Franco Nofori
Mombasa, 8 dicembre 2017
Si tratta ormai di un processo inarrestabile: la Cina sta invadendo l’Africa. Ovviamente non si tratta di un’invasione militare, ma si tratta di un processo che appare inesorabile anche se lento. E’ un fatto che non si può più ignorare né minimizzare. La voracità del gigante asiatico non conosce freni inibitori, pressata com’è dagli urgenti bisogni dal suo miliardo e quattrocentomila abitanti di cui ben 500 milioni vivono tuttora sotto la soglia di povertà. Il suo rampante apparato produttivo, intenso in ogni settore industriale, ha già portato la Cina al primo posto nella lista dei paesi importatori di petrolio, sorpassando anche gli Stati Uniti, con un’incidenza del 15 per cento sull’importazione mondiale del greggio.
Ma, a differenza delle mire del vecchio colonialismo europeo, l’obiettivo cinese è molto più commerciale che politico e non nasconde anche un altro progetto: quello di preparare centinaia di milioni di cinesi a trasferirsi nel continente nero, dove, insieme alle infrastrutture, nascono, ad opera di imprese cinesi, migliaia di complessi residenziali che restano desolatamente vuoti perché non alla portata economica della gran parte degli africani. Questo stato di cose fa prevedere agli osservatori internazionali che nello spazio di mezzo secolo l’intero continente africano sarà totalmente nelle mani del dragone asiatico.
L’approccio cinese all’Africa è ben diverso da quello a suo tempo attuato dall’Europa che aveva conquistato il continente grazie alla forza dei rispettivi eserciti. La Cina agisce, invece, in modo silenzioso, indolore e anche un po’ subdolo, facendo leva sulle carenze, sulle debolezze e anche su una delle più peculiari cattive abitudini africane: la corruzione. La Cina non dice mai di no, anche alle richieste più sconvenenti e questo atteggiamento – certamente criticabile sul piano etico – le ha però consentito di piazzarsi nei territori più ricchi di risorse minerarie del mondo intero. Risorse che, del resto, i governi africani non sarebbero in grado né di estrarre né di commercializzare e di cui la Cina ha disperato bisogno.
Si stima che negli ultimi dieci anni già un milione di cinesi si siano trasferiti in Africa, ma il progetto del governo di Pechino è molto più ambizioso perché si propone, entro il 2020, di dar luogo ad un imponente esodo di biblica memoria che ricollochi in Africa circa 400 milioni di cinesi i quali prenderanno gradualmente il posto dei milioni di africani che fuggono ogni giorno dai loro paesi per cercare rifugio – economico e/o politico in Europa. Così, mentre il vecchio continente si dibatte in meri distinguo di carattere socio-umanitario, nella sua disastrosa carenza di strutture atte all’accoglienza, oppure si accapiglia sull’opportunità o meno di abolire i canti natalizi e i crocefissi dalle scuole, la Cina procede nel progetto di sostituzione etnica del continente nero.
Nigeria, Guinea Equatoriale, Ciad, Sudan, Zambia, Zimbabwe, Mozambico, Etiopia, Angola, Kenya, sono già di fatto, nella sfera di influenza commerciale cinese e altre nazioni africane si aggiungeranno presto alla lista. Da un certo punto di vista si potrebbe ritenere che questa affluenza di tecnici qualificati cinesi in Africa, non potrà che portare beneficio al continente, dotandolo finalmente degli strumenti conoscitivi e pratici per dare vita alla così lungamente attesa affermazione economica. Resta però da vedere chi beneficerà di questi risultati: l’Africa o la Cina?
A questo riguardo Gianpiero Spinelli, analista della Stam Strategic e Partners Group di Londra, sembra non avere dubbi: sarà la Cina a beneficiarne attraverso la sua nuova forma di colonialismo. “I cinesi – afferma l’esperto – hanno già avviato da alcuni anni, grandi operazioni di land grabbing (accaparramento di terreni) per acquisire su larga scala terreni agricoli nei paesi in via di sviluppo così da potersi garantire, entro dieci anni, anche il totale controllo delle risorse alimentari africane”. Mentre quindi l’Africa si trasferisce in Europa, la Cina si trasferisce in Africa, senza per questo rinunciare alla sua inarrestabile conquista delle economie occidentali.
Questa impetuosa avanzata del gigante asiatico, lascia l’Occidente sempre più attonito e imbelle a macerarsi nel dubbio di cosa potrebbe fare per contrastarlo, ma quello che può fare è davvero poco, se non nulla. Il regime cinese risponde a un’autorità verticistica che può permettersi di passare, all’istante, dalle decisioni alle attuazioni, senza sottostare, come avviene in Occidente, all’estenuante giogo del confronto politico, troppo spesso mirato a infliggere colpi all’avversario, piuttosto che a perseguire il bene comune del paese. Così, mentre la Cina avanza, l’Europa del prossimo futuro, sembra sempre più destinata a diventare la nuova Cenerentola del pianeta.
Franco Nofori
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