Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 2 dicembre 2017
La popolazione malgascia ha espresso preoccupazione per la presenza di rifugiati stranieri sull’Isola. Da diversi giorni i cittadini di Antsiranana, Mahajanga, Antananarivo e Sainte Marie, le città più grandi in Madagascar, segnalano numerosi presunti immigranti sul loro territorio, ma le autorità competenti non hanno dato spiegazione alcuna a questo proposito. Secondi i residenti sarebbero tutti “clandestini”.
Solo un paio di giorni fa la polizia di frontiera (PAF) ha preso posizione. Ha fatto sapere che si tratta di siriani, giunti nel Paese con visto turistico dalla Turchia, valido per tre mesi e dunque al momento attuale queste persone non sono affatto illegalmente in territorio malgascio. I siriani sarebbero arrivati non via mare, bensì con aerei di linea nei diversi aeroporti internazionali dello Stato insulare. Qualcuno si è lasciato sfuggire che i controlli negli aeroporti lascerebbero al quanto desiderare, chiunque può entrare senza grandi difficoltà.
In molti temono che queste persone vogliano restare in Madagascar. La polizia ha assicurato di essere in possesso della lista completa degli arrivi e che a tempo e debito avrebbero effettuato i controlli necessari. E’ comunque curioso che i turisti frequentino corsi intensivi di lingua in un centro a Andohatapenaka, un quartiere nella capitale Antananarivo.
Già qualche mese fa la popolazione aveva espresso il suo disappunto circa l’accoglienza di rifugiati siriani provenienti dalla Turchia (http://www.africa-express.info/2017/09/06/unhcr-al-madagascar-accogliete-profughi-siriani-la-popolazione-e-contraria/). Una richiesta di accoglienza in tal senso era giunta in agosto dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) del Sudafrica, ma l’allora ministro per gli Esteri, Béatrice Atallah, aveva assicurato che il Paese non era tenuto a dare seguito a questa istanza.
A parte la PAF, il governo di Antananarivo non rilasciato alcun comunicato circa l’accoglienza di profughi.
Il Madagascar è uno tra i Paesi più poveri al mondo. Attualmente il 90 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà (calcolata su una base di 1,90 dollari al giorno) ed è il Paese che, dopo la Corea del Nord, ha accesso al minor contributo internazionale con soli 24 dollari all’anno per abitante.
Recentemente ha dovuto confrontarsi nuovamente con un epidemia di peste che regolarmente si presenta durante il periodo delle grandi piogge. Quest’anno è stata più severa del previsto. È una zoonosi, il cui bacino è costituito da varie specie di roditori e il cui unico vettore è la pulce. E’ la malattia dei poveri, del degrado.
Questa patologia infettiva è di origine batterica causata dal batterio Yersinia pestis. Il periodo di incubazione è molto breve: da due a sette giorni, e, una volta fatta la diagnosi, la peste bubbonica è facilmente curabile con antibiotici. Ma spesso la malattia può progredire in peste polmonare, il cui esito è letale, generalmente dopo soli 4 giorni. Questa variante si trasmette per le vie aeree. Infatti, secondo il ministro della Sanità malgascio, la maggior parte delle persone affette da questa patologia hanno contratto la forma polmonare.
Gli abitanti sono contrari ad accogliere i profughi, eppure lo Stato insulare ospita un’importante comunità di indiani del Madagascar, chiamati Karana (Corano), un’espressione xenofoba malgascia del passato, ma ora entrata nel linguaggio comune, per denominare questi migranti sciiti, giunti fin qui nel diciasettesimo secolo. Oggi la comunità conta oltre venticinquemila persone e sono considerati la spina dorsale dell’economia locale. Sono per lo più commercianti e ricchi imprenditori.
Anche qui, come quasi ovunque oggi, i migranti, non sono benvenuti. La maggior parte della popolazione teme che i siriani possano godere di privilegi a loro negati. Il fatto che scappino da situazioni di guerra non viene preso in considerazione.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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