Dal nostro Corrispondente
Franco Nofori
Malindi, 1° novembre 2017
Franco Esposito, è nato a Napoli e porta magnificamente i suoi 75 anni grazie alla verve partenopea e alla sobrietà del militare di rango. Sì, perchè Franco è un colonello dell’Areonautica Militare Italiana in congedo dal 1988 quando, essendo assegnato al comando della base San Marco di Ngomeni, fondata dal dottor Broglio, l’Università La Sapienza di Roma ne condivise la conduzione con l’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana. Il personale militare fu richiamato in patria, ma Esposito, che si trovava stabilmente in Kenya sin dal 1966, non se la sentì di abbandonare il Paese dove aveva messo su casa e famiglia e quindi optò per il congedo.
Quando, nel lontano 1966 l’ufficiale, appena ventiquattrenne, approdò a Ngomeni, fu colpito dalle infime condizioni di vita dei locali e negli anni in cui operò presso la base, si adoperò per portare loro i benefici essenziali. Si fece anche carico della mai risolta questione sui diritti di proprietà. “Fu tutt’altro che facile – confessa Esposito – ma non mi diedi per vinto e dopo ripetuti viaggi presso il ministero a Nairobi, tornai infine con i titoli ufficiali.”
Un brillante risultato, ma cosa la ha spinto a candidarsi per il parlamento del Kenya? “Non è stata una mia decisione – risponde Esposito – i locali rimasero impressionati da ciò che ero riuscito a fare e vollero adottarmi come un membro della comunità. Organizzarono una cerimonia rituale, nella quale mi fu attribuito il nome giriama di ‘Kasoso wa baya’ e poiché ci stavamo avvicinando alle elezioni politiche del 2007, mi chiesero se volevo essere il loro candidato ed io, dopo molte perplessità, finii per accettare. Ciò che mi convinse a farlo fu una visita nel territorio interno, dove vidi condizioni di vita indicibili.”
Cosa significa “Kasoso”? Esposito sorride: “Il Kasoso è un piccolo uccello molto astuto che sfugge alla cattura alzandosi in volo quasi verticalmente. Quell’appellativo mi fu dato a causa della mia statura non molto alta, mentre ‘baya’ è il nome della comunità che mi adottò”. Così accettò di candidarsi, e poi? “Nel 2003, avevo ottenuto la cittadinanza keniana. Mi candidai e vinsi, ma a causa di vari brogli che riuscimmo a provare, i conteggi finali mi diedero sconfitto per soli 61 voti! Potrei dire che nel mattino successivo ero di fatto un membro del parlamento, ma in quello stesso pomeriggio ne uscii sconfitto. Facemmo ricorso, ma a causa di vari aspetti tecnici e dell’imperante corruzione, non ne venni a capo. Nel 2013 non potei candidarmi perché una norma della nuova costituzione stabiliva che per ottenere la nomina occorreva essere cittadini keniani da almeno 10 anni. A me mancavano solo due mesi, ma tanto bastò per escludermi dalla corsa.”
Così ci ha riprovato in questa occasione, ma è stato sconfitto. Perché ha deciso di ricorre al tribunale? “Anche questa è stata una decisione della comunità di Magarini che ha raccolto numerose prove sul fatto che i miei avversari hanno comprato i voti. Ora non resta che aspettare serenamente l’esito di questo ricorso. Quel che è certo è che io non intendo usare del denaro per assicurarmi un seggio in parlamento. Questa è una disdicevole pratica che specula sulla povertà della gente. Quei pochi scellini possono sfamarli per un giorno o forse due, ma poi si troveranno nella stessa miseria di prima mentre coloro che hanno eletto si dimenticheranno presto delle promesse fatte.”
La “Costituency” di Magarini comprende un territorio che inizia da circa la metà di Malindi e si spinge fino ai bordi del Tana River. Conta circa 200 mila anime e include anche Marafa, il suggestivo “Orrido” chiamato “Hell’s Kitchen” (La cucina del diavolo) che con un po’ di giusta promozione non avrebbe difficoltà a diventare un’attrazione turistica di primo livello. Parlava di “condizioni di vita indicibili” nelle zone dell’interno. Cosa intendeva esattamente? Esposito scuote il capo: “Guardi, non si può credere che esseri umani vivano in un simile degrado. Pensi che le donne vanno a prendere l’acqua nelle pozze in cui guazzano vacche e capre ed è facile immaginare le malattie che ne derivano. Alcune scuole, poi, sono utilizzate di notte come stalle e gli allievi, al mattino, dopo aver atteso che gli animali siano portati al pascolo, devono rimuovere tutta la sporcizia prima di poter seguire le lezioni. Non ci sono né sedie né panche e loro sono costretti a sedere a terra, in mezzo al liquame.”
Lei si è presentato con il Kadi Asili, un partito che simpatizza per l’alleanza Jubilee, vero? “Sì, il Kadi Asili è orientato verso Uhuru Kenyatta, ma a me interessano solo migliori condizioni di vita per la comunità che rappresento e sono pronto a collaborare con chiunque sia in grado di favorire questo obbiettivo. Purtroppo, la corruzione in Kenya è estesa in tutto il settore pubblico e non è facile contrastare il potere. Pensi che alcuni esponenti della mia comunità sono perfino stati minacciati di morte perché desistessero dal ricorso per l’annullamento e la ripetizione del voto.”
E malgrado questo lei non desiste. Non teme i rischi che può correre? “Beh, sarebbe da incosciente sottovalutarli. Mia moglie vorrebbe che mi ritirassi e lasciassi perdere tutto, ma ho preso degli impegni con la comunità e non me la sento di deluderla. Purtroppo ‘tutti’ i leader politici, in questo paese, non pensano che a se stessi, mentre alla gente cavano il sangue. Io non ho di queste mire. Voglio solo aiutare chi mi ha dato fiducia. Se poi dovrò dichiararmi sconfitto, pazienza. Abbandonerò la politica e farò il pensionato, ma almeno, in coscienza, saprò di aver tentato tutto il possibile.”
Un’ultima domanda: qual è la sua opinione sulla comunità italiana in Kenya e sulle nostre istituzioni che la rappresentano? “Devo dire che la gran parte degli italiani che vivono in Kenya sono persone per bene che hanno dato un grande sviluppo al paese. Sulla costa, c’è il problema del ‘sex tourism’ che fornisce immagini poco edificanti, soprattutto da parte di persone anziane, sia uomini che donne. Solo qualche giorno fa sono andato a prendere una pizza da portare a casa e ho visto una signora italiana, molto anziana, che davanti a tutti, si sbaciucchiava senza vergogna con un giovane africano. Prima che una questione morale è un fatto di buon gusto. Per quanto riguarda l’ambasciata e le sue rappresentanze, devo dire che non hanno mai fatto molto per assistere e tenere unita la comunità, ma queste, ovviamente sono solo mie impressioni.”
Franco Nofori
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