Dal nostro corrispondente
Franco Nofori
Nairobi, 30 novembre 2017
Ieri e oggi, ad Abidjan, Costa d’Avorio, si incontrano i capi di stato di Africa ed Europa per dare vita all’annunciato piano Marshall a favore del continente. Al vertice partecipano 80 delegazioni diplomatiche in rappresentanza di quasi due miliardi di persone. Oltre al presidente del parlamento Europeo, Antonio Tajani, sarà anche presente il capo del governo italiano Paolo Gentiloni, attualmente impegnato in un giro di visite in Africa. L’Europa si è detta pronta a un aiuto finanziario di 3,4 miliardi di euro che, se correttamente allocati, dovrebbero – a detta europea – mettere in moto un volano che dovrebbe produrre oltre 40 miliardi di investimenti a favore del continente.
Nessuno nasconde che il principale input di questa decisione è dato dal fenomeno immigrazione che, comunque la si pensi ideologicamente, sta mettendo l’Europa alle corde, sia sul piano sociale che su quello politico, con un costante e preoccupante rafforzamento di tutti i partiti reazionari del vecchio continente.
Questo oltre al disumano, barbaro e assolutamente inaccettabile trattamento riservato ai migranti nei centri di accoglienza libici che altro non sono se non veri propri lager, in cui avviene ogni sorta di sopruso: torture, stupri, ricatti, uccisioni e anche riduzione in schiavitù.
Non si può, tuttavia, affrontare la questione senza ricordare che l’Africa, negli ultimi sessant’anni, ha già ricevuto oltre mille miliardi di dollari in aiuti internazionali senza ricavarne alcun beneficio, anzi vedendo la propria situazione socio-economica evolversi in un costante peggioramento. Perché ciò sia avvenuto, non è un mistero per nessuno: accaparramento di ogni risorsa da parte di leader sempre più voraci; corruzione endemica nell’intero apparato pubblico; ingordigia di mediatori disonesti che hanno fagocitato ogni aiuto reso disponibile.
Negli anni, sono state molte le voci, anche autorevoli, che si sono levate per mettere in guardia l’occidente dal ricorrere a questa forma di aiuti. Tra queste vi sono anche quelle di alcuni scrittori di fama internazionale come Wilbur Smith e Frederick Forsyth che l’Africa la conoscono bene, ma la voce più significativa è indubbiamente quella di Dambisa Moyo, valente economista originaria dello Zambia e laureata in America, che imputa proprio a questi aiuti indiscriminati, la perenne sudditanza dell’Africa ed il freno alla sua reale emancipazione, oltre che ha costituirsi in un micidiale strumento di supporto alla corruzione e al peculato. Illuminante è la lettura del suo libro “La Carità che Uccide”, edito in Italia da Rizzoli.
Di questo stato di cose, non mancano certo le prove, anche qui in Kenya, che nel 1961 – ancora sotto il dominio coloniale britannico – aveva un PIL pro-capite superiore a quello della Corea del Sud, mentre oggi lo stesso indice appare di ben 18 volte inferiore a quello del paese asiatico (Anna Bono – La Bussola quotidiana). Ciò è davvero sorprendete perché, fino al disfacimento dell’Unione Sovietica, il Kenya era il paese africano più vezzeggiato dall’occidente che lo riteneva un irrinunciabile caposaldo del suo assetto geopolitico nel continente e vi riversava a profusione fiumi di denaro, invariabilmente finiti nelle tasche della cricca al potere.
“Tra il 1970 e il 1998 – scrive Anna Bono su “La Bussola Quotidiana” – periodo in cui l’Africa ha ricevuto i maggiori contributi dall’estero, la povertà è passata dall’11 al 66 per cento”. Questo sarà, almeno in parte, dovuto all’alto tasso di crescita demografica, ma è innegabile che la causa maggiore risiede in una gestione corrotta ed incapace della cosa pubblica. Così, mentre l’Africa continua a deperire “ogni anno – scrive ancora Anna Bono – i capitali sottratti alle casse statali dai politici africani e dai loro entourage ammontano, secondo calcoli dell’Unione Africana, a oltre 100 miliardi di euro, circa il 25 per cento del Pil globale dell’Africa”.
Pare quindi impossibile aiutare l’Africa, rifiutandosi di riconosce apertamente le vere cause che la condannano alla miseria e all’arretratezza. Quando il mondo civile smetterà di dispensare abbracci e sorrisi ai satrapi che l’affamano, smetterà drasticamente di finanziare le loro nefandezze, li affronterà a muso duro denunciando i loro misfatti; forse allora l’Africa avrà una speranza di vera rinascita. Le risorse non le mancano e allora, così come il piano Marshall ha egregiamente funzionato nell’Italia del dopo conflitto, forse potrà anche funzionare in questo sventurato continente.
Franco Nofori
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