Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 25 ottobre 2017
Cinque dei sei Paesi con il più alto tasso di spose bambine si trovano nell’Africa centrale e occidentale. I ministri dei Paesi in cui questa piaga è diffusa si sono riuniti pochi giorni fa a Dakar, la capitale del Senegal, insieme ad esponenti della società civile, nonchè laeder religiosi e tribali, per affrontare e discutere il problema.
Il Niger è in testa con il settantasei per cento di ragazze che si sposano sotto i diciotti anni, in sei Paesi di quest’area geografica le spose bambine rappresentano il cinquanta per cento, mentre negli altri Stati sono “solo” un terzo.
Le cause profonde dei matrimoni precoci sono riconducibili a molteplici fattori, come povertà, insicurezza e tradizioni religiose, ma non bisogna dimenticare che questa usanza è profondamente radicata nel tessuto sociale nella maggior parte dei Paesi dell’Africa centrale e occidentale.
Le spose bambine, talvolta non più grandi di undici, dodici anni, non essendo preparate ciò che le aspetta, subiscono importanti traumi psicologici e non solo, sovente sono accompagnati da problemi di salute anche gravi durante la gravidanza precoce e dopo il parto, sempre che sopravvivano ad esso. Infatti la possibilità di morire mentre danno la luce al loro bimbo e cinque volte maggiore di una partoriente ventenne
Quando una generazione intera di ragazze non ha più la possibilità di frequentare la scuola, non ipoteca solamente il suo futuro, ma quello dell’intera zona nella quale vive. La Banca mondiale ha stimato che in Nigeria il costo sociale dei matrimoni precoci ammonta a 7,6 miliardi di dollari all’anno, determinati da perdite di entrate e di produttività. Non bisogna nemmeno sottovalutare che una ragazzina senza o poca scolarizzazione diventa facile preda degli estremisti, molto attivi nel reclutamento di nuove leve in queste zone ad alto rischio.
Sono ben diciotto i Paesi africani impegnati da qualche anno nella lotta contro le spose bambine, sostenuti dalla Comunità internazionale. In particolare i ministri incaricati della protezione dell’infanzia dei governi aderenti alla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale hanno adottato proprio questo mese una nuova strategia per potenziare i sistemi nazionali riguardanti la protezione dell’infanzia.
Ma le buone intenzioni non bastano, bisogna attendere i risultati prima di cantare vittoria. E’ necessario che gli Stati s’impegnino a fissare l’età minima per poter contrarre matrimonio a dicotto anni, impegno che hanno già preso con l’Unione africana. Contemporaneamente bisogna garantire alle ragazzine l’accesso ai servizi chiave cioè alle scuole e al servizio sanitario.
Nell’ambito di questa conferenza la first-lady della Sierra Leone, Sia Nyama Koroma, molto attiva nel contrastare i matrimoni precoci, ha sottolineato: “Le spose bambine sono una grave violazione dei diritti umani e non possiamo continuare a stare a guardare. E’ arrivato il momento di agire”.
Korama visita personalmente i luoghi più remoti del suo Paese, per parlare con i capi tradizionali e religiosi, cerca di educarli, convincerli dei diritti delle bambine; infine chiede loro di firmare una sorta di “memorandum of understanding”. In questo modo i genitori sono informati che saranno multati se dovessero dare in sposa le figlie prima della maggiore età.
Da anni anche Theresa, un capo tradizionale del Malawi, usa la stessa tattica della First Lady della Sierra Leone (http://www.africa-express.info/2016/04/02/theresa-leroina-che-malawi-sottrae-le-ragazzine-ai-matrimoni-forzati/).
I leader mondiali sperano di poter bandire una volta per tutte i matrimoni precoci entro il 2030 ed questo traguardo è anche tra le priorità dello Sviluppo sostenibile dell’ONU. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), invece, visto l’andamento attuale, bisognerà attendere cento anni prima di sradicare definitivamente questo fenomeno per poter offrire a tutte le bambine e ragazzine le medesime possibilità dei loro coetanei maschi.
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes
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