AFRICA

Congo-K: popolazione in fuga dalle violenze e il governo arruola ex ribelli

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 5 dicembre 2017

Dall’inizio dell’anno oltre dodicimila persone sono fuggite dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC oppure Congo-K) verso lo Zambia. Ottomilaquattrocento hanno attraversato il confine in questi ultimi tre mesi.

La maggior parte di loro proviene dalle province del Haut-Katanga e Teanganyika. Si tratta per lo più di donne e bambini, sono stati costretti a lasciare i loro villaggi per l’estrema violenza che si consuma in quest’area della ex colonia belga. Le milizie, dopo aver saccheggiato i poveri beni di queste persone, hanno incendiato le loro umili case; secondo i loro racconti, molte donne sono state violentate e diversi residenti sono stati uccisi. Proprio in queste ultime settimane i combattimenti si sono nuovamente intensificati, dunque è probabile che presto altri profughi cercheranno di raggiungere lo Zambia; altri 4,1 milioni di congolesi sono sfollati in diverse parti del Congo-K.

Lo Zambia rischia una crisi umanitaria e non ci sono fondi a sufficienza per far fronte al crescente numero dei profughi. Il portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) Babar Baloch ha fatto sapere in un suo comunicato di qualche giorno fa che i fondi per rispondere alle necessità della popolazione in fuga sono assolutamente insufficienti, sia per gli sfollati che per i profughi nello Zambia.

Profughi del Congo-K in Zambia

Il centro di transito Kenani accoglie ottomila persone. Lo Zambia  attualmente ospita più di sessantacinquemila rifugiati, tra loro trentatremila provengono dal Congo-K. E’ disposto a mettere a disposizione altri terreni, ma mancano i fondi per allestirli.

In un suo rapporto pubblicato pochi giorni fa, l’organizzazione Human Rights Watch accusa alti ranghi militari di Kinshasa di aver arruolato clandestinamente – per sedare le proteste anti-Kabila del 2016 e per proteggere il presidente del Paese –  almeno duecento vecchi ribelli M23, sconfinati in Uganda e Ruanda dopo essere stati sconfitti nel 2013 nel Congo orientale. Durante le manifestazioni, che si sono svolte nella capitale tra il 19 e il 22 dicembre dello scorso anno, hanno perso la vita almeno sesssantadue persone.  Ovviamente Kinshasa nega qualsiasi coinvolgimento.

L’ M23 è un gruppo creato alla fine della guerra del Kivu ed è formato da ex ribelli del  Congrès national pour la défense du peuple (CNDP), poi reintegrati nelle forze armate congolesi in seguito ad un accordo firmato il 23 marzo 2009. Nel 2012 si sono ammutinati, perché il governo non avrebbe rispettato gli accordi. I suoi miliziani sono accusati da diverse ONG, nonché dal Corte Penale Internazionale e dal governo degli Stati Uniti, di essersi macchiato di violenze nei confronti della popolazione civile.

Human Right Watch precisa che alcuni alti ranghi militari dell’ex colonia belga si sarebbero recati nei campi profughi in Uganda e Ruanda, per reclutare in gran segreto vecchi ribelli, promettendo loro, oltre a cibo e moneta sonante, protezione. Ad alcuni è stata paventata anche la possibilità di essere integrati nell’esercito regolare.

I ribelli sarebbero stati trasferiti nelle città di Kinshasa, Goma e Lubumbashi, equipaggiati di armi e uniformi nuove, per combattere accanto le forze dell’ordine (polizia, esercito o guardia nazionale). Alcuni testimoni citati nel rapporto hanno riportato che l’ordine era: “Guerra a tutti quelli che erano contrari che Kabila rimanesse al potere, con l’ordine di sparare alla minima provocazione dei civili”.

Sempre secondo i ricercatori di HRW, la maggior parte degli ex M23 sarebbero rientrati tra dicembre e gennaio nei Paesi dove erano in esilio. E ancora, tra maggio e luglio, altri sarebbero stati fatti rientrare nuovamente nel Congo-K e spediti a Kisangani per un addestramento speciale, utile per eventuali interventi futuri.

Crispin Atama Thabe, ministro delle Difesa congolese ha sottolineato: “Tali accuse sono frutto di fantasia, per sminuire la credibilità del nostro esercito”. Infine ha aggiunto: “Mi adopererò personalmente affinchè questa ONG non possa più operare nel nostro Paese”. Mentre Bertrand Bisimwa, presidente dell’M23, ritiene possibile che il governo di Kinshasa abbia reclutato in gran segreto disertori o quelli radiati dall’M23 per indisciplina o per delle attività che noi ignoriamo”.

In seguito ai violenti scontri dello scorso dicembre, la maggior parte dei partiti all’opposizione avevano firmato un accordo, grazie alla mediazione della Chiesa cattolica con il governo. http://www.africa-express.info/2017/01/15/congo-k-la-firma-di-un-accordo-tra-governo-e-opposizione-non-ferma-le-violenze/.

L’accordo prevedeva inizialmente nuove elezioni per la fine di quest’anno. Ma ovviamente Kabila è ancora al potere, almeno fino a dicembre 2018. Il presidente della Commissione elettorale (Céni), Corneille Nangaa, ha annunciato un mese fa come data il 23 dicembre 2018.

Joseph Kabila, presidente del Congo-K

Intanto la repressione di Kabila non si ferma. La scorsa settimana è stato ammazzato un altro giovane mentre era in corso una manifestazione non autorizzata a Butembo, nel Nord-Kivu.
La libertà di stampa resta un optional. Da oltre sei mesi due giornalisti stanno marcendo in galera senza processo, perché accusati di collaborazione con dei gruppi armati. Journaliste en danger (JED) ha denunciato pochi giorni fa che Fidel Nsikundi e Heri Makyambi, due reporter di Radio Communautaire de Libunda , sono stati arrestati a fine luglio in un villaggio nel territorio di Fizu, mentre preparavano un servizio sugli scontri tra i militari e una milizia locale. Da allora sono detenuti a Uvira, in precarie condizioni di salute a causa delle frequenti punizioni corporali.

Il presidente Joseph Kabila è salito al potere dopo l’assassinio del padre, Laurent-Désiré Kabila, nel 2001. E’ stato rieletto nel 2006 e nel 2011; il suo mandato era scaduto nel dicembre dello scorso anno. Ma lui ne ha chiesto un altro, il terzo, e la sua pretesa è stata fortemente contestata dall’opposizione, perché anticostituzionale. (http://www.africa-express.info/2016/10/20/congo-k-elezioni-rinviate-al-2018/). Intanto Kabila rimane al potere, cercando in tutti modi di mettere a tacere gli oppositori.

Lo scorso ottobre l’ONU ha accettato la candidatura del Congo-K, che è stato eletto nel Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. (http://www.africa-express.info/2017/10/17/congo-k-eletto-nel-consiglio-delle-nazioni-unite-per-diritti-umani/). Intanto dal CongoK si continua a fuggire.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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