristici del fondamentalismo islamico che insanguinano una vasta parte del mondo ed il latente rischio di impeachment che si fa sempre più rigoglioso all’interno del paese, appare quantomeno azzardata per gli effetti destabilizzanti che rischia di creare in una delle aree più bollenti del pianeta. E’ vero che il riconoscimento di Gerusalemme come capitale ufficiale dello stato ebraico, era già stato deliberato fin dal 1995 dal Congresso americano, durante la presidenza di Bill Clinton, ma né lui né i suoi successori; George Bush, George Bush figlio e Barak Obama, avevano avuto il coraggio di implementarlo, ben consci delle drammatiche implicazioni che ciò avrebbe comportato. Posto che i due Bush, entrambi repubblicani, non si erano certo mostrati restii a dar vita ad azioni da Ramboo.
Donald Trump, questo coraggio – o questa irresponsabilità – ha mostrato di averli, incurante di essersi una volta di più inimicato la maggior parte degli alleati europei, insieme alle potenze russe e cinesi e ora anche la vasta presenza islamica del Kenya. “La dichiarazione di Trump – ha osservato ancora lo sceicco Khalifa – mostra la sua vera e barbara natura che ama lo scontro e lo spargimento di sangue. La sua scelta scriteriata rischia di portare il mondo al terzo conflitto mondiale”. Parole pesanti e previsioni forse esageratamente catastrofiche, ma che mostrano il forte risentimento del mondo islamico, largamente presente, non solo in Kenya, ma in tutto il continente africano.
E’ del tutto improbabile che il governo del Kenya prenda anche solo in esame l’imperiosa richiesta del battagliero sceicco. L’America è un alleato a cui il Paese non può rinunciare, ma dovrà tuttavia tener conto del fatto che gran parte dell’economia interna è proprio gestita da cittadini di fede islamica, credo religioso molto diffuso ed in costante incremento, grazie ad un efficace proselitismo. Il rischio è che gli ambienti di fede più ortodossa, finiscano di cedere alle teorie fondamentaliste di cui non mancano certo esponenti agguerriti: Isis, al Shabaab e lo stesso MRC (Mombasa Republican Council) il movimento indipendentista della costa.
Occorrerà quindi che il governo si impegni in un’opera di mediazione intelligente ed accurata per evitare conseguenze che potrebbero aprire voragini di instabilità in un paese già provato da una protratta anemia finanziaria. Fortunatamente, come si può leggere sui social forum, il Paese sembra aver reagito in modo molto tiepido all’invito dello sceicco Khalifa. “Abbandonare gli USA – scrive Wanjuru Warama in suo post – e come per un bambino di pochi anni, abbandonare i propri genitori. Non sarebbe una decisione saggia”.
Njuguna Kamau è ancora più lapidario: “Gerusalemme è dichiarata capitale d’Israele. E allora? Non abbiamo abbastanza problemi in casa nostra per andare a ficcare il naso in quelli altrui?”
Ovviamente la comunità islamica esprime opinioni ben diverse e dal tono più categorico, come quella di Abu Muskab Bin Sheikh: “Gerusalemme appartiene alla Palestina. Punto e basta!” E’ probabile che il Kenya, grazie al suo lungo e consolidato atteggiamento filo-occidentale, non sarà più di tanto toccato da queste reazioni. Lo stesso non può però dirsi per il resto dell’Africa, soprattutto per quanto riguarda i Paesi della costa atlantica e della fascia mediterranea, le cui eventuali azioni potrebbero produrre pericolose emulazioni nel resto del continente.
Franco Nofori
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