Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 20 novembre 2017
Il mercato degli schiavi, persone battute all’asta in Libia, ha suscitato grande scalpore nel mondo intero dopo la messa in rete di un filmato della CNN nei giorni scorsi. E sì, era necessario un video per smuovere le coscienze. Ciò che hanno raccontato finora i superstiti o i sopravvissuti ai lager in Libia evidentemente non era sufficiente.
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Eppure tutti sapevano della vergognosa vendita di schiavi. Lo scorso aprile l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni denunciava: “I giovani africani diretti in Europa venduti per 200-500 dollari”. Nel suo rapporto OIM non tralascia nulla. Nei centri di transito a Niamey o Agadez in Niger, gli operatori di OIM hanno ascoltato le testimonianze di moltissimi giovani sulla via di ritorno dalla Libia. Non solo libici sono coinvolti in questi loschi, disumani affari ma spesso anche africani – soprattutto nigeriani e ghanesi – collaborano con i boss della nostra ex colonia. Altri migranti, invece, sono costretti a svolgere attività come guardiani oppure prestare assistenza ai trafficanti nei mercati degli schiavi, dove non sono in “vendita” solamente uomini, anche donne, che vengono ceduti a singoli individui.
Questa volta ha protestato persino l’Unione Africana. In un comunicato datato 18 novembre, il commissario dell’UA, il ciadiano Moussa Faki Mahamat, ha espresso l’indignazione di questa Istituzione e la ferma condanna di queste pratiche, come ha già manifestato in un precedente annuncio il presidente dell’UA, Alpha Condé. Il commissario ha inoltre sollecitato la Commissione per i diritti umani dell’Unione ad aprire immediatamente un’inchiesta in supporto alle misure annunciate dalle stesse autorità libiche.
Chissà se almeno uno dei tanti leader africani che oggi si scandalizzano delle violenze che i loro connazionali subiscono nei lager libici, si sarà chiesto perché queste persone si trovano lì. Perché mai avranno lasciato il proprio Paese, pur sapendo che con questo viaggio rischiano la propria vita in ogni momento, non solo durante la traversata in mare. Spesso molti di loro non arrivano nemmeno a questa ultima fase del loro itinerario.
Mentre il Burkina Faso ha già richiamato il proprio ambasciatore da Tripoli, il governo libico respinge tutte le accuse. Anzi, Mohammed Besher, a capo di Anti-Illegal Immigration Department (AIID), in un comunicato ha fortemente contestato le accuse che sono state rivolte al suo Paese. “Sono tutte menzogne, montature create ad hoc. Il mio Dipartimento è pronto a cooperare con le delegazioni dei vari Paesi, affinchè possano andare di persona a vedere i propri connazionali nei centri libici, prima che vengano rimpatriati.
Besher ha aggiunto che i migranti stessi sono i primi ad aver infranto la legge, entrando a migliaia e migliaia nel Paese in modo illegale. Il flusso migratorio è un problema globale, non si possono attribuire tutte le colpe alla Libia. Il ministro degli Esteri, Mohamed Taher Siala, ha fatto sapere se le accuse dovessero avere un riscontro, tutte le persone coinvolte saranno punite secondo la legge.
Molti nigeriani lasciano il gigante dell’Africa, dove sopravvivere non è sempre facile. Nel nord-est del Paese regna ancora il terrore per i molteplici attacchi dei terroristi di Boko Haram. Pochi giorni fa sono morte almeno diciotto persone a Maiduguri, il capoluogo del Borno State, trenta i feriti, dopo quattro diversi attentati kamikaze. Mentre ieri sono stati decapitati sei contadini mentre lavoravano nei campi. I miliziani sarebbero arrivati in sella alle loro motociclette e avrebbero sequestrato sette agricoltori. Il più anziano tra loro è stato graziato dai feroci attentatori, ma ha dovuto assistere all’esecuzione dei suoi colleghi.
Si stima che dal 2009 ad oggi siano decedute oltre ventimila persone e che più di due milioni di cittadini abbiano dovuto abbandonare le loro case, i propri villaggi a causa dei jihadisti. Più della metà delle scuole sono state chiuse nel solo Borno State o perché distrutte, o perché lo Stato non è in grado di proteggere i ragazzini. Bambini e bambine che vengono privati di un loro diritto fondamentale: il diritto all’educazione.
Anche le continue lotte tra agricoltori e i pastori semi-nomadi, che spesso vengono sottovalutate dal governo centrale, sono causa di preoccupazione. Da un rapporto di SB Morgan Intelligence consulting, negli ultimi vent’anni sono morte tra cinque a diecimila persone durante gli scontri tra agricoltori residenti e i pastori semi-nomadi. Nella pubblicazione della SB le milizie dei fulani sono da ritenersi più pericolose dei terroristi Boko Haram. E anche secondo il database di Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) l’undici percento delle morti di civili in Africa sono causati da conflitti con pastori.
A Lagos, la capitale economica della Nigeria, si sono verificati nuovamente scontri tra le forze dell’ordine e centinaia di persone senza tetto. Sono stati evacuati Otodo Gbame e Itedo, due villaggi “abusivi”, abitati soprattutto da pescatori. Sono stati praticamente rasi al suolo, e i residenti ora sono costretti a dormire per strada: hanno perso quel poco che possedevano e ogni possibilità di sostentamento. Durante lo sgombero sarebbero morte undici persone, altre diciasette sono state date per disperse.
Una Corte nigeriana aveva emesso una sentenza esemplare qualche mese fa, in particolare per quanto concerne il villaggio di Otodo Gbame, chiedendo allo Stato di Lagos di risarcire gli abitanti. Risarcimento che quella povera gente attende ancora oggi.
All’inizio di questo mese i Niger Delta Avengers, un gruppo attivo nel Delta del Niger, che lo scorso anno ha dato del filo da torcere all’economia del Paese, basato principalmente sull’oro nero, ha dichiarato di voler riprendere le ostilità,
Muhammadu Buhari, il presidente della Nigeria, ha ringraziato il suo popolo per le preghiere e la benevolenza espressa nei suoi confronti durante la sua lunga malattia. Ha promesso di occuparsi nuovamente a tempo pieno di tutte le problematiche del Paese, in particolare della lotta contro la corruzione, ormai una piaga endemica, presente a tutti livelli della popolazione. Secondo Buhari, l’economia sarebbe in leggera ripresa. Bisognerà attendere le prossime statistiche. Alla fine dell’anno scorso la disoccupazione era salita al 14,2 per cento e ciò significa che ufficialmente 11,9 milioni di nigeriani erano in cerca di lavoro.
E sembra assai curioso che durante i funerali delle ventisei ragazze nigeriane decedute durante la traversata non abbia presenziato nessun rappresentante ufficiale del governo di Abuja.
Il sessanta per cento dei bambini nigeriani sotto i cinque anni rischia un ritardo nello sviluppo, dovuto a malnutrizione. Secondo l’UNICEF (il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) nel nord-est del Paese quattrocentocinquanta mila piccoli sono in pericolo di malnutrizione grave.
Anche quest’anno la Nigeria occupa il terzo posto nel Global Terrorism Index, anche se le morti causate da attacchi terroristici sono diminuite. Buhari dovrà rimboccarsi le maniche, se vuole sollevare le sorti del Paese e fare sì che i giovani possano vivere serenamente nella loro terra.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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